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alessia e michela orlando: IL GRAGNANO-MARIO SOLDATI NELLA PELLE DEL TERRITORIO ITALIANO

Creato il 15 agosto 2010 da Gurufranc

alessia e michela orlando: IL GRAGNANO-MARIO SOLDATI NELLA PELLE DEL TERRITORIO ITALIANO

MARIO SOLDATI E IL GRAGNANO

IL TRAIT D'UNION CON NAPOLI FURONO IL COLORE E LA SCHIUMA DI UN VINO

 

Nel dopoguerra Soldati divenne un volto noto al pubblico italiano con Viaggio nella valle del Po alla ricerca dei cibi genuini.

Fu ciò a invogliare alla lettura, come emerge anche in quarta di copertina di VINO AL VINO; fu grazie a lui che gli italiani cominciarono a comprare i libri. Ma egli è stato anche molto altro: uno degli scrittori più eleganti; regista; documentarista; critico d'arte. Apprezzato in tutto il mondo, anche in U.S.A.

Si tratta di un libro con cui rende conto del lungo viaggio per la campagna italiana affrontato negli anni dal 1968 al 1975. La percorre tutta questa nazione che va trasformandosi in qualcosa di nuovo, che risente di fermenti inimmaginabili prima della guerra. E durante.

La sezione destinata alle provincie (così è scritto nel libro) di Napoli, Avellino e Caserta ha un esergo: Alla ricerca del Gragnano perduto. Mio lungo errare nei vicoli di Napoli. Forse il Gragnano è là, sulla tavola di qualche «basso», ma non oso informarmi.

Un malinconico epicedio di Gino Doria

Sui vini «d'antan».

E si comincia: Eppure il vero Gragnano, ricordavo esattamente dove lo avevo trovato, la prima volta,e nei primi tempi.

Era da Don Luigi, vicolo secondo del Teatro Nuovo, traversa di Toledo, a sinistra per chi viene da piazza San Ferdinando. Una cantina, un cantinone: si scendeva sottoterra una dozzina di scalini, forse più. Damigiane, botti e bottiglie: pura bottiglieria. Il vino, lo si veniva a prendere col fiasco. Don Luigi lo spillava direttamente dalla botte. Oppure, si compravano le bottiglie tappate: Gragnano di due o tre anni. E quando lo si voleva bere lì, in mezzo alle botti, e perciò si voleva anche mettere qualcosa sotto i denti (il Gragnano è sopratutto un vino da pasto), bisognava portarsi, o mandare a comprare, la pizza, il panino, la cartata di fave col pecorino: secondo i gusti e la stagione.

Questo accadeva durante la guerra, quando Napoli ospitava tutto un grande esercito,e  a breve distanza dal fronte: dai primi d'ottobre del '43 ai primi di giugno del '44, nove mesi di cataclisma. Perché, si, ho vissuto a Napoli senza interruzione proprio quei nove mesi, e proprio allora ho imparato a conoscerla e ad amarla: la più sorprendente, la più stupefacente, la più umana città del mondo.

Dopo Soldati ci tornò molto spesso, illudendosi di trovare quella libertà, quell'allegria, quella confusione vitale con cui la città aveva reagito alla confusione disperata della guerra. Anche il Gragnano, mi illusi di ritrovarlo, di ritrovarlo senza neppure andare da Don Luigi, senza l'inconveniente per berlo, di rinunziare a un pasto regolare: lo stesso vino, forse, le stesse bottiglie, forse, le avevo scoperte in una piccola trattoria non lontana. Le avevo scoperte da un oste che era, o che si diceva, parente stretto di Don Luigi, e che, per il vino, appunto, da Don Luigi si riforniva, o diceva di rifornirsi. (…) L'oste voleva farmi una cosa grata: ecco il suo sentimento, e in questo non mentiva. A Don Luigi l'oste era amico, era come uno stretto parente: ecco la sua idea, e non mentiva neanche in questa.

Ovviamente quello non era più il vero Gragnano. Neanche a Soldati pareva tale. In compenso la cucina dell'oste era squisita. Eppure voleva ritrovare quel vino, e  solo quello, che ricordava esattamente. Ci ritornò in quella zona, in occasione della stesura della sezione che stiamo analizzando. Si recò nella zona del Teatro Nuovo. Non trovò più Don Luigi, non trovò più quei scalini. Ma dove potevano essere? Cercò a lungo in tutta la zona. Vide tutto ciò che si vede nei bassi: letti disfatti, tavole apparecchiate, cucine, macchine da cucire, deschi di ciabattini, laboratori di piccoli artigiani, gente all'opera o gente in riposo, giocatori di carte, famiglie a mensa, donne che si pettinavano, e talvolta, sulle soglie, trespoli con su vassoi colmi di frittelle, sfogliatelle, pastiere, o catini di ceramica verde, con fichi d'India e limoni immersi nell'acqua, suggerivano, tutti insieme, l'immagine mostruosa di una vitalità brulicante e inconsapevole, come potrebbe essere quella di foraminiferi, rizopodi, eliozoi nei loro abitacoli minerali, nei loro guscetti calcarei. C'era tutto ciò che rappresentava la nuova ricchezza, ma non c'era il Gragnano. Non c'era più quel Gragnano. Ma trovò altri vini: Lettere e Terzigno. 

Andrebbe letto questo libro, giacché per ogni zona che Soldati visitò ci sono aneddoti struggenti o allegri, ma sempre ben scritti e dovuti alla sua scrupolosa indagine sul territorio. Forse meglio sarebbe dire: indagine nella pelle del territorio italiano, questo sconosciuto, che spesso si indaga molto superficialmente. Esattamente come si fa con vi abita.     

 

 



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