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Recensione: Il ladro di nebbia, di Lavinia Petti

Creato il 30 giugno 2015 da Mik_94

Come si può convivere con il fantasma di ciò che è stato e lo spettro di ciò che non sarà mai? Non si può, ecco perché si muore. Non invecchiamo a forza di vivere la vita, ma a furia di ricordarla.


Recensione: Il ladro di nebbia, di Lavinia PettiTitolo: Il ladro di nebbia Autrice: Lavinia Petti Editore: Longanesi Numero di pagine: 426 Prezzo: € 14,90 Sinossi: Antonio M. Fonte è uno scrittore di enorme successo, ma per lui fama e ricchezza non hanno alcun significato. Stralunato e sociopatico, vive in una vecchia casa dei Quartieri Spagnoli di Napoli con la gatta Calliope, e se non ci fosse il suo agente letterario a ricordargli scadenze e doveri sarebbe incapace di distinguere ciò che è reale da ciò che forse non lo è. Ma un giorno, in mezzo alle migliaia di lettere dei suoi ammiratori, Antonio ne riceve una che non può ignorare. Datata quindici anni prima, è indirizzata a una donna che Antonio non crede di avere mai conosciuto. Solo il nome del mittente gli è familiare, perché è il suo. Quella lettera l'ha scritta lui, senza alcun dubbio. Quelle parole accennano a un ricordo smarrito e a un uomo che è stato ucciso, forse da lui stesso. Ma Antonio di tutto questo non ricorda nulla. Il giorno del suo cinquantesimo compleanno, si perde nei vicoli di Napoli e in un palazzo mai visto prima incontra uno strano personaggio che ha la mania di raccogliere tutto ciò che gli uomini perdono: nel suo Ufficio Oggetti Smarriti non si trovano solo mazzi di chiavi, libri o calzini spaiati, ma anche ricordi di giochi infantili, amori giovanili, speranze e sogni dimenticati. Antonio intuisce che è da lì che deve partire per ritrovare il filo del suo passato e risolvere l'enigma della lettera. Ma quell'enigma nasconde arcani ancora più insondabili: il segreto di una città che cambia forma e aspetto, l'avventura di un viaggio imprevedibile...                                           La recensione Recensione: Il ladro di nebbia, di Lavinia Petti Mi è sempre piaciuto mettermi nei panni degli altri: sarà per questo che ho cominciato a leggere. Da bambino, ad esempio, mi immaginavo dall'altra parte della cattedra quando arrivava la bella stagione e, a scuola, ci si doveva dire arrivederci. A volte buona estate, a volte buona vita. Si sentivano tristi per un po', gli insegnanti, quando una classe - e gli alunni che avevano conosciuto attraverso quei pensieri segreti messi a nudo nelle tracce libere - abbandonava le medie per le superiori o, ancora, le superiori per l'università, sempre che la voglia di studiare non si fosse esaurita strada facendo? Soffiavano spifferi o vento di tempesta all'alba di un altro rinnovo generazionale? Ma sapete poi che noia imparare i nomi e i cognomi, decifrare le calligrafie, aguzzare i sensi per conoscere i ritmi e i tempi di ogni testa pensante? Ma sapete che gioia passeggera, eppure, quando il dubbio ti faceva sognare e, al momento dell'appello, cominciavi ad associare i nomi ai volti - e se quel Simone aveva tutta l'aria di un Paolo, pazienza - e a fantasticare su chi avesse la stoffa giusta per farcela? Mi sono sempre piaciuti i primi giorni per la magia delle cose che nascono. Bisogna esserci col brutto anatroccolo, il girino, il bruco, il primo passo mosso su un pianeta ritrovato: sarà per questo che, da quando c'è il blog, ho cominciato a seguire come un'ombra amica gli esordienti italiani. Se mi piacciono, mi ci affeziono e non li mollo più. Come è successo con Carrisi (che mi inquieta), la D'Urbano (che mi ferisce) e la Gazzola (che mi fa bene), di cui ho parlato così tanto, ma così tanto che alla fine neanche loro hanno saputo ignorarmi più. A partire da oggi, succederà lo stesso con Lavinia Petti (che se in futuro ci regalerà un libro bello anche solo la metà di Il ladro di nebbia avrà le mie attenzioni, purtroppo per lei, fino alla pensione). E dire che ero scettico sul romanzo che, per dispetto, mi avrebbe strappato, di lì a qualche giorno, le prime cinque stelle dell'anno corrente. Troppo presente l'ombra di Zafòn - e del vento - nel titolo e in quella copertina rosa antico con gli stormi in volo e i ladri di storie in fuga; troppa pubblicità, e io che non sono mai stato bravo a distinguire se c'è l'imbroglio oppure no; devo sbatterci la testa per accorgermene. Invece, sin da quando l'ho iniziato a sfogliare in treno e per un pelo non stavo per scendere alla fermata sbagliata, Il ladro di nebbia mi si è piantato qui, nella mia testa perdutamente tra le nuvole.  Recensione: Il ladro di nebbia, di Lavinia Petti Uno scrittore misantropo, il ritratto di una donna misteriosa, una Napoli labirinto splendida come nell'ultimo Garrone, una torre campanaria che compare dal nulla quando perdiamo la memoria insieme alla retta via: cinquanta pagine e la fascinazione aveva già avuto la meglio. Anche se per il meglio c'erano ancora quattrocento pagine d'avventure e un mondo straordinario da scoprire al capitolo successivo. Stravedevo per i piccoli dettagli sul brusco Antonio M. Fonte, quando non avevo ancora visto la grandezza sorprendente del disegno finale. Come quella volta in cui avevo perso la scatola del puzzle e avevo assemblato le tessere alla cieca: tanta fatica per scoprire che non era un pezzo dell'impressionismo francese, ma era stato emozionante uguale il lento arrivo alla conclusione che fosse una natura morta da niente e non un capolavoro da museo. Un po' succede così con Il ladro di nebbia, però al contrario. Partire dal pregiudizio che sia il lavoro di una brava falsaria e approdare alla conclusione che di Zafòn – per anni, tra i miei scrittori preferiti – ci sia la benedizione e poco altro; il fantasy della Città delle Sirene, come quel caffè che sul a Napule sanno fa', ha un gusto da provare. Nei Quartieri Spagnoli, al sesto piano di un palazzo che ne ha solo cinque, c'è il portale per il regno di Tirnaìl. Un ascensore che conduce sulla terrazza che non c'è e conoscere Edgar, un pittore in cerca d'ispirazione che dipinge le sue tele con tutte le sfumature del bianco.  Recensione: Il ladro di nebbia, di Lavinia Petti Un salto a Vanesia, città in cui si vendono e acquistano sogni, e cercare di comprare all'Asta delle Illusioni l'amore di una ragazza dai capelli verdi conosciuta in un'altra vita, Gèneve: quando sul bordo di un fiume la notte dei cristalli produceva il suono più struggente e ci si era lasciati al tramonto, prima della scelta consapevole dell'oblio. E, mi raccomando, occhi aperti: i Nox del Conte Vampiro – con l'ausilio della notte – potrebbero desiderare il tuo sangue dolce e i tuoi ricordi felici! Ma i numeri sull'orologio stanno svanendo, il tempo sta per finire: e, con lui, stai per finire anche tu. Gatti che spiano i nostri sogni, nomi barattati per un sorriso, pescatori in cerca dell'odore del mare, ballerine che hanno scordato i passi base, treni da prendere al volo e vite che – in girotondi che non finiscono più – tornano a bussare alla porta travestite da quello che non sono. Rincontrarsi, se tutto va bene, alla fine del mondo. Dirsi ti amo ma anche buon viaggio. Riuscirà lo scrittore più scorbutico, Antonio, a salvare la storia più importante, la sua? L'erba della collina di Mnemosia quale doloroso ricordo gli sussurrerà? Quante domande, quante storie in una e, soprattutto, quanta bravura. L'arzigogolata e romantica “storia infinita” di Lavinia ha i toni surreali - e i capelli multicolore, e i "se mi lasci ti cancello" - del cinema di Gondry; i mondi fatati di papà geniali, come in Big Fish e Al di là dei sogni; paesi delle meraviglie e maghi di Oz in gran quantità. Viaggia un po' sulle ali del buio, un po' sua una Fiat Panda scassata, quando è stanca. Dovrebbe essere, perciò, uno di quei romanzi con all'interno una cartina disegnata a mano. Una favola di libro - in tutti i sensi - con bambini di cinquant'anni come protagonisti. E se la dimenticanza di chi in un anno legge troppo dovesse minacciarlo, sarei pronto – come Orlando sulla luna, con il suo senno disperso – a cercarlo nell'Ufficio Oggetti Smarriti; oltre le mie colonne d'Ercole. Il mio voto: ★★★★★ Il mio consiglio musicale: Paolo Conte – Vieni via con me (It's Wonderful)

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