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Allevare i greggi naturalmente

Creato il 13 giugno 2013 da Rossellagrenci

Vi avevo già brevemente parlato di Marzia Verona nell’articolo di Pasqua sul consumo di carne e gli allevamenti tradizionali, cioè sul pascolo.

Questa volta lascio la parola direttamente a lei per spiegarci il suo lavoro di allevatrice “vagante”. Inoltre potete trovare Marzia sul suo blog Storie di Pascolo Vagante:

“Sono nata in campagna, i miei nonni producevano frutta, i miei genitori invece non facevano lavori direttamente legati alla terra, ma abbiamo sempre avuto un pollaio con conigli e galline, oltre ad un vasto orto più un frutteto. Fin da bambina ho visto allevare e anche macellare i nostri animali. Sapevo che nel pollaio non poteva esserci più di un gallo, vedevo con i miei occhi cosa significava avere più maschi tra i conigli, con lotte furibonde dove chi aveva la peggio si ritrovava anche evirato dal maschio dominante. Pertanto i miei nonni prima, i mei genitori dopo uccidevano e macellavano gli animali che non potevano essere allevati. La stessa cosa avveniva con quelli “vecchi”, galline che non facevano più l’uovo, maschi che avrebbero inseminato le figlie e le nipoti, generando animali troppo deboli.

Raramente acquistavamo carne di pollo in macelleria e il suo gusto, la sua qualità era infinitamente inferiore a quella che ero solita trovare nel mio piatto. Già, i nostri animali raggiungevano quel peso magari dopo un anno o più dalla nascita, mangiando al più pastone di mais, oltre a scarti dell’orto, e razzolavano liberi nel cortile.

Da una decina d’anni sono nel mondo dell’allevamento professionale, per così dire. In mezzo c’è stato anche un percorso di studi che mi ha portato ad una laurea in Scienze Forestali ed Ambientali, con la specializzazione in Alpicoltura (cioè la gestione dei pascoli alpini). Dalle erbe… agli animali che le mangiano! Ho capito che il paesaggio che tanto ho sempre amato, quello delle Alpi, è tale grazie all’uomo, l’uomo che lo gestisce attraverso il pascolamento degli erbivori, siano questi bovini o ovicaprini. Mancasse questo naturale strumento di “gestione”, la fascia dei pascoli più o meno velocemente diventerebbe bosco: cespugli ed alberi salirebbero in quota fino alla fascia dove ci sono più rocce che terra.

Così come nel mio piccolo pollaio di bambina, nel gregge che il mio compagno conduce al pascolo 365 giorni l’anno ci sono animali che vengono allevati per 10, 12 anni ed altri che invece vengono venduti molto prima. Sono soprattutto i maschi ad essere venduti in giovane età, agnelli ed agnelloni, capretti, sia per esigenze di mercato (c’è chi cerca la carne di agnello giovane), sia per necessità. Come sempre, vale anche tra questi animali la “legge” che più maschi non possono convivere. In un gregge, per la riproduzione, è sufficiente un maschio ogni 50-70 femmine. Averne di più significa sia scontri (anche cruenti) tra gli animali, sia una vera e propria “persecuzione” delle femmine in calore che, in quei particolari giorni, si troverebbero attorniate da una vera e propria “nuvola” di maschi che le inseguono senza lasciar loro nemmeno il tempo di mangiare o bere.

E’ anche la legge ad imporci la macellazione di alcuni maschi, poichè in un piano di eradicazione di una patologia genetica detta “scrapie”, siamo obbligati a testare tutti gli agnelli maschi e possiamo allevare solo quelli che non siano ammalati o portatori sani di questa malattia.

 

Capisco il punto di vista di chi non vuole cibarsi di carne, sono d’accordo con chi critica l’allevamento intensivo, esasperato sia nei consumi energetici, sia nelle condizioni in cui vengono tenuti gli animali, però esistono anche altre forme di allevamento, ancora “naturali”, vicine alle esigenze ed ai ritmi della natura e degli stessi animali. Noi conduciamo al pascolo il gregge tutto l’anno, le pecore e le capre non sono mai in stalla e mangiano sempre e solo erba, al più del fieno d’inverno se viene troppa neve. Agnelli e capretti succhiano il latte delle loro madri, la loro alimentazione non è integrata con latte in polvere o mangimi.

Mi potreste chiedere come faccio a cibarmi della carne degli animali che ho visto nascere ed ho allevato… Io ritengo che una dieta sana ed equilibrata abbia bisogno di molta varietà. Frutta, verdura, cereali, formaggi e carne. Un po’ di tutto, senza esagerare, l’importante è sapere cosa si mangia, com’è stato prodotto quello che mettiamo nel piatto.
Una pecora che si rompe malamente una gamba in motagna a causa di un sasso non potrebbe più seguire il gregge. Se non è possibile ingessarla, la macelliamo per nostro consumo.

In un allevamento di questo tipo gli animali vengono trattati secondo natura, non c’è nessuna forma di sfruttamento, maltrattamento, costrizione. La tosatura avviene una volta l’anno, per favorire il benessere degli stessi animali (soffrono meno il caldo, sono meno soggetti a patologie – funghi e parassiti che potrebbero svilupparsi con la lana lunga). Solitamente non mungiamo i nostri animali, quando agnelli e capretti vengono venduti, il latte delle mamme serve per alimentare altri animali le cui madri non hanno nutrimento a sufficienza. Se però c’è latte in eccesso, allora facciamo qualche formaggio per uso personale. Il latte dev’essere comunque munto, per evitare la mastite (che può anche portare alla morte della pecora/capra).

Questo in sintesi è il nostro modo di allevare. vale per noi, vale per molti altri allevatori. anche se la realtà dell’allevamento intensivo è diffuso, ci sono centinaia e centinaia di realtà meno invasive e “sostenibili”.


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