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AMARriCORDd’ SOVENTE

Creato il 27 aprile 2012 da Wsf

(ricordo soggettivo e devoto di Michele Sovente

a modo di lumino acceso a pagina d’inchiostro)

Ma voi scrivete, scrivete, non dovete aver paura di scrivere!

(M. Sovente)

Nell’arricurdare non mi ricordo di chi mi parlò di una di quelle leggi olistiche per cui non è l’allievo a trovare il maestro ma l’esatto contrario. Ho sempre avuto anascientifici buchi neri che inghiottono i volti ma non parole. E anche scritto così, non viene bene come volevo farlo cominciare questo omaggio a Michele Sovente, perché era necessario essere più umile e  ancora di più e non dare l’illusione di essere stata io  l’Allieva e lui in Maestro (the One, come meglio spiegano le lingue anglosassoni): difatti non è vero, non sono io quella che lo ha seguito per tutta la via flegrea dei suoi insegnamenti.

l’io allieva nell’anno in cui l’ha incontrato, era dispersa in uno stato di grazia che ha definitivamente chiuso i sensi percettivi dell’adattamento alle consuetudini convenzionali del vivere quieto per una cronica bulimia d’arte e letteratura. Non sia questo un postulato perché non è un canone che gli studi artistici siano incapaci di incanalare una giovane anima studentesca verso il rettilineo dei dogmi prestabiliti del vivere tranquillo (assolutamente!sonocapacitutti), ma le mani  degli studenti d’arte sembrano davvero esser piene di uno spirito sovra-quotidiano, che chiede di creare e ricreare  fino a quando quello che non ha nome arriva finalmente ad averne uno, finanche fosse un anarchico “senza nome” ad  indicare la creatura.

(Ri) Comincio. Sia dovere allora, ora, ricordare    il mio professore di Letteratura contemporanea presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli Michele Sovente, poeta, giornalista.  Intellettuale.  Una volta lo si diceva con ammirazione (mo’ un po’ di meno, quasi una nuova analisi grammaticale: nome comune di persona senza scampo e senza parola). lo scrivo ormai dopo anni e città passate come se fossero solo brevi stagioni in attesa che si compisse un solo compleanno ed invece sono stati lustri, ed è oramai più di un anno da quando il poeta Sovente è passato a miglior vita (come diceva la buon’anima di mia nonna, non mancando mai di sospirare) e bisogna che almeno un lumino a forma di questa pagina lo accenda. Questo voto non può essere una ricostruzione critica o tecnicistica del suo lavoro poetico perché non è la funzione delle candele votive mettersi a sfilettare metricamente un elaborato poetico, indagarlo, recensirlo magari.

Oh, e quando mai si pensano a queste cose per i nostri cari? Questo scritto è il mio ricordo del professor Sovente ed è già immediata la comparsa negli occhi della memoria della sua immagine, piccola, tonda, dalle espressioni perennemente pazienti. Si sedeva nel mezzo del gruppo delle quattro sezioni (pittura nda), distribuiva appunti e  cominciava a parlare, e via con nomi tutti uno più russo dell’altro, tutte le avanguardie “sicuramente dovete metabolizzare Majakovskij” e le strutture del teatro russo, il  “testo teatrale francese e Artoud” e la funzione dell’elettrochoc come incapacità della società a scindere follia e genio. Tutto in un solo anno accademico e  tutti a sentire e a cercare di scrivere correttamente i nomi, perché da Montale in poi c’era una specie di nulla fatto a forma di noia prima di accedere al corso di Letteratura Contemporanea. La sottoscritta aveva letto a sedici anni Le anime morte di Gogol durante un’estate sorrentina, e ne andava fiera, fino alla sua capitolazione in un bagno d’umiltà a diciannove, nell’onesta ammissione di non conoscere un solo poeta espressionista prima di varcare l’aula di Sovente. “Ma voi non dovete aver timore di scrivere, io sono qui, e voglio leggere le vostre cose” ripeteva quasi come un mantra ogni settimana. Ma come fosse stata mai possibile averla questa disponibilità sincera e questi continui (quasi petulanti) incoraggiamenti, me lo sono chiesta in seguito, con il cinismo della vita adulta, e  nel continuo lo rivederlo sgranare gli occhi alle domande più complicate da sopportare, rimanere fisso sul corpo per poi dondolare con le braccia ad angolo retto con un solo foglio in mano in cui c’era il testo da leggere. Molti tiravano fuori dal cassetto ogni cosa, perché, alla fin fine, era piacevole ricever così tanta attenzione, anche da un professore che non perfezionasse una tecnica artistica, perché la poesia, il testo poetico, incantava tutti, a volte c’era perfino il silenzio, che per quella banda di insurrezionalisti pittori diciannovenni era la dominazione del fuoco di un piccolo prometeo flegreo. Nel suo silenzio restava anche il non aver mai letto una sua poesia in classe.  Solo tempo dopo mi avvicinai alla sua poesie: stupefacente per me leggerle ed immaginare la sua voce che alternava latino e vernacolo partenopeo. Ma quel silenzio, forse  era un’altra delle sue cortesie, magari pensava che era troppo poco il tempo per tutto quello che doveva insegnarci, mentre “dall’altra parte del mare, si avvicendavano le nuvole“.

Grazie per essere stati a leggere, gli avrebbe fatto piacere e sarebbe arrossito. Faceva anche questo.

S. (Meth) Sambiase

I pittura

III cattedra Carmine De Ruggiero

AMARriCORDd’ SOVENTE

Michele Sovente è nato a Cappella, nei Campi Flegrei il 28 marzo 1948. Poeta, giornalista, insegnante di Letteratura presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli, ha pubblicato diversi volumi di poesia e vinto il Viareggio nel 1998 con la raccolta Cumae. E’ morto il 25 marzo 2011.

***

Parlo di me

con paesanimetropolitani

sempre più strani

e fuori di sé

li seguo a distanza

sono macchie

sono pulviscolo

in dissolvenza

inciampano nel pietrisco

di me parlo

con me senza tregua

allevando il mio tarlo

in curva sbandando

sbadato passo accanto

ai metropolitanipaesani

fischio e canto

loro mi guardano strani.

***

Papilio leniter it

de fenestra ad fenestram venit

albus ut ventus it

per tenebras venit

ut flatus sine

tempore venit et it.

Lèggia na palómma vò

ra na finèsta a n’ata vène

janca comm’ ’u viénto vò

rint’ ‘u scuro vène

comm’a nu sciato senza

tiémpo vène e vò.


Filed under: Eventi, poesia, scritture Tagged: Annotazioni sul tempo, celebrazione, Michele Sovente, poesia, poesia dialettale, poeti, WSF

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