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Amer

Creato il 04 agosto 2014 da Jeanjacques
Amer
Il mondo è strano ma, per quanto mi è possibile, faccio del mio meglio per poterlo capire. Ed ho capito che la cosa che ci contraddistingue dagli animali non è tanto il pollice opponibile o la possibilità di masturbarsi con l'internetto, ma la comunicazione. Ed essa avviene anche attraverso l'etere, quindi per questo non ho mai disdegnato i social network anche perché ho sempre ricordato una semplice regola: sono solo un gioco, la vita reale è ben altro. Ma come gioco sono i benvenuti se vengono usati con una dovuta e necessaria moderazione. Ed è così che il tanto amato/odiato Facebook l'ho usato non solo per tenermi in contatto con le 'persone della mia vita' [anche se in questi giorni sto facendo un po' di pulizia] ma per convertire la sua funzione alla mie passioni. Non uso mai i social per parlare di politica o cose serie, anzi, diciamo che faccio il possibile per non farlo anche se ogni tanto cado nel tranello. La funzione massima che riservo loro è quella di parlare di cazzate o di film e fumetti. Ed è grazie a un particolare gruppo ed alle particolari persone che lo frequentano che ho potuto conoscere pellicole che prima non avevo nemmeno sentito nominare, fra le quali questo Amer, consigliatomi proprio da uno dei frequentatori delle pagine blu di quel sito. Tutto questo per dire che anche ciò è comunicare, quindi disdegnare qualcosa a prescindere per me non ha alcuna utilità.

Seguiamo le tre fasi della vita di Ana. La prima, quando è una ragazzina e si muove nell'inquietante villa di famiglia; la seconda, da adolescente, mentre scopre la propria libido sfilando davanti a una gang di motociclisti; e la terza, da adulta, mentre ritorna alla magione di quando era bambina per uno strano regolamento di conti...

Il cercare di parlare di un film come Amer equivale a prendersi a calci in culo da soli. Perché questa pellicola franco-belga è un qualcosa di così strano, grottesco, personale, bello e maledetto che è impossibile da descrivere nella giusta maniera. Amer è un film, questo è indubbio [bravo, banana!], ma al contempo è dieci film nello stesso tempo, un qualcosa di non ben specificato a metà strada fra il capolavoro e la merda d'artista. Non credo di essere capace di spiegarmi bene, specie per coloro che a differenza di me non hanno visto la pellicola, ma cercherò di fare del mio meglio, specie nel descrivere una trama ed i suoi snodi che, a conti fatti... non esistono. Perché se volete cercare un film in grado di intrattenere o di farvi provare qualcosa con una trama ben congegnata e con dei colpi di scena semplici ed efficaci, forse vi conviene cambiare visione all'istante. Amer non ha una trama ben precisa, non racconta una storia coi necessari step. E' un viaggio introspettivo nell'anima di un personaggio ambiguo e mai del tutto specificato ma, soprattutto, è un omaggio a noi italiani e a un certo tipo di cinema che fu nostro. Cercando informazioni in rete - volevate proprio che riuscissi a partorire un discorso decente solo con le mie forze? - ho scoperto che l'intenzione dei due cineasti d'oltralpe era quella di fare un particolare omaggio al giallo all'italiana, quello lanciato da gente come Dario Argento e soci di merenda - che non va confuso col poliziottesco, decisamente più pulp e casereccio. Infatti è innegabile che molti tipi di inquadrature qua riprese e riadattate secondo delle esigenze moderne riconducono a quegli anni, creando così un contrasto visivo che non lascia del tutto indifferenti. Il montaggio, specie nella prima parte, quella che vede Ana bambina, è ricercato e da vita a delle visioni molto interessante, mantenendo su una tensione perenne una non-storia che altrimenti avrebbe fatto cadere la palpebra anche allo spettatore più allenato già dai primi secondi. Non si è comunque davanti a un film d'azione, il ritmo rimane ben sostenuto ma a lungo andare si sarà soliti chiedersi in più di un punto cosa minchia ci si è ritrovati a guardare perché, per quanto si cerchi un senso specifico, sembra davvero non esserci. Lo si ritroverà più avanti, con lo scorrere dei minuti, ma rimane un qualcosa di labile e ambiguo sui massimi livelli. Forse Ana rappresenta tutte le donne del mondo, vittime di un'educazione sessuale che ha insegnato loro a trattenere sempre un istinto naturale e legittimo, a favore poi di una confusione adulta che riverserà sulla figura della protagonista le dovute manie e stressaggini varie. Ana è una donna che forse non ha condotto un'infanzia molto serena, come fa presumere il fantasma che sembra inseguirla nella prima parte e l'accidentale visione dei genitori che copulano, e diverrà una ragazza molto bella ma incapace di contenere quella sessualità che diverrà un dono ma anche un peso per lei stessa, tanto da avere addosso gli occhi non solo di uomini e ragazzi, ma anche di una madre gelosa che vede fiorire in lei ciò che sta appassendo sulla sua pelle oramai vissuta. E ci sarà infine l'età adulta, dove tutto ciò che si è represso nella giovinezza esploderà con le massime e sanguinarie conseguenze, spuntate un po' a cazzo di cane, proprio in quel luogo infantile dove tutto sembra aver avuto genesi. Un discorso semplice che però viene contorto oltre ogni limite proprio dai medesimi linguaggi che il cinema offre, fra immagini e decostruzioni sequenziali, esplorando e citando un genere - il poliziesco all'italiana, appunto - che però viene bellamente ignorato negli intenti, quelli veri. Rimane il tentativo di fare un trattato sulla sessuologia femminile molto confuso, sorretto però da un'apparato visivo di prim'ordine, vero fulcro di questo atipico film.

Coloro che badano più al come che al cosa potranno rimanerne davvero folgorati, chi invece cerca contenuti solidi ne sarà deluso. Fa specie però che ad onorare il nostro cinema siano i francesi e non gli italiani stessi.

Voto: 
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