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Ancora un giro di valzer

Creato il 07 luglio 2013 da Pioggiadinote

Renoir, Danza a Bougival

Possiamo dirlo: il valzer è morto. E da un pezzo, anche.

Mi riferisco alla tradizione musicale “colta” naturalmente, perché sulle piste del liscio è tuttora un protagonista assoluto. Ma anche ai pianisti della danza classica dei giorni nostri servono i valzer; ne scrivono e ne improvvisano uno dietro l’altro, perché non bastano mai: ci vogliono i valzer brillanti per i grandi salti, quelli moderati ma incisivi per le pirouettes, quelli legati e lenti per gli adagi, al centro come alla sbarra; per i plié, per i rond par terre... Anche se in molti casi sono necessari brani in 3/4, ma non in andamento di valzer.

Una delle richieste più imbarazzanti che mi vengono rivolte  durante la lezione riguarda proprio questa forma di danza. L’insegnante si volge soavemente verso il pianista e profferisce “Maestro, un bel valzer”. Come un bel valzer? Quelli che ho suonato fino adesso non vi piacevano? Anzi, i migliori li ho appena sprecati per altri passi e non mi viene in mente nient’altro… “Bel valzer” qui significa un valzer accattivante e possibilmente famoso, ma non troppo famoso! Dev’essere seducente, perfetto, alieno da ogni banalità: una musica guantata sulla danza. Capirai! In questi casi non dovrei mai dimenticarmi, come invece mi capita, il mio carnet di assi nella manica, il mio piccolo segretissimo repertorio inciuciato nel cappello a cilindro, il mio gonnellino di Eta Beta: da lì dovrei sempre riuscire a far saltar fuori un valzer adatto all’occasione.

Ecco quindi come il valzer ottocentesco, melodico e trascinante, sopravvive e prospera nelle sale di danza classica.

Nel prossimo post vi racconterò invece come mi sono imbattuta nei non-valzer, ovvero nelle musiche malate, beffarde o trasfigurate che nella produzione dei compositori d’avanguardia del ’900 hanno preso il posto del valzer.

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