Magazine Diario personale

Anni che si perdono

Da Chiagia

Con l’approssimarsi dell’inizio della scuola mi convincevo sempre di più che i figli vanno fatti da giovani.
Perchè già quando scegli la scuola perdi un anno di vita, conscio che l’analisi delle variabili logistiche, umane, sociodemografiche nella quale ti sei arrovellato per mesi finirà miseramente per essere sconfitta dall’unica variabile che conta: il culo.
Poi lo iscrivi, e un altro anno di vita se ne va al pensiero del tuo piccolo che diventa grande, e se non fosse per l’immagine di Pinocchio portato a scuola dai carabinieri (che ha turbato la tua infanzia) lo nasconderesti in casa col gatto.
La lettura dei nomi della classe è garanzia di perdita di un altro anno di vita. Quelli che saranno i suoi compagni nei prossimi cinque o otto anni sono lì, finalmente, stesi come nomi su un pezzo di carta. Non hai altri elementi che quei nomi per capire se sarà una passeggiata o un’arrampicata e allora, sudando, provi a interpretarli associandoli a ogni genere di pregiudizio (per esempio le Annamarie sono pericolose ma solo nelle prime ore del mattino).
Infine il giorno in cui lo porti, cioè ieri, e lì gli anni cadono come foglie in autunno. Quando mette l’orrendo grembiule nero, simile a una giacca di lavoro per calzolai. Quando fai le foto. Quando varchi il cancello della scuola. Quando va. Va. Ciao.
Poi realizzi che lui sta sorridendo, che è entusiasta di questa nuova esperienza. Che sta sorridendo, ripeto, mentre tu stai ricacciando indietro le lacrime, che guai se ti vede.
Lo vedi nel suo banco, seconda fila al centro, 1^ D, intorno i suoi nuovi compagni così più belli dei loro nomi.
Ti saluta, è l’ora di chiudere la porta e di lasciarlo alla sua nuova vita.
Di colpo gli anni che hai perso ti ripiombano addosso, che ti servono tutti.
Sarà il loro peso, ma finalmente piangi.



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