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Anteprima di Amour, il mostro di gentilezza di Michael Haneke

Creato il 29 settembre 2012 da Saramarmifero

Anteprima di Amour, il mostro di gentilezza di Michael HanekeÈ sempre un piacere quando Michael Haneke si concede (e ci concede) una pausa dalla storia contemporanea, mettendo da parte la lente da sociologo che indaga sulle origini del nazismo (Il Nastro bianco, sua prima Palma d'oro a Cannes), o sulle conseguenze del colonialismo (Niente da nascondere), per esercitare l'arte, sublime e spietata, dello scultore di interni casalinghi “infestati” da disagio e disperazione. Come già accaduto con La pianista, l'Amour tra la coppia di ottuagenari Anne e Georges, interpretati da Emmanuelle Riva e Jean-Louis Trintignant, consuma il suo ultimo doloroso atto in spazi rigorosamente chiusi. Il film debutta con quella che sarà l'unica ripresa esterna, proiettandoci in realtà in un altro interno, quello del Teatro degli Champs-Élysées di Parigi, dove si esibisce in concerto un ex allievo della donna, insegnante di musica in pensione. Per tutto il resto dell'opera, non usciremo mai dall'appartamento borghese dei due, con le sue pareti piene di libri e l'arredamento signorile. L'afflato cosmico che a Cannes 2011 aveva accompagnato le apocalissi di Melancholia, The Tree of life e Take Shelter, nell'edizione 2012 si ritrova col fiato corto e collassa su scenari asfittici e claustrofobici. Che si tratti della limousine del miliardario protagonista di Cosmopolis, della clausura monastica di Mungiu e del suo Al di là delle colline, o dell'elegante abitazione parigina di Amour, il festival presieduto da Nanni Moretti ha visto tanti spazi chiusi diventare tomba di cadaveri annunciati. Mai come lo scorso maggio sulla Croisette francese è soffiata una brezza mortifera, un'estetica da obitorio da raggelare il sangue nelle vene. Di ritorno dal concerto, Anne e Georges scoprono che la serratura della porta di casa è stata forzata. Qualcuno, o qualcosa, ha cercato di introdurvisi. Un'intrusione dalla forte portata simbolica, che ben si attaglia all'etichetta di cinema della minaccia (di pinteriana memoria) che il regista si è cucito addosso. Non passa molto perchè il sinistro presagio si traduca in malattia per lei e in calvario per lui. La bellezza classica di Emmanuelle Riva, icona della Nouvelle Vague, viene annientata, deturpata, mortificata. Un ictus si porta via prima la sua voce di pianista, impedendole l'uso della mano e quindi dello strumento, poi le divora la voce vera e propria, quella fisica. La prima tornerà a risuonare soltanto nel ricordo, straziato e straziante, del marito, mentre l'altra con la demenza senile si degraderà in un incomprensibile balbettio di filastrocche infantili. 
Anteprima di Amour, il mostro di gentilezza di Michael HanekeProcede per inquadrature insopportabilmente fisse Amour, per piani sequenza lancinanti, che non tentano né di edulcorare la pillola, né tanto meno di distogliere lo sguardo: è umiliante invecchiare, ridursi ad una manciata di funzioni biologiche, strappati alle alte sfere del proprio intelletto per essere risucchiati in un sordido can can di pannoloni e sedie a rotelle. Da sempre, lo stile di Haneke è asciutto, da entomologo, e sotto il suo microscopio ci siamo noi, esseri umani capaci di gesti disumani. Il male è spesso banale dalle parti del cineasta austriaco, per dirla alla Hannah Arendt. È un male domestico, come quello di Isabelle Huppert ne La pianista o quello della piccola comunità rurale di inizio '900 de Il nastro bianco. Per fotografare il degrado di questa coppia, Haneke si è avvalso di un virtuoso del colore come Darius Khondji, che sul biglietto da visita vanta, tra le altre cose, le sfumature noir di Seven, gli ocra surreali di Delicatessen e, da ultimo, le luci trasognate di Midnight in Paris. Qui, il direttore iraniano lavora su una palette limitata ai marroni e ai grigi, consegnandoci un mondo privato incupito dalla pioggia e popolato da ombre che si allungano sempre più. 

Anteprima di Amour, il mostro di gentilezza di Michael Haneke

Michael Haneke sul set con gli attori

Narrativamente parlando, accade poco o nulla, al di là della lenta agonia di Anne. Eppure, questa minimale parabola discendente sa raccontare moltissimo. È la storia di un amore che impietosamente illumina di significato la formula del “finché morte non vi separi”. È la storia di una reclusione e di una resistenza a due. Una storia che, prima o poi, sarà quella di tutti noi. Motore mobile, anche se stancamente claudicante, di questo terrificante flash forward, è l'immenso Jean-Louis Trintignant, con il suo repertorio coniugale fatto di dolcezza e qualche gesto di estrema, anche se compassionevole, violenza. Il senso di questo Amour, titolo letterale e al tempo stesso sarcastico, sta tutto nella frase che Anne rivolge al suo Georges: “qualche volta sei un mostro, ma sei gentile”. Così è anche la regia di Michael Haneke: mostruosa nella sua tanto chiacchierata crudeltà, e tuttavia in grado di stupire con lampi di tenerezza e stralci di laconica ironia, da custodire come preziosi esorcismi di fronte all'ineluttabile morte che tutti attende: “Cosa diresti tu se nessuno venisse al tuo funerale?”, chiede Anne. “Probabilmente nulla”, risponde Georges. Alla fine, resta un vuoto indicibile, e in quel vuoto lo sguardo sperduto della figlia Isabelle Huppert. Lo sguardo dei vivi che rimangono in attesa.
Film in uscita il 26 ottobre 2012

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