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Approfondimento: Stefano Cucchi: storia italiana senza fine

Creato il 08 novembre 2014 da Justnewsitpietro

Approfondimento: Stefano Cucchi: storia italiana senza fine
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Stefano Cucchi. Un nome come un altro, fino a quella sera del ventidue ottobre del duemilanove, quando il trentaseienne muore, forse ucciso dai polizziotti che lo arrestarono qualche giorno prima.

La sua storia si può riassumere in poche righe.

Il quindici ottobre del duemilanove Stefano Cucchi viene arrestato dalla Polizia per spaccio di droga. Difatti, il ragazzo viene individuato mentre scambiava delle bustine contenenti dell’hashish con un’altra persona. Fermato, viene portato in Questura e in seguito perquisito. Addosso gli agenti gli trovano effettivamente della droga, composta da un pacchetto di hashish e varie dosi di cocaina. Stefano pesava quarantatré chili.

Quando arrivò in Questura, il suo corpo non presentava lividi, botte e camminava normalmente. Ma il giorno dopo, al momento della presentazione in tribunale per la condanna definitiva, si mostra con gli occhi neri e una camminata per niente normale, ma il giudice non vede la necessità di confermare la custodia cautelare con l’invio del giovane all’ospedale. Viene fissata una seconda udienza per la settimana prossima, nel frattempo Stefano viene portato al carcere di Regina Coeli. Qui, poco dopo, viene portato con urgenza all’ospedale Fatebenefratelli, e la cartella clinica riporta lesioni sparse in tutto il corpo: lesioni al torace e alle gambe, frattura della mascella, emorragia alla vescica. Nonostante ciò, il ricovero non viene concesso. Il ventidue ottobre viene portato all’ospedale Pertini, dove morirà poco dopo. Il suo corpo pesava trentasette chili.

Fonte: ilcanocchiale.it

Fonte: ilcanocchiale.it

La famiglia scopre quanto successo al proprio caro solo qualche giorno più tardi. Prima, i vari tentativi del padre e della madre di parlare con il figlio sono stati vani: l’autorizzazione viene sempre respinta. Ad informali della morte di Stefano è l’ufficiale giudiziario, che si recherà qualche giorno più tardi a casa Cucchi con i moduli di autorizzazione a procedere con l’autopsia.

Questa è l’avventura di Stefano Cucchi. La sua vita si è spenta a trentasei anni, ma qual è la vera causa della sua morte? È stato picchiato dagli altri detenuti? Si è lasciato morire di fame? È stato ripetutamente picchiato dagli agenti che lo hanno portato in prigione?

Quando la famiglia diffuse la notizia di quanto fosse successo a Stefano, gli agenti della Polizia coinvolti negarono assolutamente di aver picchiato il ragazzo, mentre l’allora Sottosegretario di Stato Giovanardi affermò che era morto in seguito all’assunzione di qualche droga, oltre al fatto di essere sieropositivo. Tutte queste “scuse” era falsità: quando i medici confermarono che nulla di quanto affermato da Giovanardi fosse reale, l’interessato si scusò con i familiari.

Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, decise così di pubblicare le foto del fratello in obitorio, al momento tanto atteso della visita.

Le foto pubblicate mostrano un corpo tumefatto, i segni lasciati dalle percosse sono evidenti. Un occhio è completamente spappolato e fuori dalle orbite, un’ombra viola occupa tutta la mascella.

Marco Fabrizi, Annamaria Costanzo, Silvana Cappuccio. Questi sono i nomi dei tre testimoni, detenuti, che hanno confermato l’ipotesi che Stefano sia stato picchiato dalla Polizia. Il primo ha affermato che, essendo in cella da solo, aveva chiesto a un agente del carcere se poteva avere come compagno il ragazzo appena arrivato, ma il poliziotto come risposta fece solamente un gesto, il quale stava a significare che il “nuovo arrivato” era stato picchiato. Annamaria affermò invece che Stefano le aveva rivelato di essere stato picchiato dagli agenti, mentre la terza ragazza aveva visto con i suoi occhi la scena.

L’inchiesta porta ad accusare i medici di omicidio colposo, per le mancate cure al ragazzo (cure che secondo i medici Stefano aveva rifiutato) e agli agenti vennero accusati di omicidio preterintenzionale, in seguito ai calci e pugni di cui era stato vittima una volta portato in cella. La prima sentenza arriva a metà del duemilatredici (il cinque maggio), dopo quasi quattro anni dalla morte. In primo grado, la Corte d’Assise condanna solamente alcuni medici dell’ospedale Pertini, per omicidio colposo. Vengono assolti tutti gli infermieri e le guardie carcerarie. Il PM aveva chiesto più anni sia per i medici sia per gli infermieri, oltre che per gli agenti coinvolti, ma l’insufficienza di prove fu una manna dal cielo.

Fonte:luogocomune.it

Fonte:luogocomune.it

Si dovrà aspettare oltre un anno per arrivare a una nuova sentenza, che comunque non risolve la questione e non da a Stefano la giustizia che si merita: il trentuno ottobre duemilaquattordici, la Corte d’Appello assolve anche i medici già accusati di omicidio.

Lo sdegno della famiglia si diffonde in tutta Italia, la rete si mobilita per ottenere giustizia per Stefano Cucchi. Si creano gruppi su Facebook, messaggi via Twitter, partono petizioni per riaprire il caso. L’avvocato della famiglia afferma che ricorrerà alla Suprema Corte di Cassazione, mentre Ilaria Cucchi, che da sempre non si è mai data per vinta ed è decisa più che mai a scoprire la verità, ha ottenuto un incontro con il Procuratore di Roma Pignatone, il quale ha affermato che riaprirà il caso per capire come sono andati veramente i fatti, quella tragica notte di cinque anni fa.

Appoggio alla famiglia anche dal Presidente del Senato Pietro Grasso, che ha affermato che saranno fatte le dovute indagini approfondite per definire i colpevoli una volta per tutte. Forti parole anche dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi, il quale ha affermato che lo Stato è colpevole per la morte di Stefano.

Siamo all’otto novembre duemilaquattordici. La morte di Stefano Cucchi non ha ancora dei responsabili. Le foto del suo corpo tumefatto sono state diffuse dalla sorella, sono state portate come prova in tribunale, ma non sono servire per convincere i giudici di quanto sia stata tragica quella notte. La sua ultima notte.

La mobilitazione che si è creata ha fatto capire ai giudici che la storia di Stefano non può e non deve finire così. Il caso sarà riaperto, verranno esaminate da capo tutte le testimonianze, tutti i fatti, i dettagli dell’autopsia su un copro tormentato e percosso anche dopo la sua morte, a suon di false verità, ipotesi irreali e sentenze sbagliate.

La giustizia non è uguale per Cucchi” recitava uno striscione davanti al tribunale. Bisogna dimostrare che in Italia la legge DEVE essere uguale per tutti, sia per il politico e l’imprenditore, sia per il povero ragazzo arrestato. Non si esclude la colpa di Stefano per il possesso illegale di stupefacenti, ma ha pagato con la sua vita un reato che comporta la sola reclusione.

Presto, Stefano, avrai giustizia. Una volta per tutte.

di Alessandro Bovo

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