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Assaggi per Notority Award

Da Beltane64 @IrmaPanovaMaino

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Assaggi per Notority Award

 

Vi vogliamo presentare un riassunto di quelli che sono i quattro libri in gara, dandovi modo di comprendere gli stili, le capacità narrativa e la bravura poetica degli autori.  I primi due autori sono poeti di tutto rispetto e presentano alcune poesie tratte dalle proprie sillogi, Nadia e Irma sono scrittrici e hanno dato il proprio prezioso contributo inserendo nel primo caso un estratto e nel secondo l’incipit del libro. Tuttavia, per chi volesse approfondire, tutti i libri sono presentati nelle pagine del Mondo dello Scrittore con i relativi link dai quali è possibile ricavare ulteriori informazioni. Nei prossimi giorni vi daremo altri “assaggi” come booktrailer, interviste e altre chicche che potranno aiutarvi a scegliere.

 

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Da “Dietro lo sguardo” di Elisabetta Bagli

Dipingimi

Dipingimi prima che diventi giorno,
prima che la luce rischiari
le mie curve sottili
distruggendo la magia
del tuo sguardo notturno,
anelante amore e tremori
sulla mia innocente pelle di luna.

Traccia sulla tua tela
la mia malinconia,
denudami con i tuoi occhi vellutati
e distruggi questo mio cuore innamorato.
Mi offro a te come rossa ciliegia
pronta a ricevere i tuoi denti.

Non ti avvicini più a me,
mi sfumi con il tuo pennello,
mi baci donandomi luce,
mi parli con le tue pupille
e mi ami regalandomi colori.
Mi vuoi con le tue parole
che come sguardi alimentano
la mia anima in bilico.

Tristezza è non poter amarti.

La danza

Danzerò nuda per te
alla luce del fuoco di luglio,
brucerò tutto intorno al tuo corpo
la magia del nostro primo momento,
incontrerò il tuo sguardo fugace
e sentirai scoppiarmi l’incendio.

Abbandònati al mio gioco d’amore
e avvicinati a me lentamente,
accarezza le mie fiamme roventi
sciogliendo il ghiaccio fondente,
come un ruscello d’acqua pura
asciugato dalle tue lingue di fuoco.

Non parlare, non proferir parola.
Amor mio, sfiderò il mondo intero
intrecciando le mie gambe alle tue,
introducendo in ogni mio poro
il tuo odore e il tuo dolce sapore.

Tra il fuoco e il ghiaccio,
ti farò mio.
Tra il fuoco e il ghiaccio,
per sempre mio.

La nostra poesia

La nostra poesia è un bocciolo di rosa bianca
che non si schiuderà mai,
dallo stelo pieno di spine grondanti sangue
denso come i sogni che abbiamo rubato
credendo ci appartenessero.
Mai sogno fu per noi.
Ora spirano venti contrari dalle tue labbra;
freddi, impassibili sferzano le mie membra
che non accoglieranno più il tuo seme,
frustrano la mia anima senza pietà,
uccidono la mia carne.
Sarò la cenere dopo la vampa di fuoco
che ha divorato le mie certezze.
Mi disperderò nell’aria
e tu avrai vinto il mio nulla.

 

cover
Da “Penombre” di Andrea Leonelli

Memorie incastonate

Porto sulla pelle i segni di questa vita così corta. Cicatrici, tatuaggi, memorie incastonate dentro di me, e rese palesi dal mio non voler dimenticare. Incido le pietre miliari della vita su questa pelle consunta dai giorni passati e da quelli a venire. Piogge hanno lavato la mia scorza, il sole l’ha essiccata rendendola scura e secca. Una corteccia su cui il tempo ha inciso il suo scorrere. Sono come il calendario su cui il tempo si diverte a disegnare. Un diario di pelle che vive.

Orologi fermi

Lascio defluire le musiche sulla pelle,
canti di mani persi nel buio.
Coscienze fluiscono come fulmini.
Attimi di vuoto
riempiti da sensazioni.
Carne stretta fra le dita
esaltate dai sensi.
Attimi folli,
tensioni che s’infrangono
come onde, come specchi.
Libri lanciati su scaffali una volta pieni.
Vuoti d’anima, a riempire ore.
Attese in sospensione.
Orologi fermi
come dipinti sul muro.
Chiodi nelle mani a bloccare gesti
Corde nei pensieri a imprigionare parole
Domande negli occhi
che chiusi non guardano.
Vieni domani a pormi quesiti
Risponderò per versi
a perversioni oniriche,
a scomparse attese,
a dolorosi abbracci
per dipartite dovute.

Luci di città

Luci di città
sfumano disegni d’erba.
Raggi come falci
sotto cieli ventosi.
Ululati lontani
di cani legati
come lamenti
di rami storti.
Abitudine a piegarsi.

angelo indesiderato
Da “Angelo (in)desiderato” di Nadia Milone

L’ amore é, per definizione, qualcosa di indefinibile e intangibile, non lo puoi misurare nè quantificare, però c’é, esiste e condiziona tutta la tua vita, altera i tuoi stati d’ animo, può farti passare dall’ euforia alla depressione nel giro di pochi minuti. Io ero l’ esempio vivente di questi continui sbalzi d’ umore. In quel periodo, infatti, mi bastava uno sguardo, un abbozzo di sorriso o un saluto da parte di Luca per farmi sentire su una nuvoletta, per vedere il mondo dipinto di rosa, ma, al contrario, mi bastò vedere quel tenero orsetto dagli occhioni dolci appoggiato sul mio banco, restituito al mittente, oppure sentire qualche suo commento sgradevole per farmi cadere da quella stessa nuvoletta e farmi sprofondare nella depressione più totale. In quei momenti, il

mondo non era più colorato di rosa ai miei occhi, ma assumeva tutte le tonalità e le sfumature del grigio fino ad arrivare al nero più cupo. Una fredda mattina di fine Ottobre, ebbi una di quelle sorprese che ti fanno realmente cadere dalle nuvole e che ti costringono a tenere i piedi per terra. Arrivai, come ogni giorno, davanti alla scuola con largo anticipo. Mi piaceva trovarmi con Silvia e andare a prenderci un croissant appena sfornato alla panetteria all’ angolo della strada, fare quattro chiacchiere prima di entrare in classe ed aspettare che Luca arrivasse per contemplarlo con occhi sognanti prima dell’ inizio delle lezioni, ovviamente sempre facendo attenzione a non farmi notare troppo. Quel giorno, però, rimasi di sasso quando arrivò e, per poco, non mi soffocai con il pezzo di croissant che avevo in bocca. Lo vidi arrivare mano nella mano con una ragazza bionda, magra, alta e… bellissima. Arrivati vicino alla scuola, lui la strinse a sè e la baciò. – E quella chi diavolo é? – domandai a Silvia in preda all’ansia. – Si chiama Manuela Giglio, frequenta il secondo anno – rispose lei senza fare commenti. In effetti, aveva un volto famigliare quella ragazza, sapevo di averla già vista ma non conoscevo il suo nome. Possibile che si fosse fidanzato con lei ? Perchè no ? Mi dissi. In fondo lui era un gran bel ragazzo, alto, capelli neri, fisico atletico e carnagione olivastra e lei non era certo una che passava inosservata. Un occhio imparziale e disinteressato avrebbe visto in loro una bella coppia, ma di sicuro non il mio. In quel momento, avrei voluto sprofondare sottoterra, scappare, non vedere. Ma ero lì e non potevo negare l’ evidenza. Il mio umore si fece più nero di quel cielo che minacciava temporale, sentii le lacrime bagnarmi le guance e Silvia mi cinse le spalle affettuosamente. Istintivamente, mi voltai dall’altra parte per non vederli e perchè non volevo che nessuno notasse che stavo piangendo.

Non appena la bidella aprì le porte, io mi precipitai dentro ed andai nel bagno delle ragazze : dovevo assolutamente calmarmi un po’ prima di entrare in classe ed era necessario che mi sciacquassi il viso, dato che il mascara aveva cominciato a tingere di nero le mie lacrime.

 

Scintilla Vitale con Logo e titolo
Da “Scintilla Vitale” di Irma Panova Maino

Riconosceva l’ormai familiare sensazione di essere seguita. Il suo istinto allenato si sbagliava talmente di rado che avrebbe potuto perfino indovinare il momento ed il luogo dell’aggressione. D’altra parte, conosceva così bene la zona da non potersi sbagliare, nemmeno se lo avesse voluto.

“Forza, razza di idiota. Che cosa aspetti?!” borbottò fra i denti, trasalendo comunque per quel sussurro, il quale rimbalzò fra le alte pareti delle case che fiancheggiavano il vicolo. Nel silenzio della notte, quel lieve suono parve riecheggiare, arrivando a colpire tutte le orecchie sensibili della zona. Tuttavia, Carrie sapeva bene che l’unico che avrebbe potuto udirla, in quel momento era abbastanza lontano da non poterla sentire. Si fermò di colpo fra un passo e l’altro, allarmata per l’improvviso silenzio. Fece un giro su se stessa, cercando di capire che cosa l’avesse resa così guardinga.

Questo silenzio… Dove ti sei cacciato, imbecille!?

Imprecò mentalmente, sentendosi una perfetta idiota.Non poteva averlo seminato. Che razza di maniaco era, se si lasciava seminare così facilmente? Borbottò ancora fra i denti frasi che parevano sconnesse ed illogiche, ma che per lei avevano perfettamente senso. Maledisse l’incapacità di quell’uomo, la sua incompetenza e la sua ingenuità. Come aveva fatto a perderla? Non poteva essere così idiota e sprovveduto! E lei non poteva essersi imbattuta proprio in un novellino, alla sua prima uccisione seriale! Quelli che la inseguivano per strada solitamente erano quelli più avvezzi alla pratica, coloro che già sapevano come catturarla e cosa farne dopo, personaggi che pianificavano ogni mossa e che erano in grado di depistare qualsiasi segugio. Maniaci con un raro talento per gli omicidi seriali, non imbranati cronici, preda di qualche pulsione momentanea! Quelli non la interessavano, erano fin troppo facili da prendere e troppo semplice scoprire il loro coinvolgimento nel delitto. Non con la tecnologia scientifica pronta ad analizzare anche le ombre! Borbottò fra i denti un altro insulto e rabbrividì leggermente.

Accidenti!

Dov’era finito l’idiota che avrebbe dovuto emulare Jake Lo Squartatore? Maledisse soprattutto il freddo che penetrava attraverso il panno leggero del suo cappottino striminzito ed il fatto che fosse costretta ad andarsene in giro con un tempo simile. D’altra parte, il lavoro era lavoro, e non si voltavano le spalle ad un lauto guadagno solo per delle temperature polari. Imprecò ancora e, rialzando automaticamente il bavero del cappotto, riprese il suo cammino. Per qualche attimo ancora avvertì il ticchettare dei propri stivali sull’asfalto, subito dopo attutito dalla pavimentazione ricoperta di muschio ed erbacce.

“Ma guarda cosa mi tocca fare! Se non fosse per i soldi che mi dà… se non fosse per tutto il resto, non lo farei neanche morta!” borbottava in continuazione, dimenticandosi per qualche istante la reale motivazione che l’aveva spinta ad accettare quel lavoro. Scordando perfino la natura di tale lavoro. D’altra parte, che cosa doveva aspettarsi dalla vita? Era una prostituta.

Nonostante i suoi vent’anni appena compiuti, era già fin troppo smaliziata e fin troppo conscia di quanto avveniva al mondo e di quanto potessero essere perverse le menti umane. La storia della sua seppur breve vita era identica a quelle di tante altre, o meglio, lo era stata fino a sei mesi prima, fino al suo incontro con quel bellimbusto di Walter. Quel falso, bastardo, autentico figlio di puttana! Strinse istintivamente i pugni al ricordo, rilassandoli solo quando, dopo l’immagine di Walter, apparve quasi sovrapponendosi quella di Reese. Se non fosse stato per quest’ultimo, forse sarebbe stata ancora in balia di quel pazzo, forse avrebbe finito per cedere e sottomettersi alle sue folli attenzioni. O forse sarebbe già finita in qualche fiume, racchiusa a pezzi in un sacco di plastica. Non aveva paura delle percosse e della violenza umana, ne aveva prese talmente tante dal suo patrigno, da averne fatto scorta per i prossimi cent’anni; ma a tutto c’era un limite. Walter andava un bel po’ oltre quel limite, e le sue idee su cosa bisognasse fare per divertirsi andavano decisamente al di là delle sue capacità di sopportazione. Soprattutto perché era stata messa in gioco la sua pelle.

Carrie rabbrividiva ancora al pensiero. Poteva chiaramente sentire il proprio sangue tramutarsi in ghiaccio al ricordo. Aveva creduto in quel bastardo. Gli aveva davvero creduto. Era rimasta per ore ad ascoltare le sue promesse, sperando che fosse veramente la persona che l’avrebbe salvata dalla vita squallida che conduceva. L’uomo che le avrebbe finalmente dato una casa, una famiglia, dei figli…

Quanto meno, le avrebbe dato un futuro e l’avrebbe sottratta a quella vita fatta di rischi e di mani sudaticce. All’epoca ancora non sapeva di essere malata. Ma anche se lo avesse saputo, molto probabilmente non si sarebbe negata la possibilità di poter sognare, di potersi illudere.

Romantica imbecille!

Era stata proprio un’ingenua a credergli, a dar voce ai propri desideri. E lui se n’era approfittato, attirandola nella sua trappola fatta di lusinghe e false speranze. L’intervento provvidenziale di Reese le aveva tolto le castagne dal fuoco. Le aveva letteralmente salvato la pelle! Forse era stato quello il motivo che l’aveva spinta ad accettare la sua offerta di lavoro e a lasciarsi coinvolgere in quella nuova follia. Perché doveva proprio ammetterlo: bisognava essere completamente pazzi per accettare una proposta così strampalata! Pazzi, totalmente incoscienti e soprattutto disperati. E lei apparteneva decisamente a quest’ultima categoria. Soprattutto da quando aveva scoperto di essere positiva al virus dell’HIV. Sieropositiva, e non sapeva nemmeno chi ringraziare per quel regalo inatteso. Forse lo stesso Walter.

Tuttavia questo le aveva chiuso parecchie prospettive. Adesso, poi, le ultime analisi non le avevano lasciato speranze: l’AIDS era conclamato. Quando aveva iniziato con quella vita non era stata così accorta e non aveva ancora imparato a mandare al diavolo tutti quelli che pretendevano di avere rapporti non sicuri con lei. Aveva avuto bisogno di soldi e questo l’aveva spinta ad accettare qualsiasi offerta. Solo dopo aver saputo del contagio, aveva imposto, a chiunque le chiedesse delle prestazioni, la sicurezza necessaria per non contaminare nessuno e, dal momento che non li baciava e che non vi era la possibilità di alcuno scambio di fluidi, riteneva di aver fatto tutto il necessario per non diffondere la malattia. Praticava il sesso solo ed esclusivamente facendo uso di preservativi, ma ogni volta le rimaneva sempre in fondo ai pensieri la preoccupazione di aver contagiato uno dei suoi clienti. E per quanto non avesse detto niente a nessuno, negli ultimi tempi aveva ridotto notevolmente la propria attività, rendendosi consapevole dei sensi di colpa che minacciavano di soffocarla. Non poteva continuare con il mestiere, ma aveva i conti da pagare, un affitto e le cure che sarebbero diventate sempre più costose, col progresso della malattia. Sorrise amaramente a se stessa: a vent’anni le sue prospettive di vita si erano già notevolmente ridotte. Il suo futuro si era sgretolato ed i suoi sogni avevano preso la via del non ritorno. Era già con un piede nella fossa, quindi perché non accettare la proposta folle di Reese? Perché non assicurarsi una sorta di pensione? Se tutto fosse andato male, lei non avrebbe rinunciato a niente. I tacchi ripresero a rumoreggiare non appena mise piede su un nuovo tratto asfaltato, coprendo ogni altro rumore di sottofondo. Immersa com’era nei propri pensieri, non si accorse dell’ombra che si allungò dietro alla sua. Non si rese conto della vicinanza del nemico, se non quando fu troppo tardi per reagire così come aveva sempre fatto. Imprecò in modo osceno quando captò finalmente la presenza dell’uomo alle sue spalle. Ed imprecò ancora di più quando vide arrivare il bastone, che calò fulmineo sulla sua testa. Protese le braccia per ripararsi dal colpo, ma agì in ritardo.

Il legno la centrò in pieno, arrivando comunque a colpirla sulla tempia destra. Per un momento vide il sorriso di scherno che deformava il viso del suo aggressore. L’espressione soddisfatta e compiaciuta. Ebbe modo di registrare i particolari di quel volto suino e grassoccio, con occhietti piccoli e maligni che brillavano di eccitazione. Poi tutto si spense, sfumando lentamente nel nero. Il mondo svanì intorno a lei, mentre veniva afferrata e sostenuta, per impedire che franasse al suolo.


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