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Assenze giustificate

Creato il 24 novembre 2014 da Massimo Citi
Assenze giustificate
È da qualche tempo che non posto più sul blog. Non tanto, poco meno di una settimana, ma insomma, dopo le vacanze e altri problemi avevo abituato i miei quattro lettori a un minimo di presenza e non si scompare così da un giorno all'altro.  E poi, perché?
I motivi sono stati più d'uno. Ospiti in casa, per cominciare, l'uso esclusivo del PC da parte di mia moglie, incastrata da un impegno di lavoro indifferibile, altri impegni in rete e nella vita d'ogni giorno. Ho letto un po' di più, infilando nelle letture L'ultima colonia di John Scalzi (discreto ma nulla di più), alcuni dei racconti di fantascienza di Primo Levi nel libro Tutti i racconti - sì, Primo Levi è stato un eccellente autore di sf ed è curioso che di questa "seconda vita" di Primo Levi sia stata dimenticata da molta critica, come se uno nella vita potesse essere soltanto un sopravvissuto ai lager - e ho iniziato Pashazade di John Courtenay Grimwood, pubblicato dalla ottime edizioni zona42. 
E poi la scrittura. 
Ho passato alcune serate a lavorare al nuovo racconto, felice come un ragazzino che ha marinato la scuola per andare al mare. 
La mia storia è arrivata a 9.500 parole e 54.000 caratteri.  
Di questo passo dovrei riuscire a finire il racconto - che a questo punto va verso le dimensioni della novella o del romanzo breve - entro l'anno, lasciandomi (detto per inciso) con il problema di che cosa pubblicare sul prossimo ALIA.
Ma anche questo è un problema secondario, tutto sommato. La realtà è che mi sto affezionando ai personaggi, al pianeta e a tutta la vicenda. Può capitare? Sì, può e, in un certo senso, deve capitare, o perlomeno deve accadere a me. Trovarsi a interrogarsi: «Ma poi Tizio come fa a uscire da quella situazione? E Caio? Sopravviverà a quell'incontro? E come farà?», mentre si compra il pane o in coda al mercato è il respiro profondo della narrativa, il vero motivo per il quale si perde tempo (e non poco) ad allineare parole su uno schermo. Sentire i propri personaggi non meno vivi di persone reali esistenti nella realtà: altrettanto perplessi, sorpresi, confusi, disperati, arrabbiati, ironici o delusi. Trasporre la propria personale biografia in narrazione, rivisitare le proprie manie, le proprie fissazioni, i propri pareri, le proprie convinzioni sforzandosi di vederle "dall'esterno", come parte di un comportamento altrui, più o meno accettabile. Un esercizio salutare e una curiosa scienza sperimentale applicata ad un solo soggetto, ovvero lo scrivente. 
Lo so, lo so. Esistono altre norme e altre leggi dello scrivere, altrettanto importanti - o almeno così dicono. 
Assenze giustificate
Cerca di scrivere almeno una cartella al giorno! 
- Certo. Se riesco ad arrivare al comp...
Prediligi il discorso diretto all'indiretto! 
- Come no. 
Show, don't tell!
- All right.
Non seppellire il lettore sotto quintali di nozioni!
- Chi io?No, non lo farò.
...Ma fa in modo che il lettore si renda conto della situazione in cui si trovano i personaggi!
- Va bene. Come no.
Non creare bozzetti ma personaggi reali!
- Non ci proverò, giurin giuretto. 
Fa in modo che i tuoi personaggi abbiano un passato!
- E un futuro no? 
Attento alle ellissi e non esagerare con le inferenze!
- Eeeh? Mmmmhhh, senz'altro. 
E le metonimie, ricordati delle metonimie!
- Prego?
Sì, dai che lo sai... È quella cosa che Cechov lascia un fucile a pagina 10 e ...
- ... e un perfido Klingon gli spara a pagina 52? 
Lasciamo perdere. Devi aprire la scena davanti al lettore!
- Ammesso di trovarne...
E l'incipit. Cura con attenzione l'incipit!
- Lo scrivo sempre per ultimo, l'incipit, così non mi sbaglio. 
Attento al rapporto tra fabula e intreccio. 
- Me ne preoccupo costantemente.
E non confondere la suspence con la sorpresa!
- Spero non mi capiti mai. 
...
Ecco, scrivere è anche dimenticare tutte queste nozioni. Non nel senso che non le si conosce, ma nel senso che le si hanno nelle mani e si può anche decidere consciamente di ignorarle. Personalmente ho bellamente ignorato l'insopportabile «Show, don't tell»[*] per rendere l'accaduto parte del monologo interiore del mio protagonista. Se non vi piacciono i monologhi interiori, beh, non faccio per voi. 
Assenze giustificate
[*] Non ho nulla contro la frase succitata che, anzi, ho più volte utilizzato. Ciò che non sopporto, viceversa, è l'uso autoriale invalso nelle scuole di scrittura creatina (come le definì a suo tempo Filippo La Porta) dove lo "show don't tell" è divenuto un comandamento sullo stile di "ricordati di santificare le feste" e "non desiderare la donna d'altri". Bisogna essere liberi, per scrivere. E per pensare.  
    


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