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Attività e risorse nella Sardegna nuragica del periodo di Monte Prama.

Creato il 12 settembre 2014 da Pierluigimontalbano
Attività e risorse nella Sardegna nuragica del periodo di Monte Prama
di Pierluigi Montalbano
Attività e risorse nella Sardegna nuragica del periodo di Monte Prama.
Nella lettura del contributo di Giovanni Ugas intitolato "la stagione delle artistocrazie", all'interno del libro "I giganti di pietra", ho rilevato una minuziosa descrizione del modo di vivere dei sardi del Primo Ferro e ho deciso di pubblicare un articolo che riassume le tante notizie fornite dall'archeologo su vari aspetti della vita quotidiana dei nuragici.
Intorno al X a.C., abbandonati i nuraghi, gli abitati si ridussero di numero ma aumentarono in dimensioni, alcuni a spese di altri che rimasero piccoli villaggi rurali. Spesso le case furono realizzate direttamente a ridosso del bastione dei nuraghi, trasformati in luoghi di culto, e sopra le rovine della cinta antemurale. Le capanne sono generalmente a isolati circolari, con più ambienti disposti intorno a una piazzetta centrale. Si tratta di case dotate di laboratori, magazzini e altre infrastrutture. Il sistema urbanistico prevede un miglioramento delle architetture dei pozzi con canali di raccolta dell'acqua, forni per la ceramica e per il pane, fornaci per le fonderie e piccoli ambienti circolari con sedili a giro destinati a uso termale. Si notano le prime vie in vari villaggi, e la circolazione dei carri a buoi è testimoniata sia nella ceramica sia nella bronzistica. Una larga strada lastricata per carri è stata individuata a San Sperate mentre tre ponti costruiti con grandi massi sono presenti a Monte Baranta, Birori e Desulo. Fra le strade principali è da segnalare quella che coincide con l'attuale strada provinciale che da Tharros arriva fino a Riola, transitando per il sito di Monte Prama, e raggiunge le fertili vallate al Nord del Tirso. In vari abitati si notano le case allineate lungo percorsi rettilinei e nei villaggi più grandi compaiono le sale del consiglio, nuove sedi del potere politico delle comunità. Si tratta di edifici circolari con uno zoccolo murario provvisto di sedili in pietra addossati alle pareti, all'interno dei quali sono presenti anche alcuni elementi di tradizione nuragica come vasche per l'acqua e altari a forma di nuraghi posti al centro. Attività e risorse nella Sardegna nuragica del periodo di Monte Prama.
Queste rotonde avevano una copertura in legno conica, come si nota in un pregiato bronzetto trovato a Sant'Anastasia di Sardara. In vari villaggi i templi a pozzo e a megaron già esistenti vengono inseriti in grandi aree santuariali che ospitano i nuovi templi a pozzo realizzati con pietre perfettamente squadrate. Nascono anche grandi case con cortile centrale munite di laboratori e altre sale con vario utilizzo. In alcuni grandi villaggi nuragici si predispongono dei recinti destinati ai mercati e ad altre manifestazioni festive che, insieme ai porti e ai santuari, sono i luoghi preferiti per gli scambi e consentono di accumulare le ricchezze della comunità, soprattutto in metalli. Le ricorrenze festive facevano incontrare nelle località santuariali gli abitanti dei villaggi circostanti e quelli che provenivano da abitati distanti. Durante le feste vi erano musiche, canti e danze, banchetti e bevande inebrianti come il vino, la birra e l'acquavite. In questo periodo si nota il culto di una divinità della luna nuova, legata certamente anche con l'acqua sotterranea, venerata come dea celeste con valenza fertilistica, a volte simboleggiata da una colomba.A partire dal nono secolo avanti Cristo, l'isola godeva di uno straordinario benessere economico e sociale con abbondanza di materie di base per l'alimentazione e l'abbigliamento oltre a materie prime e manufatti in surplus per gli scambi la Sardegna contava su notevoli riserve alimentari dall'agricoltura e dell'allevamento del bestiame e garantiva carne, latte e derivati. Olio di lentischio e di ulivo insaporivano i cibi e il vino è documentato dalle numerose brocche e coperte in terracotta nonché dai vinaccioli e da torchi per la spremitura. Sono documentate macine in pietra, vasche e, attraverso la lettura dei bronzetti, è testimoniata la quotidiana presenza del pane e la coltivazione del grano e dell'orzo. L'agricoltura era favorita da un clima più fresco e umido di quello odierno, con falde freatiche superficiali che alimentavano i pozzi. La fertile piana del Campidano è celebrata dagli antichi autori per le granaglie ma si coltivavano anche altri cereali e legumi come fave, ceci, piselli, lenticchie e cicerchie. Oltre al latte e all'olio tra i prodotti alimentari c'erano il miele, i frutti e le bacche, con le tavole imbandite di fichi, mele, pere, mandorle, melagrane, nocciole, castagne, noci, more di rovo, corbezzoli, mirto, funghi e tante altre erbe. Anticamente la ricchezza di bestiame dell'isola era proverbiale, e ancora al tempo della Roma imperiale nei prati pascolavano greggi di capre, pecore e mandrie bovine che fornivano latte, carni e pellame. Altre proteine animali e pelli provenivano dagli animali selvatici, quali cervi, cinghiali, mufloni, da inni, volpi e lepri, come testimoniato dai resti di pasto e dai numerosi bronzi zoomorfi. Attività e risorse nella Sardegna nuragica del periodo di Monte Prama.
Dalle lagune, dai fiumi e dal mare di sardi avevano a disposizione grandi quantità di sale, pesci e molluschi che giungevano anche nelle terre più interne. La natura forniva il necessario anche agli uccelli selvatici e domestici che proliferavano in tutta l'isola, e testimoniati nella bronzistica per il loro simbolismo religioso: colombe, anatrelle, gabbiani e galli. Oltre alle carni saporite i volatili fornivano piume e penne. Le esigenze della vita quotidiana richiedevano che una parte consistente della popolazione si dedicasse alla pratica del lavoro agricolo, all'allevamento del bestiame, alla raccolta di specie vegetali e animali selvatiche, alla caccia e alla pesca, ai lavori di cava e di miniera e alle attività artigianali e commerciali. La caccia grossa al cervo, al muflone e al cinghiale doveva essere praticata da specialisti ben armati, probabilmente aiutati dai cani e troviamo frequentemente ritratti nella bronzistica. I rivestimenti di sughero, arbusti ed erbe palustri, oltre alle canne, rendevano più confortevoli le abitazioni. Certamente nelle capanne si trovavano cassapanche e stipetti in legno, recipienti in sughero, cestini, tende per le pareti e tappeti per i pavimenti. Tra gli oggetti in bronzo figurano coppe e scodelle finemente ornati, fibule, spilloni e aghi, specchi impreziositi da cornici, collane di perle in ambra, cristallo di rocca, pasta vitrea. La Sardegna era celebre per le sue risorse minerarie e contava su importanti giacimenti di galena che fornivano argento e piombo. Era presente anche il rame, lo zinco e il ferro che favorivano l'artigianato metallurgico, come testimoniato dai numerosi ripostigli. L'enorme ricchezza di piombo consentiva l'impiego di questo metallo per fissare i bronzetti che coronavano gli altari e per saldare tra loro i massi squadrati per gli edifici pubblici. Tra gli attrezzi di lavoro sono diffusi asce di vario genere, scalpelli, seghe, trapani e altri attrezzi strumentali che documentano una grande perizia nella carpenteria e nella lavorazione del legno e della pietra. Sono molto diffuse le armi, dalle spade ai pugnali alle lance. Intorno all'800 a.C. si registrano distruzioni nei villaggi, comprese le sale del consiglio e altri edifici importanti, e nello stesso periodo compaiono tombe a fossa con le armi dei guerrieri sepolti. Nel campo dell'edilizia, pietre di varia consistenza e colore, dal granito al calcare, dall'arenaria a trachiti e basalti, oltre a foreste e boschi, assicuravano materiali abbondanti e a portata di mano. Nei Campidano vi erano marne e ottime argille per i mattoni di fango, oltre a canne in abbondanza per i muri e per le coperture delle case. Di grande rilievo è l'artigianato in pietra, con grandi statue, altari a forma di nuraghi e betili. Nell'isola vi era grande disponibilità dei prodotti di base per l'abbigliamento, in primo luogo l'ama di capre e pecore, Lino, pelle, cuoio, cui si aggiungevano i pregiati bisso e la porpora. I sardi inviavano a Roma, oltre al grano, migliaia di tuniche e mantelli di lana.
Nelle immagini: bronzetti al Museo Archeologico di Cagliari

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