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Auguri. Perché?

Creato il 20 aprile 2014 da Scribacchina

Arrivano le feste comandate, arrivano gli auguri obbligati. E puntualmente, mentre con un sorrisone dico “Auguri, buona Pasqua!”, mentalmente mi chiedo cosa diavolo sto blaterando. Perché augurare buona Pasqua è, per un non credente, una bugia.
Così, mentre all’alba delle 24 e rotti sono ancora ai fornelli intenta a preparare parte del pranzo di domani, m’attardo – in compagnia di un bicchiere di vino, ça va sans dire – a riflettere sul senso più profondo di un augurio il cui senso recondito mi sfugge.

Pasqua è sinonimo di resurrezione, nuova vita, cambiamento radicale. Se uno augura “buona Pasqua”, intende sicuramente augurare un nuovo inizio, una svolta importante. Lavoro, vita privata, non importa: basta che sia cambiamento eccezionale, inatteso, miracoloso. Positivo oltre ogni dire.

Beh, se le cose stanno così, cari soliti lettori, vi auguro non una buona, ma una splendida Pasqua. Che non sia come l’augurio per la festa della donna: passato l’8 marzo, tutti amici come prima e tu, donna, stattene al tuo posto. No. Che sia davvero un giorno che segni l’inizio di un cambiamento. Un nuovo modo di vedere le proprie cose. Un nuovo approccio alla routine. Una nuova visione del solito.

E mentre la cucina di Scribacchina si riempie di profumi misti tra lenticchie, carote, arance, limone e vaniglia – secondo e dolce mischiati a casaccio -, il Grecanico esplode in tutta la sua grazia. Dipinge paesaggi, racconta stagioni, rapisce l’anima. Un bianco ricco, strabordante sensazioni e sapori mediterranei. Un nettare che rapisce e scalda dentro.
Se vi dovesse capitare sotto tiro, domani, non fatevelo sfuggire.

Torno ai fornelli, prima che il dolce bruci.
È il dolce della mia infanzia, il collegamento tra quello che ero e quello che sono. Un dolce veneto, che mia mamma mi ha insegnato ad apprezzare e che solo io, in famiglia, sono in grado di replicare. Preciso e identico a quelli che si trovano nelle panetterie del Veneto – è un dolce povero: il dolce dei contadini, sobrio eppure tanto ricco da commuovere. Anche lui miracolosamente risorto: sopravvissuto ai secoli e ai cambiamenti. Integro e puro, anche se siamo in Lombardia e non nella sua terra, il Veneto.

Buona Pasqua, soliti lettori.


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