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Autori, grammatica e concorsi: apriamo un dibattito

Creato il 21 febbraio 2014 da Annalife @Annalisa

Ora, cosa penso dei concorsi e perché li faccio, l’ho già detto (o per lo meno, ne ho accennato nell’altro articolo).
Adesso che c’è in ballo questo BigJump, e oggi che ho un po’ più di tempo perché ho deciso di lasciare senza mangiare la famiglia, ho fatto una passeggiata fra i vari partecipanti.
Ora, pare brutto parlare male di un autore (o autrice) che secondo te (cioè, secondo me) scrive in modo pedestre o noioso o pieno di errori, no? Soprattutto se autore (o autrice) concorrono nel tuo stesso settore, ma anche se sono in un altro ambito (thriller o rosa).
Pare brutto, perciò non lo faccio.
Però mi si propone l’annosa questione: un autore che fa grossolani errori di ortografia e ha una sintassi zoppicante, merita di essere apprezzato perché, magari, ha avuto una buona idea?
Faccio un esempio: il diario di Clelia Marchi è zeppo di errori sin dalla prima riga. Non doveva esser pubblicato? Non doveva essere apprezzato?
Secondo me, doveva.
Perché è una storia particolare, perché è una testimonianza preziosa; non è letteratura, ma memoria preziosa di una civiltà, quella contadina, abitualmente avara di trace scritte.
Ma, e qui sono un po’ più perplessa, un autore che scrive per essere pubblicato (o perché spera di essere pubblicato), e che partecipa a un concorso dove si richiedono romanzi in italiano, può inviare il suo scritto senza rileggerlo più che attentamente? Sbagliando una preposizione articolata che viene scritta senza doppia e senza apostrofo?
Sì, può accadere: è una svista. Si può capire che in una prima stesura, poniamo ad esempio, avesse scritto “del grande porto” e nella seconda abbia modificato con “del ampio porto” (ha cambiato l’aggettivo e si è dimenticato di adeguare la preposizione).
Con questo, fossi io un editor, sentirei già una sottile e strisciante irritazione pervadermi.
Dovendo andare avanti a leggere, ciò non è una buona cosa.
E se, andando avanti, trovassi:
i tempi dei verbi al passato (imperfetto o passato remoto) e ogni tanto al presente?
i punti fermi, puntini di sospensione, punti interrogativi sparsi a piene mani (tre, quattro, cinque tutti insieme)?
le virgole che, al contrario, mancano in tutti i complementi di vocazione (della serie: “ti prego mamma non dire di no”)?
il verbo dare alla terza persona dell’indicativo presente scritto senza accento (“lui da”)?
E non sono entrata nel merito del linguaggio, del registro zoppicante e così via: mi son proprio fermata, diciamo così, all’apparenza.
Ora, posto che il mio primo istinto (da prof inside) sarebbe quello di prendere l’autore, sedermici di fianco e fargli correggere tutto a suon di scappellotti; il secondo sarebbe quello di mandargli un messaggio (privato) per segnalargli gli errori e farglieli, di nuovo, correggere; ecco, posto questo, il dibattito si apre su questo problema: questo autore o autrice meriterebbe di essere pubblicato?
E, di fianco al suo nome sulla copertina, non dovrebbe andarci anche quello dell’editor?



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