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Bambine e bambini maestri: la famiglia è un “peso”?

Da Jessi

Una bambina può vestirsi di rosa, oppure no. Può non scegliere il rosa per tanti motivi, oppure, sceglierlo, semplicemente, perché lo trova bello. I luoghi comuni nascono proprio per starci stretti, però si nascondono e cercano di passare inosservati, per resistere il più a lungo possibile.

Di tutti i luoghi comuni che si trovano in giro sulla famiglia, quello che più trovo subdolo e fuoriviante è quello che si legge qui sotto, secondo il quale, tra le righe, la famiglia è un “carico”. La famiglia viene descritta, implicitamente, come un peso, sia per chi lavora che per chi non lavora. E per dare più voce alle donne, più lavoro, più ruoli, quel carico deve essere suddiviso. Condiviso, magari, anche dalla società.

Schermata 2012-10-09 a 12.03

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Mi sembra che le soluzioni proposte siano importanti, perché invitano alla condivisione, ma la premessa a mio avviso è sbagliata.

La famiglia, la cura non è un carico, un peso. Lo è a volte, forse. Lo è se si è soli. Lo diventa, se la società non se ne prende cura insieme alle donne, agli uomini, ai papà, alle mamme, alle famiglie.

Pensando a chi riflette e agisce a partire dall’idea che la famiglia sia un carico, un peso, dico che mi dispiace, che non sanno cosa si perdono.

Che non sanno quanto si impara dalle bambine e dai bambini, ad osservarli mentre giocano, crescono e imparano. Dico che mi dispiace, perchè, mentre loro si perdono queste cose, portano avanti anche una visione del mondo che costringe anche altri a perdersi per strada, a pensare che lavoro e famiglia siano due poli inconciliabili, due antogostisti nella gara ad accaparrarsi il nostro tempo.

E’ da ieri che cerco di scrivere queste poche righe. So quanto sia difficile la conciliazione: mia figlia è appena tornata (affamata) dal nido che si è allagato per la pioggia, ho due giorni per finire una relazione e partire con papà e bimba per una conferenza, le valigie sono ancora da preparare e la casa è sottosopra come se fossero appena passati i ladri (beh, posso almeno sperare che questo mi varrebbe da antifurto). Tutti sperimentiamo queste difficoltà. Ma quante volte riconosciamo la fantasia, l’allegria, la motivazione, la leggerezza, l’amore, la prospettiva, l’umanità che ci portiamo al lavoro, grazie ai nostri bimbi o ai familiari che accudiamo?

Non parlo solo di figli, perchè la dimensione della famiglia e della cura è molto più ampia e questa è la citazione che in assoluto trovo più vera e densa:

“In struggling each day with what Luria called the ‘tenacity of the damned’ those exceptional people those who had Alzheimer and those who cared for them embodied the human spirit at its best.”

“Nella loro lotta quotidiana con quella che Luria chiamava la ‘tenacità dei dannati’ queste persone eccezionali, i malati di Alzheimer e quelli che si occupavano di loro, incarnavano lo spirito umano nella sua forma più alta.” (S. R. Sabat, The experience of Alzheimer’s Disease)

Penso che mi dispiace, perchè, forse, se le cose stanno come stanno, dipende anche da questa visione antagonista e che le società sarebbero migliori, non se il “carico famigliare” fosse “scaricato” su altri, ma se la cura fosse una priorità per la società, se la società fosse pensata per le persone, uomini e donne, grandi e piccoli, con malattie e non, con bisogni speciali e non. E se il lavoro valorizzasse queste esperienze e lo spirito umano, nella sua forma più alta.

Utopia? Non lo so, so che ci impegnamo sempre ad insegnare ai bambini che possono andare dove vogliono, e allora mi chiedo perchè non potremmo provarci anche noi “grandi”…

“Hai un cervello in testa. E piedi nelle tue scarpe.

Sei in grado di puntare in ogni direzione che scegli.

Sei da solo.

E sai quello di cui sei capace. Sei  tu che deciderai dove andare”

(Dr. Seuss, Oh, the Places You’ll Go!)

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Che cosa vi da la cura che date alla vostra famiglia? Dov’è che vorreste andare?

Un altro grazie alla mia piccola maestra. Partecipate con i vostri piccoli maestri?

Il libro da cui ho tratto l’immagine è questo (ringrazio l’amica @from_tc di Instagram per avermelo fatto scoprire)


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