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Bang per il terrorista | di Iannozzi Giuseppe aka King Lear

Creato il 29 aprile 2012 da Iannozzigiuseppe @iannozzi

Bang per il terrorista

di Iannozzi Giuseppe aka King Lear

Ogni riferimento a fatti realmente accaduti e/o a persone realmente esistenti è da ritenersi puramente casuale.

Bang per il terrorista | di Iannozzi Giuseppe aka King Lear

In cuor suo sapeva che prima o poi l’avrebbero fatto fuori, non immaginava però che sarebbe accaduto tanto presto.
Era uscito di casa divorato dalla sete. Il caldo lo stava ammazzando e Caesar sentiva il maledetto bisogno di un po’ d’alcol, una bella tequila. Si era detto che non ci avrebbe messo niente ad arrivare al negozio di liquori all’angolo, pagare e fare dietrofront.
Il sole picchiava duro. Lungo le strade poca la gente.
Era uscito proprio nel momento più caldo della giornata: Buenos Airas scottava, c’era poco da stare allegri. Ma Caesar non poteva far a meno dell’alcol: da tempo s’era rassegnato ad essere un alcolista non pentito. Aveva cominciato a bere da giovane e non gl’era mai riuscito di togliersi il vizio.
Aveva riparato in Argentina quando all’alba del Duemila la dottrina Mitterand venne stralciata: non fosse scappato a gambe levate, l’alternativa era l’estradizione, tornare in Italia e finire a marcire nelle patrie galere per gli omicidi da lui commessi negli anni Settanta nel nome delle Brigate Rosse. Di pagare per aver ammazzato non gli andava proprio giù, tanto più che, nel corso degli anni, s’era formata in lui l’idea d’esser un intoccabile, una sorta di semidio.
Buenos Aires non gli piaceva: caotica e nervosa, e soprattutto c’era il serio rischio di fare qualche brutto incontro, con i fascisti.
Quante persone aveva freddato a sangue freddo? Non lo ricordava. Forse una quindicina. Voleva essere magnanimo con sé stesso, pur sapendo che le vittime che si era lasciato alle spalle erano molte di più di quanto era disposto ad ammettere.
Si era creduto al riparo in Francia e per buoni venti anni aveva condotto una vita da nababbo. A suo tempo Bettino Craxi s’era interessato al suo caso, e quando aveva spento le cinquanta candeline s’era illuso che sarebbe stato sepolto nel cimitero di Père-Lachaise o di Passy, magari accanto alla tomba d’un personaggio famoso, perché anche lui lo era. A Parigi s’era rifatto una vita dipingendo. Non capiva un’acca di pittura, ma alcuni francesi un po’ sinistri l’avevano detto artista e le sue tele se l’erano prese a caro prezzo senza pensarci su due volte.
Passando davanti a una chiesa la puntò con l’indice e il pollice immaginando d’aver in mano una Beretta. Odiava i cattolici. Quando avevano seccato Aldo Moro, guardando il telegiornale, era venuto nelle mutande per ben due volte, manco gliel’avesse preso in bocca una sgualdrina di quart’ordine.

Rivoli di sudore gli bagnavano la faccia. Inutile asciugarsi con il dorso della mano. Pochi metri ancora e si sarebbe scolato la bottiglia di tequila nella tranquillità ombrosa del suo appartamento.
Se lo trovò di fronte, a faccia scoperta, con la pistola in mano a braccio teso.
Lo si sarebbe detto un tipo qualunque, non fosse stato per la freddezza del volto che non lasciava vie di fuga a tracce di sentimenti.
In un primo momento Caesar pensò dovesse trattarsi d’un fascista, uno dei tanti che come lui aveva trovato rifugio in Argentina dopo la disfatta del regime mussoliniano. Tuttavia non era di quella pasta, non era un ladro qualunque e non era nemmeno un tossico. Un killer?

Di punto in bianco il tizio con l’arma sparò un BANG con voce grottesca, esplodendo subito in una grassa risata.
Caesar s’accasciò al suolo, in meno d’un secondo.
La bottiglia di tequila impattò sull’asfalto nero vomitando larghi rivoli di alcol, spargendo una miriade di cocci di vetro tutto d’attorno.
Il cuore gli si era fermato in petto, così, senza alcun preavviso. Quel BANG urlato a squarciagola era stato sufficiente a provocargli un infarto. Non l’aveva spaventato né lo sconosciuto di fronte a lui né l’arma che teneva, un misero giocattolo da quattro soldi. Il caldo gl’aveva obnubilato la vista e il cervello, altrimenti non ci sarebbe cascato… Quel BANG l’aveva fregato. Perché? Dio, il destino o il fato?
Non riuscì a darsi una risposta. Il buio totale e assoluto lo seppellì, mentre i cocci di vetro della bottiglia rotta continuavano a penetrargli le carni lasciando il sangue rosso libero di fluire insieme alla tequila versata sull’asfalto nero e bollente.

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