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Baton Serpent: sulle tracce del serpente al Maxxi di Roma

Creato il 19 maggio 2015 da Leggere A Colori @leggereacolori

 Se siete deboli di stomaco eviterete anche di leggere queste righe. Se invece intendete esplorare nuove frontiere dell’arte, farete di tutto per non perdere in questi ultimi giorni che ci separano dalla chiusura della mostra, di correre a visitarla.

Sarete frementi e impazienti come è giusto che sia, palpitanti, lungo il percorso.

La mostra è una di quelle che non si possono dimenticare: il luogo, il Maxxi di Roma, che vi apparirà in questa occasione come il ventre di un’immensa balena che ha inghiottito l’intero cosmo, e i suoi contenuti, sapidamente politically incorrect, eppure silenti.

Etnia cinese, nazionalità francese, l’autore di questa impresa ciclopica, è Huang Yong Ping e il titolo dell’esposizione è Baton serpent, un rettile il cui scheletro monumentale dal moto ondulatorio in alluminio è la nota dominante che attraversa quasi l’integrità dello spazio dedicato fino a comporre una discrepanza solenne, ieratica, con il mondo esterno.

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Con tutte le sue evidenze ciclopiche, i materiali animali, il minareto fuori dall’uscio, Huang Yong Ping racconta le intime contraddizioni della condizione umana con i suoi occhi che paiono disegnare un’enclave orientale in terra di occidente. L’autore ricompone le contraddizioni del proprio tempo con la lucida saggezza di chi ha visto l’anima della terra e ne ha letto segreti e violazioni.

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Il titolo dell’esposizione, seguendo il consiglio dello stesso autore, intende far riferimento a un brano dell’Antico Testamento, in cui Aronne getta davanti al faraone il suo bastone e questo si tramuta in serpente, perde cioè auctoritas e soprattutto gravità.

Ma il bastone perduto, metafora baluginante di un esodo annunciato, appare qui nella sua essenza metallica visionaria di incontrovertibile consistenza: mescolanze, migrazioni, oscillazioni e moti centrifughi di genti, da Aronne in poi, ridisegnano, costantemente, gli spazi del pianeta, spogliandosi della carne ma mai della propria essenza di cui pur rimane traccia nello scheletro cosmico.

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La lucidità di Huang Yong Ping non conosce sosta, né si lascia intimidire da possibili accuse di spettacolarizzazione: il limite fra esibizione della vita e sua finzione non lo sfiora. E, d’altra parte, non è stato forse già Dalì qualche decennio prima a insegnarci che la proiezione delle nostre paure sono la vita stessa?

Dunque, armatevi di coraggio: vedrete teste d’animale incolonnate lungo un filo, creature acefale che si uniscono in “Bugarach”, unico luogo designato dai Maya immune alla distruzione apocalittica.

Vorrete innaffiare la “Lamb plant” in cui l’agnello sacrificale capovolto, fa si che le sue zampe diventino rami organici emergenti dalla terra.

La lista delle opere potrebbe ulteriormente ampliarsi con un cammello che vi offre la cruna dell’ago, la salvezza, o la sedia da preghiera ribaltata che vi mostra le parole di Giobbe, la cui pazienza è proverbiale.

Nella contemplazione di questa umile sedia, secondo Huang Yong Ping, potete trovare la strada per il futuro nel mondo contemporaneo, serrati al pari di Giobbe, fra la volubilità di un destino ignoto e il desiderio di affermazione dell’essere.

Non vi resta che rischiare: fino al 24 Maggio il serpente di Huang Yong Ping sarà li per incantarvi.

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