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Berlinale 2015: diamo il voto alla giuria dopo i premi (va bene Panahi, ma Larrain era meglio)

Creato il 14 febbraio 2015 da Luigilocatelli

Va bene, il listone dei premi ufficiali di questa Berlinale lo trovate al post precedente, adesso sarà il caso di spendere qualche parola in più.
1) La vittoria di Panahi non la si può discutere, però era meglio Larrain. Taxi di Panahi è film assai bello, uno dei migliori di questa Berlinale, ma Panahi non lo scopriamo oggi. Meglo sarebbe stato dare l’Orso d’oro a Pablo Larrain (soprattutto a lui) o al rumeno Radu Jude, autori non ancora consacrati. Ovviamente Panahi non ha potuto ritirare l’Orso, bloccato com’è in Iran per i ben noti motivi. Al suo posto è arrivata la giovanissima nipote che compare nel film in uno dei segmenti più significativi. Una mossa strappa-applausi e pure un po’ strappacore, a dirla tutta. La ragazzina ha tentato di dire qualcosa, ma è scoppiata subito a piangere, prontamente consolata dalla giuria.
2) Larrain, vincitore o sconfitto? Il suo El Club è il meglio di Berlino 2015. Gli han dato il premio speciale della giuria, il secondo per importanza. Siamo alla storia del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Per me è mezzo vuoto.
3) Piallati via Malick e Greenaway.
Herzog era fuori gioco. Ma l’aver ignorato Terrence Malick e Peter Greenaway è grave colpa della giuria. Capisco siano nomi ingombranti, ma un posto nel palmarès, soprattutto questo palmarès che ha moltiplicato i premi con ben due ex aequo, glielo si poteva trovare. Se penso che nella lista dei vincenti sono entrati Ixcanul e El boton de nacar, e loro no, mi viene il magone.
4) I miracolati. Per l’appunto, il guatemalteco Ixcanul e il cileno El boton de nacar, il primo omaggiato del premio Alfred Bauer, il secondo, assurdamente, per la migliore sceneggiatura. Che, con i suoi poeticismi sparsi abbondantemente qua e là, è la cosa peggiore di un film indeciso a tutto, però politicamente correttissimo. Così va il mondo, così vanno i festival.
5) Sopravvalutata: la polacca Malgorzata Szumowska. Regista interesssante ma discontinua, capace nello stesso film di azzeccare una grande scena e subito dopo di inabissarsi nel kitsch. Il film che aveva portato qui due anni fa era meglio di quello di quest’anno. La Berlinale la ama molto e ancora devo capire il perché.
6) Sottovalutati: il rumeno Aferim! e il russo Under Electric Cloouds. Meritavano di più dei premi abbastanza consolatori che hanno avuto.
7) Trionfa Charlotte Rampling. Non si poteva non premiarla come migliore attrice, e così è stato. Premiando lei han dovuto fare altrettanto con il suo partner in 45 Years Tom Courtenay, per carità, straordinario, ma il film è tutto di Charlotte. Come migliore attore meglio lo sconosciuto finlandese del film di Greenaway.
8) Niente all’italiano Vergine giurata, che pure era molto piaciuto. L’unica chance sarebbe stato il premio opera prima: non è andata. Ma insomma, Vergine giurata non è quella gran cosa, suvvia.
9) Momenti cultistici: il pianto della nipotina di Panahi mandata a ritirare l’Orso d’oro e le due attrici di Ixcanul, apparse sul palco insieme al regista vestite come Rigoberta Manchu al Nobel, con tanto di ringraziamenti della più giovane in lingua Kaqchikel Maya.

A questo punto, il voto alla giuria è 5.


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