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Big Hero 6. Il nuovo prodotto Disney sembra un film di Spielberg

Creato il 21 dicembre 2014 da Oggialcinemanet @oggialcinema

Il commento di Maurizio Ermisino

Summary:

Il robot completamente bianco, morbido e rotondo – creatura originalissima e irresistibile – che nella seconda parte di Big Hero 6 appare bardato in una corazza metallica da supereroe alla Iron Man è il simbolo della nuova vita della Disney. Si è parlato molto della possibile “disneyzzazione” della Marvel, non appena la casa di Topolino ha acquisito la famosa casa dei supereroi (in parte avvenuta, vista la differenza tra The Avengers e i primi Iron Man), ma si è riflettuto poco sulla possibile “marvellizzazione” della Disney. Che è chiara con questo Big Hero 6, tratto proprio da un fumetto Marvel poco noto lanciato nel 1998, un film che rappresenta bene la sintesi tra Disney, Marvel e Pixar, le due società più importanti (insieme alla Lucasfilm) che la più nota casa di animazione ha acquisito di recente.

Big Hero 6 racconta la storia di Hiro (il nome è giapponese, ma si legge come hero, eroe), ragazzo di 14 anni che vive con la zia e il fratello, giovane apprendista scienziato, di cui riprende per caso l’invenzione più importante: si chiama Baymax, la creatura irresistibile di cui sopra, e nasce come operatore sanitario. Baymax non può fare a meno di aiutare le persone: così, cominciando ad aiutare Hiro a ricercare la sua invenzione, i microbots – micro organismi robotizzati capaci di coordinarsi tra loro e, tramite la guida umana, diventare grandi costruzioni – diventerà un supereroe, con la complicità di un upgrade di Hiro – la corazza alla Iron Man – e degli amici di suo fratello.

Big Hero 6 Disney
Già dalla trama di Big Hero 6 si possono capire molte cose. Da un lato il tentativo di un allargamento del target, che dai bambini – che adoreranno Baymax – si amplia fino a raggiungere gli adolescenti (il preziosissimo target Young Adult) appassionati di supereroi, un pubblico che può essere quello di The Avengers. E, come uno dei precedenti successi della Walt Disney Animation, Ralph Spaccatutto, ammicca anche agli adulti, a quelli che erano bambini una trentina di anni fa: lì lo faceva citando il mondo dei videogame vintage, alla Pac Man, qui il mondo dei robot giapponesi con cui è cresciuta un’intera generazione, leggi Goldrake o Mazinga. Attenzione, però: si parla di robotica in maniera non banale, sulla scia di autori come Asimov o Aldiss, Kubrick e Spielberg. Da qui si arriva all’altro aspetto importante di Big Hero 6: un insolito carattere adulto per un film di animazione, una storia che parla di morte come pochi film di questo tipo avevano fatto finora, e in questo senso è molto vicino ad Up della Pixar.

A proposito di Pixar, la grande carta vincente di Big Hero 6, il suo personaggi principale Baymax, è un’invenzione degna della casa che negli ultimi vent’anni ha rivoluzionato l’animazione. E non è un caso, visto che a capo della Walt Disney Animation c’è John Lasseter. Baymax, bianco, morbido, lineare, buffo come un pinguino, è un po’ l’omino Michelin un po’ lo Stay Puft Marshmallow Man di Ghosbusters, un po’ la Eve di Wall-E (e proprio come Wall-E è nato per aiutare, per essere utile, dettaglio da non trascurare nel mondo di oggi), un po’ il C-3PO di Guerre stellari, con cui ha in comune la gentilezza d’altri tempi (come vedete in Big Hero 6 c’è anche un po’ di Lucasfilm…). È lui il vero punto di forza di un film che si muove tra la fantascienza intelligente, l’anime giapponese (è ambientato a San Fransokyo, unione tra San Francisco e Tokyo, e deve molto a Myazaki), il noir e il film di supereroi: più interessante nella prima parte, quando sembra un film di Spielberg, con Hiro che è uno dei tipici fanciullini carichi di stupore in cerca della figura paterna dell’autore di E.T., che nella seconda, quando diventa una versione animata di The Avengers.

Insomma, c’era una volta la Disney, la grande casa di animazione che sfornava capolavori, da Dumbo a Bambi a Biancaneve. Poi c’è stata la nuova Disney, l’acclamatissima Pixar, che fino a pochi anni fa ha sfornato un capolavoro dietro l’altro. Ora è il caso di dire che c’è una nuova Pixar. Ed è.. la Disney. Che, tra la guida di Lasseter e la vicinanza con la casa d’animazione sorella, ha ormai raggiunto i livelli di eccellenza della Pixar, che contemporaneamente sembra essersi un po’ seduta a furia di sequel e spin-off, e di guadagni sicuri. Ma la competizione interna tra quelle che sono due facce della stessa medaglia non può che fare bene al cinema, alzando sempre più in alto l’asticella della qualità. E, se avete dubbi su quanto Disney e Marvel siano una cosa sola, aspettate fino alla fine dei titoli di coda. E troverete un vecchio amico a cui volete molto bene…

Di Maurizio Ermisino per Oggialcinema.net


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