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Bollenti protoni

Creato il 10 dicembre 2011 da Stukhtra

Fasci concentrati permettono nuovi stati della materia

di Tobia Dondè

ResearchBlogging.org
Diciamo la verità: sono pesanti, sono grossi, sono arcinoti. Che fascino potranno mai avere? Invece basta concentrare un fascio più intenso degli altri perché i protoni facciano meraviglie: riplasmano la materia.

Non stiamo ancora parlando della pietra filosofale, ma gli studi coordinati di un sacco di scienziati fanno presagire bene: c’è chi viene dal Lawrence Livermore National Laboratory (LLNL), chi dall’Helmoltz Zentrum Dresden Rossendorf, chi dal Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Aerospaziale dell’Università della California a San Diego, chi dal Los Alamos National Laboratory (LANL) e chi da altri posti strani. Insomma, un variegato team di scienziati si è di recente dato appuntamento su “Nature Physics” per pubblicare un paper di grandi prospettive su uno strumento che va ormai per l’ottantina: i fasci di protoni, appunto. Questi vecchietti gagliardi, se adeguatamente trattati, sembrano possedere una straordinaria energia che può fare la differenza in molti campi applicativi, dalla medicina allo studio dei nuclei dei pianeti, fino alla creazione di nuovi stati della materia.

Cosa sia un fascio di protoni è facile immaginarlo. Anzi, no. Beh, diamo per buona la visualizzazione di tante piccole palline che ruotano in un acceleratore di particelle, e poi… “Bum!”: vengono sparate fuori o fatte collidere tra loro, per motivi di studio ma non solo. Insomma, energia concentrata. Semplicistica descrizione a parte, le applicazioni sono però notevoli. Nella cura dei tumori, ad esempio, dove i proton beam vengono utilizzati per danneggiare il DNA delle cellule cancerose, inibendone la replicazione. Pratica assai meno invasiva della radioterapia. Come ci si può immaginare, poi, l’argomento tira molto. Basta cercare “proton beam” con Google per ottenere una lista di centinaia di siti sulla terapia ai protoni, sulla lotta contro il cancro, sulla fede nella scienza…

Bollenti protoni

Il superpotente Trident sub-picosecond laser di Los Alamos. (Cortesia: Los Alamos National Laboratory)

La novità riguarda la potenza e il controllo. Utilizzando il Trident sub-picosecond laser del LANL (uno specifico laser ad alta intensità), i ricercatori sono riusciti a focalizzare il fascio di protoni attraverso un bersaglio di forma conica: mediante campi elettrici di incanalamento si è potuta migliorare la precisione del fascio e ottimizzare l’energia. “La capacità di generare fasci di protoni molto intensi e molto precisi può spalancare le porte a nuovi orizzonti nella scienza delle alte energie”, spiega Teresa Bartal, dottoranda e ricercatrice al LLNL nonché lead author dell’articolo. I risultati sono infatti notevoli. Fasci siffatti possono replicare le condizioni dei nuclei dei pianeti giganti, permettendo uno studio del comportamento della materia compressa da decine di migliaia di atmosfere. Possono inoltre indurre rapide transizioni di fase e portare a nuovi stati della materia, impossibili da ottenere in altra maniera. In ambito medico sono in grado di produrre isotopi per la PET e in generale aiutare nell’identificazione e nel trattamento dei tumori.

Ciò che sorprende è sicuramente l’assenza di una scoperta vera e propria: insomma, i fasci di protoni e i laser saranno pure cose al di sopra della nostra possibilità di visualizzazione, ma esistono da un sacco di tempo. E’ quindi interessante notare come un affinamento delle tecnologie preesistenti possa portare a importanti risultati e ad applicazioni ai campi di vera avanguardia. Guardarsi indietro, in definitiva, spesso può darci un grande calcio in avanti.

Bollenti protoni

Rimane comunque il miglior utilizzo dei fasci protonici.

Bartal, T., Foord, M., Bellei, C., Key, M., Flippo, K., Gaillard, S., Offermann, D., Patel, P., Jarrott, L., Higginson, D., Roth, M., Otten, A., Kraus, D., Stephens, R., McLean, H., Giraldez, E., Wei, M., Gautier, D., & Beg, F. (2011). Focusing of short-pulse high-intensity laser-accelerated proton beams Nature Physics DOI: 10.1038/nphys2153


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