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Borderlands: The Pre-Sequel – C’è caos sulla Luna

Da Videogiochi @ZGiochi
di Fabio Cecco D'Ortona

Borderlands è per molti una delle serie più accattivanti degli ultimi anni, un progetto che nel suo primo capitolo riuscì nel difficile connubio tra FPS e action RPG, portando una ventata d’aria fresca ai generi e una interessante struttura che, di lì a poco, sarebbe stata ulteriormente migliorata e levigata con Borderlands 2. Non è mai stato un videogioco perfetto, i fan ricorderanno quanto il primo capitolo non fosse al top per trama, dialoghi, varietà delle quest e caratterizzazione di alcuni protagonisti, aspetti che vennero rivisti e tirati a lucido col successore, che propose un canovaccio ben più interessante e un sistema di quest molto vario, personaggi più interessanti che mai – anche nelle loro speciali abilità – e nemici per i quali occorrevano tattiche di attacco ben precise, o armi speciali, per aver la meglio. Certo, furono in tanti a non apprezzare alcune scelte sull’ampia scelta di armi, come l’accorpamento di alcune categorie o l’assenza del livello, presente invece in Borderlands, ma una grande longevità, l’ilarità che permeava quasi ogni situazione in-game e dei DLC fantastici lo elevarono allo status di videogioco imperdibile, anche se giocato solamente in single-player, checché se ne dica.

A distanza di circa due anni, 2K Games decide di rigettare nella mischia la serie proponendoci Borderlands: The Pre-Sequel, un capitolo che funge da collegamento cronologico tra gli avvenimenti vissuti con la prima e la seconda release. È per questo motivo che troviamo un’infrastruttura solida ma già vista, e qualche nuovo spunto a livello di gameplay, offerto dall’ambientazione lunare. Purtroppo, è scomparso quasi tutto quanto aveva permesso al secondo capitolo di differenziarsi e migliorarsi dal predecessore, ma proseguiamo adagio, snocciolando il tipo di esperienza vissuta e le impressioni raccolte dopo essere arrivati ai titoli di coda.

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CHI È CAUSA DEL SUO MAL PIANGA SE STESSO

Nel duplice ruolo di narratrice e personaggio giocabile, è il racconto di Athena – personaggio che fece la sua prima apparizione nel contenuto aggiuntivo ‘The Secret Armory of General Knoxx’ – ad introdurci in Borderlands: The Pre-Sequel, che cronologicamente si pone tra il primo e il secondo episodio della serie. È in una situazione d’enorme pericolo, dovrà quindi ricostruire accuratamente l’accaduto per giustificare le sue azioni a Brick, Lilith e Mordecai, i guardiani della cripta giocabili nel primo Borderlands. Un fantastico video d’apertura alza a sproposito il fattore attesa, e si gettano in pasto del giocatore le nuove location (avremo modo di scorrazzare avanti e indietro sulla Luna di Pandora) e i quattro nuovi personaggi giocabili, ma è alla stazione Helios che inizierà il nostro nuovo percorso. Un programmatore della Hyperion, quello che poi diventerà il famoso ed apprezzato Jack Il Bello, è nei guai: la nostra prima missione, che funge chiaramente da tutorial, sarà quella di salvarlo, per poter così approdare sulla Luna, conosciuta come Elpis, sulla quale risaltano in maniera evidente le uniche vere aggiunte e diversità dagli altri capitoli della serie: oltre alle location di cui sopra, avremo a che fare con situazioni di gravità differenti, con la mancanza di ossigeno e quindi coi relativi kit ricaricabili che serviranno anche ad alimentare i nostri jetpack, e poi armi laser, un nuovo danno elementale (Cryo, come si intende dal nome si tratta di un danno criogenico che permette di rallentare e congelare i nemici, che a quel punto potranno essere mandati in frantumi) e di un nuovo veicolo per gli spostamenti. La trama, sebbene non spicchi di brillantezza fin dalle prime battute, non è indimenticabile: nelle circa venti ore richieste per giungere alla sua conclusione, l’impressione è proprio quella di aver giocato ad un DLC, tutto sommato poco riuscito, perché poco affabile dal punto di vista umoristico, senza momenti di pura estasi e delirio che tanto ci avevano conquistato in Borderlands 2. Portare a termine la storia dei quattro nuovi personaggi giocabili, che a breve annunceremo, non è poi così semplice, anzi nel gioco in solitaria è quasi una impresa. Sappiamo di come la serie nata dalle mani di Gearbox Software si presti abilmente alla cooperativa fino a 4 giocatori, ma se questo aspetto risultava essere molto importante nel primo titolo e molto meno col secondo, che si prestava al gioco in solitaria meglio del previsto, per via dell’ilarità dominante in ogni vicenda di gioco, il gioco online rappresenta l’unico vero motivo per decidere di far proprio il “terzo” capitolo di questo franchise. La sensazione – che confermeremo parlando di fatti – è quella di trovarsi difronte ad un videogioco poco curato e sul quale si è poco creduto: dalla trama alle missioni principali, arrivando a quelle secondarie ed ai dialoghi che mancano di ironia, tutto appare investito da un grigiore generale, da una ripetitività a tratti scocciante, e non è colpa delle ambientazioni, almeno non del tutto, quanto dell’incapacità di confermarsi dopo un grande capitolo (Borderlands 2), sia a causa del cambio di sviluppatore e sia per il poco funzionale inserimento di qualche nuova feature, rivelatasi successivamente poco riuscita. Quindi, perché giocarlo? I motivi per i fan sfegatati potrebbero non mancare, ma a tale domanda dobbiamo rispondere in modo più preciso e non possiamo che dire: per i quattro nuovi personaggi giocabili, ovviamente!

In concreto, parliamo di Athena, Wilhelm, Nisha e Claptrap. La prima è un’assassina munita di un potente scudo Aspis che le permette di assorbire una enorme quantità di danni; il secondo, un ingegnere-mercenario della Hyperion che può “aggiornare” il suo fisico con parti robotiche, e che può inoltre contare su due droni, Wolf e Saint: il primo con compiti di supporto offensivo, il secondo difensivi. Quindi Nisha, che probabilmente ricorderete come lo sceriffo di Lynchwood, che possiede come abilità primaria la possibilità di incrementare danni da arma da fuoco e velocità, per mezzo di un sorta di mira automatica sulle minacce presenti dinnanzi a noi; infine Claptrap, autentica mascotte della serie, l’ultimo robot della sua specie. Utilizzare questo personaggio porterà diversi benefici, primo tra tutti quello di non dover prestare attenzione al livello di ossigeno rimasto nel nostro kit, in secondo luogo grazie alla sua abilità “VaultHunter.exe”, che genera effetti molteplici (positivi e negativi), a seconda delle situazioni in cui ci troveremo. Attraverso le scorribande a cui prenderemo parte avremo modo di incontrare svariati NPC, tra cui vogliamo citare Moxxi e Nakayama tra tutti, così come affrontare scontri – purtroppo, tutt’altro che epici – contro undici boss, tre dei quali “nascosti”; parapiglie che mettono in evidenza un sistema di crescita identico a quello passato, coi soliti punti abilità da spendere nelle skill tree del personaggio scelto e le solite sfide duro che ci consentiranno di ottenere gettoni, da investire nel miglioramento percentuale di caratteristiche varie come la precisione di tiro, i tempi di ricarica e così via. Uno dei pregi di questo titolo, che prende a piene mani da Borderlands 2 in tantissimi aspetti, compresi i menu, è quello di essere riuscito a proporre un cast di protagonisti giocabili ben diversificati per abilità, che riescono ad esaltare – nel gioco in cooperativa – in maniera piuttosto buona la frenesia derivante dagli scontri più ardui, grazie alla collaborazione e ad un uso mirato e organizzato delle abilità speciali in possesso del party di gioco. Peccato che l’aspetto positivo del titolo sia soltanto questo, considerando che nemmeno le ambientazioni lunari – carine a primo impatto – diano al gioco di 2K Australia quel qualcosa in più che ci saremmo aspettati: la situazione è aggravata da un numero di bug molto elevato, eppure nonostante la ventina di differenti location la voglia di esplorare in lungo e largo quei posti – come quella che molti hanno ancora per le ambientazioni di Borderlands 2 – è scarsa, data l’insufficiente varietà ed un forte senso di riciclo, oltre che per le modifiche apportate a livello di gameplay.

C’ERAVAMO TANTO AMATI

Ci spieghiamo meglio. La serie ha sempre fatto proprio un concetto di leggerezza di tematiche (con le dovute eccezioni), riscontrata anche nei dialoghi spassosi, assurdi e proprio per questo spesso e volentieri geniali, che si accompagnavano ad un senso di libertà ben marcato. Non poche volte, avviato il primo o il secondo titolo del franchise, ci è capitato di perderci letteralmente nel mondo di gioco, senza stare a pensare a quest e quant’altro, avendo come scopo il semplice gironzolare in compagnia di qualche buon amico, magari. In Borderlands: The Pre-Sequel tutto questo viene decisamente meno, proprio a causa di alcune limitazioni – che in 2K Australia definiscono ancora come novità a livello di gameplay – di cui abbiamo accennato poco fa. La meccanica relativa al consumo di ossigeno ben presto diventa un peso, più che una feature in grado di farsi apprezzare, e sebbene non manchino stazioni di ricarica o crepe del sottosuolo che fungono da fonti di ricarica istantanea (questa dovrebbero spiegarcela…, NdR), tutto ciò limita non poco quella spensieratezza di cui sopra. Per giunta, l’uso del jetpack – indispensabile in tante circostanze – aggrava ulteriormente le cose, dato che intaccherà le nostre scorte di ossigeno; ciò si traduce in fasi di gioco meno valide a lungo andare, a cui potrete rimediare armandovi di tanta pazienza o scegliendo Claptrap come personaggio. Tuttavia, l’ossigeno diventa d’importanza vitale anche per i nemici, quindi danneggiando la loro “mascherina” li vedrete perdere punti di vita con costanza, proprio perché impossibilitati nel respirare a dovere; allo stesso modo l’utilizzo del jetpack, che vi permetterà di superare strapiombi eseguendo salti come mai prima d’ora, mostrando i suoi effetti anche nelle schermaglie coi nemici, o nelle boss fight, in scontri che non si sviluppano più solo in orizzontale, ma anche e soprattutto in verticale. Manca però tutto il resto, l’epicità dei boss, un ending degno di nota, così come quei validi scontri d’un tempo: qui i nemici sono poco vari, appaiono come semplici reskin degli avversari di un tempo, anche le animazioni che li governano sono identiche. Sussistono, poi, problemi col loot attraverso cui verremo ricompensati, quasi sempre di qualità infima, oltre che col Physx di Nvidia – anche su schede molto performanti – che volentieri portano ad un abbassamento dei frame. E non si può dire che venga incentivato l’utilizzo delle armi laser, visti i costi esagerati delle munizioni e la facilità con cui i loro speciali caricatori vanno in riserva, quindi sarete spesso costretti ad utilizzare le altre tantissime bocche da fuoco, molte delle quali viste anche in Borderlands 2.

In definitiva, Borderlands: The Pre-Sequel è un titolo che ha davvero poche frecce nel suo arco, appare come un videogioco fuori forma, opaco, a tratti incompleto, o meglio, portato a termine senza quella giusta attenzione e maestria che Gearbox Software aveva riposto nei precedenti prodotti, pur se non esenti da difetti. Sparita la vena comica, i dialoghi irriverenti, appesantito un gameplay divertente, riproposti tutt’una serie di elementi grafici e modelli rivestiti soltanto da nuove skin, così come i soliti bug ora addirittura aumentati anche a causa di un’ottimizzazione del codice sempre incerta, rimane ben poco per cui consigliare la nuova opera di 2K Australia. Il peccato più grande è stato quello di non essere riusciti a prendere spunto da una serie ormai fatta, che con Borderlands 2 aveva raggiunto la quasi totale maturità; motivo per cui, a nostro avviso, dovreste recuperarlo soltanto con un grosso saldo. A maggior ragione, poi, se siete interessati alle versioni per console PlayStation 3 e Xbox 360, che accusano problematiche tecniche ben più marcate della controparte PC, sebbene l’engine grafico sia lo stesso di sempre e sfrutti le vecchie librerie DirectX 9. Poc’altro da aggiungere riguardo il comparto sonoro, composto da effetti sonori piuttosto buoni e da una sountrack nutrita (31 brani) che potrete acquistare anche separatamente, su siti come iTunes, a poco meno di dieci euro.


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