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Bubbole

Da Marcofre

Attenzione a non credere troppo nell’amore per la scrittura. Vedo in giro molto materiale che “esce” perché l’amore della scrittura sarebbe smisurato, e impossibile da contenere, eccetera eccetera.
Ne siamo sicuri?

Credo che la ragione che spinge a scrivere sia un fatto del tutto secondario.

 

“Perché scrive?”

“Perché mi piace”

 

Fine della storia. Certo, è una risposta che lascia insoddisfatti i curiosi, ma questo non importa. La molla che spinge a pestare i tasti di una tastiera è un affare personale, e invito a diffidare di chi si lancia in risposte articolate o roboanti quali:

 

“Perché voglio salvare il mondo”.

 

Bubbole. Se è questo il tuo desiderio, buttati: insegnante in una baraccopoli, o missionario. Ma scrivere per salvare il mondo è una sciocchezza.

Sono affari di chi scrive il perché ci si siede alla scrivania per foraggiare la propria ulcera di rabbia a causa di quella pagina che non riesce. Quello che deve essere chiaro è che se dipingi quadri è dei quadri che si parlerà, i giudizi saranno emessi sulle tue opere. Non sulla “molla” che ti spinge a prendere in mano un pennello. Magari dopo che avrai ottenuto qualche risultato potrai darti un tono, e inventarti qualche risposta originale.

“Scrivo perché desidero illustrare la pressione della grande distribuzione organizzata sull’individuo medio occidentale”.

 

Lo stesso vale per la scrittura. Il giudizio scatta sulle parole, la loro efficacia e il loro valore. Stop.

Tutto il resto è un diversivo. Sento o leggo di persone che usano l’alibi dell’amore per la scrittura per confezionare scritti superficiali. Sciatti. Il semplice fatto di scrivere, li renderebbe degli esseri speciali.

Non credo molto nella teoria degli “esseri speciali”, ma forse la mia è sola invidia, chissà. Però so per certo che ci sono persone che sanno scrivere, e hanno il coraggio di non ricorrere a scudi o difese bizzarre.

L’amore per la scrittura si deve vedere nella scelta delle parole, nella cura con la quale la storia si sviluppa e si conclude. Quando viceversa viene sbandierato e gli occhi scivolano su parole prive di vita, c’è qualcosa di sbagliato. O forse tutto. Vuol dire che si ama il proprio nome, e la scrittura (mediocre), è un mezzo per mettersi un po’ in luce.

Quando si impara ad amare la scrittura più del proprio nome, si è almeno sulla strada giusta. Che poi sia possibile arrivare da qualche parte, questo non lo so, e nessuno con la testa sul collo è in grado di garantirlo.


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