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Bugei: Arti di guerra…

Da Stefano Bresciani @senseistefano
Data: 3 aprile 2015  Autore: Sandro Savoldelli bugei

II vocabolo nipponico Bugei non ha un corrispettivo in italiano. Potremmo avvicinarci al suo significato originario traducendolo con “Arti di guerra”. Il termine raggruppa in sé un insieme di discipline marziali, quindi militari, risalente all’epoca feudale giapponese tra il 1125 e il 1625 d.C. circa.

Indica collettivamente le Arti marziali che almeno fino al periodo della restaurazione del Giappone in epoca Meiji(1868 d.C.) furono competenza della classe militare.

Spesso definito con la variante Bujutsu, in riferimento alle antiche pratiche di guerra, va distinto dal Budo contemporaneo, sua rielaborazione, fondato su sistemi educativi ed etici più moderni.

L’origine delle arti marziali giapponesi può ritrovarsi nella tradizione guerriera dei samurai e del sistema di caste che limitava l’uso delle armi ai membri delle classi guerriere,  vietandone l’uso alla popolazione. In origine, i samurai dovevano essere perfettamente in grado di lottare con e senza armi, in modo da sviluppare l’assoluta maestria nelle capacità di combattimento volte alla glorificazione personale e del proprio signore (Daimyo, la carica feudale più importante tra il XII e il XIII secolo in Giappone).

Nel tempo, questo scopo diventa la base della filosofia che persegue un’integrità spirituale tramite il perfezionamento delle abilità marziali.

Cosa rimane del Bugei oggi?

Ritengo che d’oggi la Cultura delle Arti marziali sia davvero lontana dall’idea “sportiva” che nel Novecento si è andata formando. Le esigenze sportive-olimpiche del dopoguerra spinsero il maestro Jigoro Kano, a quel tempo ancora praticante di discipline d’armi, a creare un concetto nuovo e innovativo chiamato Ju-Do, una nuova disciplina che dal punto di vista educativo e formativo, contenesse i valori universalmente noti di rispetto, rigore, sincerità e lealtà che ben si allineavano al codice marziale del Samurai (il Bushido) ma che altrettanto potesse riproporre questi valori filosofici nel rispetto e nella salvaguardia della vita e dell’avversario. Proporre al pubblico moderno un’arte marziale che per secoli caratterizzò le vicissitudini di un popolo alla costante ricerca della formazione di un governo stabile sarebbe stato davvero anacronistico oltre che devastante. Gli stili erano rudi, quasi barbari e non potevano certo adattarsi ad un tipo di lotta “sportiva” che non prevedesse danni.

Cosa si cela dietro le arti marziali?

E’ un mondo a parte, fatto di aneddoti, Cultura radicata, ricerca storica, studi antropologici, fatto di grandi orizzonti e incoerenze di classe sociale. Sono sempre stato convinto che ogni vero appassionato “marzialista”, dopo tanti anni di pratica, possa sentire la mancanza di qualcuno (un vero Maestro!?) che trasmetta valori tradizionali e tutto ciò che si cela oltre la tecnica: la forma, i riti, all’etichetta formale, ai costumi e alle molte altre forme d’Arti classiche. Solo così arriverà a conoscere tutto ciò che si cela dietro ai “balletti”, il perché dell’utilizzo di un tipo di arma o il perchè di un kanji specifico per dare una definizione, il periodo storico, le necessità e i trucchi adottati in battaglia, nonché il valore enorme della scrittura ideogrammatica o pittografica ai fini della comprensione di un concetto tecnico.

Le Arti Marziali sono un patrimonio storico non solo per i paesi di origine ma anche per la comprensione di genti e culture diametralmente opposte. Un valore educativo e didattico ancora oggi per chi cerca dentro di sé il proprio guerriero.

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