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buone notizie che non fanno notizia

Creato il 05 dicembre 2012 da Fisiciaroundtheworld

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Sarà che è tempo di Avvento, e quindi s’inizia a parlare di Buona Novella (ma solo Wikipedia, se googlate “Natale”, vi ricorderà che tipo di ricorrenza si festeggia), sarà che fare polemica ed elencare tutto quel che non funziona nel nostro Paese va tanto, ma tanto di moda, ecco che ho un desiderio incontenibile di scrivere di qualche buona notizia dal mondo scientifico in Italia.

Ieri sono stata in un bel posto in quel di Milano, si chiama IFOM ed è un centro di ricerca dedicato allo studio della formazione e dello sviluppo dei tumori a livello molecolare. Innanzitutto il centro di ricerca è bello, grande, pulito, ordinato e colorato. E’ un posto dove lavorano molte donne (il 60% dei dipendenti) e che attira cervelli stranieri (se nel frattempo la vostra immaginazione ha fatto un volo pindarico ribadisco: stiamo parlando di un centro di ricerca in Italia). Visitando i laboratori l’impressione immediata è di un ambiente sereno, dove si lavora e dove ognuno ha il suo posto. Gli studi dei ricercatori sono dignitosi ma non molto ampi, perchè le riunioni si fanno in aule apposite (ognuna con lo schermo e il pc per proiettare), liberamente prenotabili allo scopo. Ci dicono che “nessuno è proprietario di uno strumento”, perchè gli strumenti sono tutti di tutti. Mi viene in mente una serie di storie su chi è “proprietario” di uno strumento in un’università, su come e quando si debba chiedere il permesso, su quanti nomi occorra inserire nell’articolo se hai usato lo strumento di…ma stavamo parlando di buone notizie, quindi lasciamo perdere. L’ambiente sereno, attrezzato ed ampio dei banchi di lavoro dei biologi mi ha sicuramente messo addosso un sorriso, e soprattutto mi ha fatto ricordare una vecchia storia.

Non ero ancora laureanda, ma frequentavo il laboratorio di Fisica dei Biosistemi all’Università La Sapienza per l’esame inerente. Avrei dovuto fare degli esperimenti semplici su cui scrivere una tesina, argomento di discussione dell’esame. In realtà era la prima volta che mi trovavo a lavorare in un laboratorio in condizioni del tutto simili a quelle che sono quelle di un ricercatore. Quindi avevo ovviamente una grande paura di sbagliare, miscelata con un enorme entusiasmo e una maniacale attenzione a tutto quel che facevo. Dopo una serie di misure allo spettrofotometro ripresi le cuvette utilizzate per i campioni in esame, e andai al lavandino a lavarle. Ripulite per bene, le appoggiai sul banco di lavoro per asciugarle, quando mi accorsi che l’ombra del tecnico di laboratorio incuteva minacciosissima su di me:

-Scusa, ma cosa stai facendo?

-Ho finito l’esperimento, quindi ho pulito le cuvette ed ora vorrei asciugarle…

-Ah. Hai pulito le cuvette…

-Sì, spero di averlo fatto bene, sono stata attenta…mi sembrano pulite…

-Lasciale stare, le pulisco io.

-Ma no, si figuri, io sono qui per imparare, non è che deve pulire quel che sporco.

-Guarda, non hai capito. E’ un mio dovere. Io devo fare sì che il laboratorio sia al meglio delle sue possibilità per tutti coloro che lo adoperano. Non posso lasciare che gli studenti puliscano le cose a modo loro, perchè se per caso uno di loro non lo fa bene e il successivo si ritrova a lavorare con materiale che non va bene, la responsabilità è mia. Per questo, grazie per la buona volontà, ma queste cose devo farle io.

Fondamentalmente grata del fatto che il problema non fosse un alone scuro lasciato sulla cuvetta di quarzo dalla sgangherata studentessa che ero, questo episodio mi è rimasto bene in mente, come un esempio preciso e limpido.

La buona notizia è che nel mondo della ricerca ci sono persone che fanno del loro meglio, e che adempiono ai propri doveri con semplicità, precisione e fermezza. E’ soprattutto grazie a loro che qualcosa, nel mondo della ricerca italiana, funziona ancora e bene.

Avrei una manciata di altre buone notizie sul mondo scientifico italiano, ma il post è già abbastanza lungo così, e come si addice alla conclusione delle buone novelle, occorrerebbe quella che gli anglosassoni chiamerebbero take-home lesson e che quelli che sono cresciuti a pane e Fedro chiamerebbero la morale. Forse può risultare piuttosto scontato, ma vorrei sottolineare che un buono o un cattivo centro di ricerca o laboratorio, lo fanno anche le persone che vi lavorano dentro. Si possono avere pochi mezzi e pochi quattrini, ma con persone volenterose, precise ed entusiaste, si riesce sempre a costruire qualcosa. Si possono avere un mucchio di soldi e attrezzature, ma in un ambiente rigido, pieno di antagonisti ed autoritarismi, che causano invidie e litigi a valanga, non si arriva al risultato sinergico ed importante. Per questo, occhiali rosa alla tempia, pensiamo a qualche buona notizia, di quelle che non fanno notizia.



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