Magazine Diario personale

C’è una cosa che mi manca da morire…

Creato il 05 ottobre 2011 da Lamagadioz

Sono tornata in Italia quasi un anno fa. Tempo di bilanci. O magari no. Perchè non mi piace fare paragoni, perchè qualsiasi confronto non porterebbe a nulla, sarebbe una strada a senso unico, senza uscita. L’Australia è meglio per tanti versi, l’Italia per altri. Che condividiate o meno, questo è il mio pensiero. Non riesco a dire che un paese è migliore o peggiore in assoluto dell’altro.
Ma in Australia c’è una cosa che non si trova in nessun’altra parte del mondo.

Ora ci arrivo.

Dell’Italia amo la storia, la cultura, amo il popolo con tutti i suoi difetti, amo il cibo e  il gran cuore che abbiamo nonostante l’imperversante egoismo, un Cuore grande così che nessun paese puo’ eguagliare. Odio il governo, odio il sistema corrotto, odio i politici di tutti i colori responsabili dell’affondamento del mio paese. Non sopporto il voler ficcare il naso a tutti i costi nella vita degli altri, il ciattellare su tutto e tutti, il lamentarsi senza sosta, l’urlare senza ragione.

Dell’Australia amo il paesaggio, la luce, gli animali, il sistema organizzativo impeccabile, la macchina statale che ha i suoi difetti ma cammina, l’intransigenza contro chi non rispetta le regole, la severità con cui le leggi, anche le più banali, vengono applicate e osservate, il rispetto verso il prossimo e il sostanziale menefreghismo e individualismo: in Australia hai tutto il diritto di essere invisibile, nessuno si fa i cavoli tuoi se non glielo permetti (poi ci sono le eccezioni, ma non è un paese di comari come il nostro). Dell’Australia non sopporto l’eccessivo alcolismo, l’eccessiva importanza/ossessione che viene data al cibo ( e che un po’ mi ha contagiato

:-D
) e all’aspetto fisico, all’essere e all’appairre. Non sopporto la superficialità dei valori (non sono radicati come da noi) e l’eccessiva superficialità nei rapporti interperosnali (tanti sorrisi e poca sostanza, almeno per quello che ho visto io, poi certo ci sono le eccezioni). Gli australiani sono un popolo giovane, per certi versi acerbo, in cerca di una personalità e identità proprie….vive di emulazione nei confronti dell’Inghilterra ma ancora di più degli Stati Uniti. E’ un bellissimo contenitore, ben organizzato…ma forse ancora un po’ vuoto. Il tempo e le genti che lo frequenteranno riempiranno quel vuoto, sicuramente. Ma oggi è così. O almeno così l’ho vissuto io.

Pero’ c’è una cosa, una cosa che mi manca da morire, una cosa che l’Italia non avrà mai e che non potrà mai darmi. Una cosa che trovero’ solo in Australia, finchè quel bellissimo contenitore rimarrà così, mezzo vuoto, sospeso tra il selvaggio e la civiltà moderna.

Il senso di libertà e leggerezza che provavo ogni giorno, ogni ora, ogni minuto.

Una sensazione che non so se riesco descrivervi.

Camminavo per la strada, guardavo le vetrine, mangiavo un panino al parco, passeggiavo all’Harbour Bridge all’una di notte, da sola: sempre sollevata da terra, sempre in preda a quella sensazione di appagamento totale. Ogni boccata d’aria riempiva polmoni e cuore, ogni passo era sospeso. Mi sentivo parte di un altro mondo, di un’altra dimensione. Leggera, come l’aria. Perchè’ la giovane e acerba Australia, dove tutto è ancora in divenire, dove tutto deve ancora maturare, dove lo stress ancora non ha attecchito nella società, dove ogni politico, nonostante tutti gli sforzi, risulta malizioso come un bambino e i poliziotti di quartiere si prendono così sul serio che ti domandi se siano vigili o forze dell’esercito…e ti danno un senso di sicurezza che nessun militare italiano mi ha mai dato…dove gli autisti dei bus ti salutano anche alle quattro del mattino e ti fanno un sorriso pure se stanno morendo dal sonno…dove ti senti sicura sul treno anche nel bel mezzo della notte e passeggi nel centro della città come se fosse giorno…ecco tutto questo è quel senso di libertà. Tutto questo è causa di quella bellissima sensazione.

E’ come se l’ondata di violenza, insicurezza, precarità e stress del mondo occidentale in Australia non fosse ancora arrivata. Lo Tsunami della civiltà modernizzata ancora non si è abbattuto dall’altra parte del mondo.

Vorrei provare anche qui quella sensazione. Ma è impossibile. Siamo pervasi dal senso di insicurezza, quasi ci culliamo ormai nella dimensione della precarietà e nella crisi perpetua come se fossero mali  irrinunciabili e inevitabili.

Non siamo più capaci di apprezzare le piccole cose, guardiamo sempre e solo quello che non va. Con buona pace di quel senso di libertà e leggerezza che invece ci farebbe assaporare meglio la vita. Gli australiani invece godono immensamente di quello che hanno: per loro il massimo della vita è finire di lavorare il venerdì sera, andare al pub con gli amici per fare serata, svegliarsi il sabato mattina, fare colazione al baretto sotto casa, una passeggiata, magari un film e poi un bel brunch alla domenica in famiglia o con gli amici. Lo potremmo fare anche noi, se volessimo. Fare queste cose non costa poi così tanto, ma noi vogliamo di più e non siamo mai contenti. Loro si accontentano della passeggiata al mare o del caffè con gli amici. Godono immensamente di queste piccole cose. Sulle loro facce, a parte quando lavorano ma neanche troppo, non vedi stress. Vedi serenità.

Io ero serena, io camminavo a un metro da terra ogni giorno, fino all’ultimo giorno. E non facevo niente di che. Lavoravo come cameriera, studiavo, poi andavo a casa, cucinavo, mi guardavo un film o andavo al cinema. Da sola. Qualche volta uscivo con gli amici ma il più delle volte ero sola. E stavo bene. Ero serena come non mai.

Poi altri elementi hanno concorso affinchè io decidessi di tornare. Fare la cameriera tutta la vita non era per me, avrei voluto trovare un lavoro più consono agli studi e alle esperienze che avevo fatto. Avrei voluto trovarmi un ragazzo ma in Australia, per i motivi che ho spiegato all’inizio del post, non mi trovavo molto bene con i ragazzi. Valori e mentalità troppo diversi. E poi, come vi ho già raccontato tante volte, mi mancava troppo la mia famiglia.

Così sono tornata. E nella tanto criticata e maledetta Italia ho trovato quello che nella tanto decantata Australia non ho trovato: il lavoro e l’amore.

Quindi, come ho già detto più volte, il paese ideale non esiste. E puo’ capitare di realizzare i propri sogni nel posto che meno ti aspetteresti, in quel posto da dove sei scappato.

Io ora sto bene qui. Benissimo direi. Ma ogni tanto con la mente torno per le strade di Sydney, a George street, a Pyrmont, mi ritrovo a passeggiare a Darling Harbour a fissare quei bellissimi gabbiani così puliti da sembrare finti, a fissare l’Opera House e l’eleganza e sobrietà con cui si affaccia sulla baia di Sydney, mi ritrovo a mettere i piedi nell’oceano che lambisce Bondi Beach e provo a ricordarmi il sapore del caffelatte alla soia che così buono l’ho bevuto solo in Australia.

Mi sforzo di ricordare la sensazione di libertà e leggerezza che mi dava tutto quello…ma appena la sento, mi ridesto. Mi fa venire i brividi, mi fa venire le lacrime perchè mi manca da morire e perchè  non riesco più a provarla.

Spero che quello Tsunami di stress e insicurezza che si è abbattuto sul resto del mondo risparmi l’Australia.

Perchè anche solo il pensiero che esista un’isola così felice mi fa stare meglio e mi aiuta a non mollare.

E soprattutto, pensare a quelle facce aussie così serene davanti a un semplice caffè in un semplice bar,  mi fa pensare che basta veramente poco per vivere sereni, in ogni parte del mondo.


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