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Capire chi sono come scrittore

Da Marcofre

chi sono come scrittore

Uno dei motivi che dovrebbero indurre uno scrittore esordiente a guardare alla propria creatura letteraria attraverso le parole chiave, è capire cosa è finito sulla sua pagina senza che lui se ne rendesse conto.

Succede: c’è una motivazione forte che spinge a scrivere quella storia; eppure accade invece che vi si inserisca dell’altro.

Sappiamo dunque di avere una serie di parole chiave, dei concetti che ricorrono per tutta l’opera, e che come un filo rosso legano i diversi racconti (inutile dire che la cavia sono i miei 13 racconti). E adesso che farci? La birra?

In realtà già questo è un utile esercizio per capire chi siamo. Immagino che se da un tale esercizio non salta fuori qualcosa di sorprendente, probabilmente niente è sorprendente (benché sia pericoloso emettere sentenze su ciò che si ignora. Conosco il risultato dei miei racconti, non posso conoscere anche il tuo).

Ricorda che Dante Alighieri non viene letto perché “è vecchio”: ma perché dice cose che nemmeno lui sapeva di dire. Ha prodotto qualcosa migliore di lui. Questo non significa affatto che io, o tu, siamo suoi colleghi; ma uno scrittore discreto, un bravo artigiano della parola, come vorrei essere, dovrebbe sorprendere se stesso. Altrimenti sarà difficile che riesca a sorprendere i lettori.

Un certo numero di parole chiave (un limitato numero, però), può essere utilizzato per imbastire una descrizione capace di esprimere meglio quello che il libro racconta.

Qui siamo al nocciolo della questione, forse.
Vai su uno qualunque dei negozi online: UltimaBooks, Bookrepublic, Amazon, e getta un’occhiata alla descrizione di ebook di autori esordienti.

Non trovi che siano tutte abbastanza simili? Cosa comunicano?

Dopo aver letto quelle frasi, hai la sensazione di avere a che fare con una promessa? Perché un marchio (e un autore quello è: un marchio) o è una promessa, oppure è aria. Solo questo ti può aiutare a emergere, anche se non può essere il solo elemento.

Questo errore accade perché ci chiniamo su quello che abbiamo scritto e diciamo: “Bene, dobbiamo solo fare una specie di sunto della storia, e proporla al lettore”. Convinti come siamo che “Il lettore capirà”.
Be’, no: il lettore vuole leggere una storia, innanzitutto.


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