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Cavie

Creato il 04 aprile 2012 da Narratore @Narratore74

Cavie Leggere questo libro è stata un'impresa non da poco.
Ammetto, e questo è palesemente un outing coi fiocchi, che non avevo mai letto nulla di Chuck Palahniuk, ma dopo questo primo impatto, molto forte, mi sa che con questo autore avrò un rapporto molto conflittuale. Già, perché da un lato la sua capacità narrativa, il suo stile, la sua verve, è innegabile, limpida come l'acqua di un lago di montagna. Ma dall'altro lato c'è la sua irriverenza, la sua voglia di provocare e sconvolgere che in più di un passaggio mi ha disturbato, e non sempre in maniera positiva.
Ma andiamo per ordine. Cavie è un romanzo camuffato da antologia di racconti. O anche il contrario, se volete. Cavie Il succo della trama e questo: un gruppo di scrittori, invogliati da un annuncio che prometteva tre mesi di tranquillità in un contesto che avrebbe fatto nascere la creatività sopita nelle loro menti e stimolato la possibilità di scrivere il capolavoro per eccellenza, quel successo che li avrebbe consacrati alla storia com'era accaduto per Mary Shelley, Bram stoker e altri, si ritrovano loro malgrado insieme, in una situazione mentale quasi onirica. Questo il punto focale, lo snodo in cui si sviluppa il libro vero e proprio, cioè una sequela di racconti narrati dai vari personaggi durante il loro prolungato isolamento. Ed è qui che scattano le peggio storie che abbia mai letto, e non parlo di come sono scritte ma di ciò che raccontano! Sulla cover è stampato questo trafiletto: Chuck Palahniuk è come un polpo, vi afferra, vi trascina in un buco profondo. Lasciatelo stare se avete lo stomaco debole. Sottovalutare questo avvertimento costa caro, sappiatelo. Cavie La durezza dei racconti è solida, granitica, come una salva di missili contro un cespuglio incapace di difendersi, lasciano storditi, deboli, inermi, alle prese con le nostre paure e i nostri demoni. Chuck non parla di mostri immaginari, di situazioni da filmetto di serie z, assolutamente. Lui ci schiaffa in faccia le verità del mondo, orrori talmente quotidiani da sembrare fatti di cronaca, a volte talmente realistici che si fa fatica a non leggerli provando un misto di risentimento. Ragazzini alle prese con un autoerotismo ai limiti, donne che perdono ogni barlume di lucidità di fronte alla promessa di una visione reale, scene di follia lucida e un perpetrare di atti talmente violenti da far rabbrividire.
I personaggi, qui, vengono messi a nudo, privati di quella copertura naturale che si crea nel vivere a contatto con gli altri, nel dover sottostare a leggi morali che rinchiudono lo spirito e non gli permettono di evolversi alla maniera che vuole. Beh, leggendo questo libro vi renderete conto di quanto pericolosa può essere la libertà dell'animo, la spregiudicatezza che si nasconde dietro i desideri più nascosti.
Siamo tutti mostri?
Una bella domanda, che però non ha una risposta onesta, schietta, non esiste l'elisir che permette a noi di vivere come vogliamo nell'illusione di sapere cosa sia giusto fare. Abbiamo delle scelte, delle possibilità da cui pescare e se peschiamo male... 
Ecco, questo è Cavie, e molto altro, quindi se vi dico di non prenderlo alla leggere fidatevi! Il contesto attorno ai racconti, alla fin fine, risulta blando, una misera scusa per scagliarci addosso un racconto dopo l'altro, una cattiveria che segue quella precedente senza alcun modo di riprendersi, di sollevare lo sguardo e dire "beh, stavolta non è così male". No, è sempre male, sempre, e quando ce ne accorgiamo è ormai troppo tardi. Siamo vittime della sua penna, della violenza delle sue parole, e non possiamo farne a meno, anche se questo ci fa male, ci disturba e ci fa sentire deboli.
Che poi è lo stesso stato d'animo dei protagonisti: mai chiamati con il loro vero nome, mai messi di fronte a quello che erano prima (quello ce lo raccontano loro con immense parabole e giri di parole). Portano avanti un progetto personale, segreto, senza accorgersi che in realtà è il progetto di tutti, lo scopo a cui ambisce l'essere umano e che si prefigge di raggiungere anche a costo di sofferenze inutile e pragmatiche. Siamo davanti all'assurdo e finiamo per chiederci se quell'assurdo non siamo noi stessi... Cavie Come ho detto, mi ci è voluto tempo per leggere questo libro, per somatizzarlo e farlo mio, al punto che non so se ci sono riuscito davvero. quello che posso dire è che non è un brutto libro, è un bel libro che racconta cosa molto brutte, in un modo diretto, spietato, come se Palahniuk volesse davvero ferirci e lasciarci a sanguinare senza possibilità di salvezza. Una cosa che non ho gradito è la volontà palese di provocare: provocare un sistema, una civiltà, un modo di vivere. Sempre, comunque e senza alcuna remora. Mi va bene la provocazione, l'accetto e ci sguazzo, ma in questo caso è forse un pò troppa.
Mi piace vedere scene che denunciano un sistema, un'ideologia, che minano le basi di una società mettendone a nudo i difetti e le bugie più radicate, ma qui siamo ben oltre.
Qui aleggia lo spirito di qualcosa molto arrabbiato (o molto furbo...) e difficilmente se ne esce puliti.
Come dice l'immagine qui sopra, la differenza fra il suicidio e il martirio sta solo nella copertura mediatica. Frase importante, che racchiude il senso di tutto il libro: cosa siamo disposti a fare per quel famoso quarto d'ora di gloria? E se fosse mezz'ora, o una vita intera, o la memoria incancellabile di noi stessi?
A che prezzo si guadagna tutto questo?
Rimane il fatto che Cavie merita di essere letto, anche se con le dovute precauzioni, anche per chi crede di aver letto tutto. Io ho deciso che d'ora in poi, i suoi libri, li prenderò con le pinze. Scottato una volta imparo, come gli animali, che poi è quello che cerca di farci capire con questo libro: siamo tutti animali, ci comportiamo da tali e da tali moriremo. Punto. Oscar Mondadori - ISBN 9788804561514 - 10,00 €

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