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Cedolare secca quale convenienza alla luce delle nuove normative

Da Maurizio Picinali @blogagenzie

Aliquota ridotta - Lo scenario degli affitti è ancora cambiato a seguito dell’ultima correzione dettata con il decreto sull’Imu (D.L. 102/2013, articolo 4), che ha ridotto dal 19 al 15% l’aliquota della cedolare secca sulle locazioni a canone concordato, lasciando al 21% quella sugli affitti liberi. Il taglio della cedolare si applica già dal 2013 e si abbina al rincaro della tassazione Irpef, entrato in vigore dal 1° gennaio scorso.Cedolare secca quale convenienza alla luce delle nuove normative
I Vantaggi della Cedolare - Per i canoni convenzionati, fino al 2012, la cedolare era mediamente conveniente a partire dal terzo scaglione Irpef in poi, da quest’anno invece, è favorevole (ma di poco) fin dal primo scaglione Irpef, quindi per tutti i proprietari. Per gli affitti liberi invece, la tassa piatta era già insuperabile fin dal primo scaglione Irpef e l’incremento del prelievo ordinario entrato in funzione nel 2013 ha solo dilatato la forbice.
Inflazione e detrazioni fiscali – Sono due le variabili che potrebbero far pendere la bilancia a favore della tassazione ordinaria: l’inflazione e le detrazioni fiscali. Chi opta per la cedolare deve rinunciare all’adeguamento Istat del canone, e un aumento del carovita potrebbe intaccare il guadagno netto del proprietario, ma è un’incognita che ai livelli attuali si pone solamente dopo l’eventuale rinnovo del contratto, cioè dal quinto anno per gli affitti liberi e dal quarto per i concordati. Tuttavia l’opzione per la cedolare è revocabile con una dichiarazione in carta libera alle Entrate (o con il modello 69).
L’altra variabile è data dalla presenza di detrazioni fiscali, che potrebbero andare perse se si possiedono redditi molto bassi o se si è nella disponibilità solamente di redditi di locazione. Le detrazioni infatti possono essere “sottratte” dall’Irpef lorda, ma non dalla cedolare, che è una imposta sostitutiva.

Affitto libero o concordato - Appurato che la cedolare conviene quasi sempre, chi deve stipulare un nuovo contratto si può domandare se sia più vantaggioso l’affitto libero o quello concordato, non tralasciando il fatto che il canone convenzionato è più basso di quello di mercato. Nonostante il taglio della cedolare secca, il canale convenzionato appare fiscalmente vantaggioso solo per quei canoni che si avvicinano a quelli di mercato anche perché, con l’arrivo dell’Imu, sono state azzerate le vecchie agevolazioni Ici. In generale, il pacchetto di incentivi fiscali oggi non basta a invogliare i proprietari ad affittare le proprie case a un prezzo “politico”. Le ragioni per scegliere il concordato dovranno essere cercate in situazioni particolari a livello individuale o territoriale.

Effetto sui canoni concordati - La riduzione della cedolare secca sui canoni concordati definisce, anche per gli affitti d’importo più elevato, una differenza d’imposta esigua in valore assoluto. L’effetto certo della riduzione d’aliquota è il risparmio fiscale di cui beneficeranno i pochi proprietari degli immobili i cui canoni concordati sono già ora tassati con la cedolare secca, e in generale è difficile presumere come lo sconto inciderà sulle convenienze e sulle decisioni dei proprietari e che spinta potrà dare alla crescita del segmento del canone concordato, il quale, è utile rammentare, può essere applicato solo nelle città “ad alta tensione abitativa”.

Il livello del canone – Essendo il frutto della negoziazione tra i rappresentanti delle associazioni degli inquilini e quelle dei proprietari, i canoni concordati sono più bassi di quelli di mercato praticati nelle singole zone alle quali si riferiscono. I loro livelli rispecchiano i contesti locali del mercato dell’affitto, i rapporti di forza tra le organizzazioni di categoria che li negoziano e le politiche comunali relative alle imposte patrimoniali sulle seconde case.
Quando era ancora in vigore l’ICI, molti Comuni avevano ridotto (o anche azzerato in qualche caso) in misura rilevante l’aliquota applicata alle abitazioni affittate a canone concordato. Con l’avvento dell’Imu nel 2012, il prelievo minimo sulle case affittate non poteva scendere sotto lo 0,4% ed è stato quasi sempre fissato a un livello più alto dai Comuni, anche perché vi era la quota fissa dello 0,38% riservata allo Stato.
Con la riattribuzione dell’intero gettito Imu sulle abitazioni ai Comuni, i sindaci potranno decidere con maggiore flessibilità, salvo naturalmente l’esigenza di far tornare i conti. In definitiva sono molteplici i fattori che concorrono alla decisione dei proprietari e con riferimento ai canoni concordati non sembra essere determinante la riduzione del 4% dell’aliquota della cedolare secca.da mediareoggi.it ottobre 2013


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