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Qualcuno l'ha visto in diretta, altri l'hanno raccolto dai rimbalzi dei blog e di Youtube. E' un momento topico di una puntata di "L'eredità", quiz della Rai, nella quale quattro signori decisamente non più adolescenti dovevano rispondere a una domanda: "In che anno Adolf Hitler venne nominato cancelliere?". Come da regolamento avevano a disposizione quattro possibilità: 1933, 1948, 1964, 1979. La prima fanciulla risponde "1948". Il secondo, una specie di caricatura palestrata di Bettarini, dice "1964" (e si stupisce come un matto quando gli si dice che la risposta è errata). La terza, con un sorriso da "io sì che la so lunga". Risponde "1979". Alla quarta non resta che rispondere "1933", e a tutti noi resta il dubbio: ma cosa avrebbe risposto se fosse stata la prima? Poco dopo, altra domanda: "In che anno Mussolini ricevette Ezra Pound a Palazzo Venezia?". E tra le quattro possibilità la prima fanciulla insiste dicendo "1964", facendo addirittura scandalizzare Carlo Conti che certo non è noto per essere un fine intellettuale. Ora: io capisco che è fin troppo facile fare analisi sociologiche a partire da una trasmissione televisiva, ma non posso fare a meno di domandarmi dove sia finito il nostro Paese, soprattutto perché mi è venuto subito in mente l'esempio del manager milionario che anni fa, in un corso di formazione per quadri aziendali, disse che Napoleone aveva vinto (sì, vinto) a Waterloo perché aveva saputo usare chiarezza di obiettivi, determinazione e coraggio. Naturalmente molti diranno che la colpe è della scuola, anche se questi signori dell'Eredità dalla scuola sembrano essere usciti da qualche anno. Ma la situazione è più grave: la superficialità, la politica ridotta a slogan o a scontri da curva sud sui vari social network, gli striscioni dei manifestanti che riportano banalità assolute ("tutti a casa" "io amo il mio paese" "politici ladri" manca solo "una volta i treni arrivavano in orario"), la cultura considerata come qualcosa di inutile, tutto questo sembra diventato patrimonio comune e trasversale delle forze politiche e sociali del nostro Paese. Una volta il PCI organizzava la scuola di politica: oggi si viaggia ad "hashtag" e a "tweet". Soprattutto in campo politico, ogni volta che si cerca di approfondire qualche argomento, di porsi in maniera critica, di fare domande scomode, ci si sente rispondere che non c'è tempo, che occorre "FARE", che non è più tempo per le ideologie (sostituire da cosa? Da Facebook?) che queste sono cose da intellettuali che non hanno mai lavorato un giorno in vita loro. Ma la domanda è: possono i cittadini di una nazione che ignorano del tutto le radici storiche del loro Paese (senza parlare della grammatica, della matematica, delle scienze) scegliere in modo consapevole il loro futuro, contribuire a progettare efficaci azioni politiche, insomma fare parte di quel "popolo" al quale appartiene la sovranità secondo il primo articolo della Costituzione? Probabilmente no. La speranza è che accada qualcosa che smuova le coscienze. Come quando Alessandro Magno, in un incontro con De Gaulle, nella Firenze del XV secolo, chiese a Socrate di dipingere la Gioconda: solo che poi arrivarono le Brigate Rosse a uccidere lo zar (un pomeriggio a Dallas) e tutto andò a catafascio.
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