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Chi sostiene il gender ha paura della diversità

Creato il 16 agosto 2013 da Uccronline

GenderLe leggi italiane parlano di uomo e donna, di sesso femminile e maschile, il termine “genere” deriva invece dalla Teoria del Gender che ha l’obiettivo di corrompere le menti, convincendo i più sprovveduti che la differenza “uomini” e “donne” è finta, è una costruzione sociale e non deriva affatto dall’essere nati come maschi e femmine.

Il “genere” è un termine appositamente aperto e fluido per farci rientrare tutto, il sesso stabile e quello mutevole, il sesso A e quello B, la transessualità, la bipolarità e i cambi di sesso a carico del SSN. Tra poco sostituirà il “sesso” anche sulle nostre carte d’identità e ognuno potrà scrivere quello che gli pare avendo a disposizione ben 11 scelte, anche se -secondo la Australian human rights commission- i generi sarebbero invece 23: uomini, donne, omosessuali, bisessuali, transgender, trans, transessuali, intersex, androgini, agender, crossdresser, drag king, drag queen, genderfluid, genderqueer, intergender, neutrois, pansessuali, pan gender, third gender, third sex, sistergirl e brotherboy.

La parola “genere” è stata pensata fin dall’inizio (anni ’80) come «negazione di ogni differenza tra gli uomini e le donne», c’è «la filosofia marxista alla base del loro pensiero: il perseguimento dell’uguaglianza di genere come forma della lotta di classe». Lo ha spiegato la scrittrice statunitense Dale O’Leary, la prima ad usare il concetto di “Agenda di genere” e tra le più grandi esperte del movimento femminista, aggiungendo che «l’obiettivo, dal punto di vista filosofico, è la rivoluzione sessuale come lotta di classe. Vi è poi il tentativo, spesso riuscito, di occupare posizioni di potere» (vedi amministrazione Obama) con lo scopo di «riscrivere le leggi sui diritti umani utilizzando un linguaggio che le renda funzionali alla promozione dell’agenda di genere: la separazione del genere come ruolo socialmente costruito dal sesso biologico; l’ampliamento dei diritti umani per includere i diritti sessuali e riproduttivi; l’eliminazione del disturbo dell’identità di genere dall’elenco dei disturbi psicologici; includere nelle leggi antidiscriminazione la tutela dell’orientamento sessuale e dell’identità e manifestazione di genere; favorire il ricorso alla chirurgia di “cambiamento di sesso”».

Marcello Tempesta, docente di Pedagogia generale nell’Università del Salento, ha affermato: «nel processo di crescita armonica della persona un rilievo decisivo ha (sempre, ma soprattutto nel nostro tempo) quella componente del nostro essere in cui si rivela il suo strutturale essere in relazione: l’identità-differenza sessuale. Si tratta di una realtà oggi “terremotata”, messa pesantemente in discussione da un mainstream sempre più diffuso, che sta facendo artatamente diventare sensibilità corrente e senso comune ufficiale (come dimostrano fiction e canzoni, dichiarazioni di star hollywoodiane e di celebrati maîtres à penser) la filosofia del Gender: l’identità sessuale non sarebbe una datità originaria ma una mera costruzione socio-culturale e soprattutto una scelta individuale, aperta al passing identitario tra le cinque configurazioni sessuali che, secondo alcuni documenti di altissime istituzioni sovranazionali, avrebbero oramai sostituito le tradizionali due, retaggio di un remoto passato. Una certa esaltazione della differenza non pratica e promuove piuttosto l’in-differenza, alludendo ad un umano androgino oppure opponendo radicalmente il maschile e il femminile? Mentre si esalta la differenza, in fondo la si teme e la si nega».

Claudio Gentili, ordinario presso l’Università degli studi di Firenze, ha spiegato: «La bussola si è completamente smarrita. La distinzione tra diritti e capricci è diventata sempre più labile. Oltre alla negazione della differenza sessuale come generativa di una nuova famiglia, la diffusione della cultura gender nel dibattito politico e sociale sta portando ad una vera e propria moltiplicazione dei generi». Sono i risultati della modernità liquida che ha abbattuto il maschile e il femminile, ha abbattuto la solidità della trasmissione della vita: «si tratta di una grande opera di inquinamento, mascherata con la difesa dei diritti e la lotta contro le discriminazioni. Con la scusa dell’allargamento delle garanzie per prevenire il pericolo omofobia, ci si dirige verso una destrutturazione delle fondamenta su cui è costruita la famiglia umana. L’indifferenza di genere vista come nuova frontiera della colonizzazione consumistica».

La prestigiosa filosofa francese Sylviane Agacinski, fondatrice del Collège international de philosophie e docente presso l’École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi, ha scritto un memorabile saggio, “La metamorfosi della differenza sessuale”, in cui ha evidenziato addirittura che oggi diversi esponenti della cultura transessuale stanno cominciando a mettere in dubbio anche la differenza sessuale maschio/femmina, accusando anch’essa di essere una creazione della società.

Giuseppe Bonvegna, ricercatore in Storia della filosofia nell’Università Cattolica di Milano, è a sua volta intervenuto recentemente accusando «il bigottismo fintamente moderno dei cantori dell’ideologia del gender» di «considerare l’attività sessuale come un qualcosa di non umano, paradossalmente proprio per un eccesso di arbitrio “umano”: sostenere, infatti, (come fa la “gender theory”) una non dipendenza dell’elaborazione dell’identità sessuale dal possesso reale di determinati organi sessuali significa sostenere che il corpo non è più un riferimento e una “pietra d’inciampo” reale da cui dipende la complessa “sessuazione” degli individui, e si può pensare di trattarlo in modo del tutto arbitrario come un mero oggetto di consumo». Si tratta, ha continuato Bonvegna, «di un materialismo finto e contraddittorio, portato avanti con le armi mediatiche di una posizione culturale (il relativismo) che si propone come tollerante, ma la cui origine è tutt’altro che “di larghe vedute”, in quanto, come quella dello stesso materialismo, risiede nella pretesa di certa ragione moderna di stabilire cosa è reale e cosa non lo è». Il riduzionismo materialista (è reale solo la materia) e poi quello idealista (è reale solo il pensiero), «nati entrambi da un’idea di libertà ridotta ad arbitrio assoluto, rappresentato il presupposto affinché quel riduzionismo potesse dar vita all’ideologia del gender, la quale, non a caso, condivide con materialismo e idealismo l’incapacità di tenere conto della vera natura del corpo umano vivente».

Come ha spiegato infine su “Le Monde” Michel Raymond, direttore di ricerca al CNRS e specializzato in biologia evolutiva presso l’Istituto di Scienze dell’evoluzione di Montpellier, «nel mondo vivente, maschi e femmine differiscono sempre biologicamente, tra cui alcuni dei loro comportamenti, perché ognuno ha un modo specifico di comportarsi. Quale forza misteriosa avrebbe cancellato le differenze nelle nostre specie? Infatti, quando cerchiamo di studiarli, ci dimostrano che già al momento della nascita – e quindi prima di qualsiasi influenza sociale – ragazze e ragazzi non hanno lo stesso comportamento». Per questo «la fiction attualmente di moda che vuole le differenze genetiche tra gruppi umani prossime allo zero è scientificamente infondata, come lo è il concetto di razza. L’antagonismo tra natura e cultura, è insostenibile».

La redazione


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