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Christian Bouthémy ♦ Il treno di Szombathely

Creato il 21 maggio 2015 da Vsgaudio @vuessegaudio
Christian Bouthémy ♦ Il treno di Szombathely
 Szombathely New York Express 
   Tra le stele verticali che arricchiscono l’intreccio delle edere, circolavano i rumori di ferro della stazione divisoria. Si sarebbe creduto di camminare nel cuore di un vestigio, quello di una risaia prosciugata in permanenza dal canto degli uomini.   Il freddo era là preciso per indurire la tonalità.   Ci ripensai all’angolo di una via, quando scorsi al di là del bidone e del casellario per giornali, le stesse stele, ma mute in questo triangolo orfano, che si sforzavano molto contro altre immense, libere dai soggiorni quotidiani degli uomini. La pioggerella scacciava dalla sua densa noia il chiarore ottuso del freddo.   La camera dell’hotel aveva la piccolezza richiesta per obbligare a riprendere il cammino.   Sulla chiave rimanevano per altri i suoi punti cardinali 4-E-1.   L’ultimo dopo il treno.
*
Nessun treno qui. O là. Altrove.L’alcol diventa lo staccato del tremitoPerché bisogna tremare. La terra tremaqui sotto ai miei piedi. Il blu è figura della paura.I cimiteri sono parsimoniosi. Non ci sonogatti. A Szombathely sotto la neve non più.I fiori a New York sono recisi qui. Iltreno non vi è per niente, non esiste più.Ho camminato sulle traversine come sullamia vita, di traverso più del legnoimpassibile, il suo disprezzo durerà fino al ruoloche il brulotto stimola. Si può fermareil fuoco fino al suo impiego. Nessun treno qui,tranne il rumore del silenzio, sempre,un po' di neve per accompagnare la cadutadel blu. Qui i vagoni sono immobili,intirizziti sotto al sole d’inverno. Qui l’ederanon rinchiude che il ricordo, come un beccodilatato si crede padrone del tempo.Nessun treno qui, mai più; il papagalloè capostazione. L’alcolnon trema più, la sua giornata è compiuta.
E questo treno invisibile attraversain proprio l’ufficio e le gridaallora, la terra trema di essaE io sono stanco, sicuro...
Christian Bouthémy ♦ Il treno di Szombathely
*
Niente è grave quando l’ora è superata. L’ultimo vagone è quello che si attarda per la televisione. Il gesto di solitudine diventa il dire dell’abbandono.Partire è l’esercizio usuale.Non si spostano di più le tombe della traccia del corpo là dove è caduto.
L’edera, fuori, prendeil tempo della mancanzae spoglia la speranzadalla sua sorda volontàil muro esploso di sole
Il treno, la sua scomparsa   istradata,il fumo solo si accorda.L’odore quando i tuoi talloni   sulla scalasuonano la stessa ora
*
Un disastro, la mano tagliata per esempio forata per l’uso, - il contorno della mano da allora preparato - palma - le dita fanno soliloqui una memoria tessuta, il cerchio evita nel porto del cerchio - la pianura curva per noia della pianura - il riflesso del parrucchiere - il rasoio taglia giusto; una barba al contrario ridotta all’ombra del fumo di qualche carne - il disastro,il pappagallo turco che ripete in francese, - canzonatura involontaria, le ali tagliate sbattono - il suolo ripete il rumore, non sopportando più il sangue, rosso collegato.
Lui rimise la pendola all’ora, io presi il tempo di leggere che fu senza successo.
Sotto al freddo qualche erba giura di immobilizzare, inavvertitamente, un vagone smobilitato.
*
Szombathelycon il tempo freddo   di me la nottel’età è dopo   le labbra si raggrizisconoil sorriso sdentato   suonano le quattroDomani il cieco   sorriderà
*
Le poche ore. Ad ogni angolo il sole invecchia.l’ombra segue, urtata appena.Il tombino segna la pagina.Poi girare a destraall’angolo  drittola lampadina del lampione è bruciata.Senza luci l’eco del T.G.V.la piccola croce di mezzanotte.Che cosa diventano le rotaiedopo di loro
Che si lascino   non dimenticheranno i due solil’orfano cammina   lentamente e l’erba schiacciatagli ricorda, esaurendo il suo cammino,   che un passante è stanco
   Mi alzai, la scala non era mai servita. Il muro probabilmente per il dialogo immutabile, è un contro a sé stessi che si raccontino ancora per stare.   Uscito dalla pioggia e dagli schiaffi silenziosi della montagna, su questo tentativo di strada autorizzata dalla memoria delle pietre, esse spinte ma tignose, arringando il tempo e la sua speranza- : Il Vostro spostamento è il mio piacere di vedervi intimare, voi là spostata io so di voi il contrario e l’incapacità - un vagone ridipinto, tranquillo, stationava tra due donne che non avevano la stessa età.   La birra Kasbegi non aveva il colore della pioggia dall’altro lato del finestrino di cui tirai la tenda. Il vagone legava altri malintesi allorché io sapevo, qualche ora dopo, il muro cedeva sempre, appena affaticato all’impresa della scala. Mi ero sforzato a dieci chilometri da Vladikavkaz.
 from è Christian Bouthémy  □ Scorciatoie 

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