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Cinema - "E' arrivata mia figlia" - Recensione di Angela Laugier

Creato il 28 giugno 2015 da Tafanus

Mia-figliaRecensione del film "E’ ARRIVATA MIA FIGLIA" (di Angela Laugier)

Titolo originale: Que horas ela volta

Regia: Anna Muylaert

Principali interpreti: Regina Case, Michel Joelsas, Camila Márdila, Karine Teles, Lourenço Mutarelli – 114 min. – Brasile 2015.

E’ noto che libertà e uguaglianza non sempre vanno d’accordo, e che, anche negli stati democratici meglio organizzati, con difficoltà si conciliano i principi della libertà individuale con quelli della giustizia, in modo da garantire almeno pari opportunità a tutti i cittadini.

E’ evidente anche ai nostri giorni che le differenze di classe sono una realtà e non il parto delle malsane elucubrazioni di Karl Marx e di Friedrich Engels, così come è altrettanto evidente che le ingiustizie nella distribuzione del reddito, nelle società più avanzate di oggi, stridono con i fondamenti stessi della democrazia e producono tensioni e mutamenti profondi, talvolta drammatici, nelle abitudini e nei comportamenti collettivi. Nel film della regista Anna Muylaert, che descrive il Brasile democratico di Lula e dei suoi successori come un paese in rapidissima espansione economica, l’argomento è affrontato analizzando gli sconquassi sociali provocati nell’organizzazione delle famiglie dallo sviluppo impetuoso dell’economia, che mette in discussione persino il più elementare dei sentimenti, l’amore materno. Le sole donne che, nella società brasiliana della competizione e del “progresso”, sembrano in grado di dare ai bambini l’affetto incondizionato di cui hanno bisogno per crescere, infatti, sono le “tate”, immigrate dal nord povero del paese, chiamate a rimpiazzare le madri vere, troppo indaffarate e in carriera per poter badare ai loro piccoli. Lo spostamento delle tate verso le grandi città, dove la loro opera è indispensabile, non è stato indolore: per lo più esse hanno lasciato i propri figli per occuparsi di quelli altrui, e per inviare ai luoghi d’origine quel denaro necessario a farli studiare e a garantire loro un futuro meno povero.

Può accadere, però, come ci racconta questo film ambientato a San Paulo, che una fedele tata di nome Val (Regina Case), che si è allevata un bambino non suo, Fabinho (Michel Joelsas), accontentandosi della modestissima sistemazione nella stanza più piccola e malandata della grande casa padronale, venga raggiunta dalla figlia Jessica (Camila Márdila) che non vede da dieci anni e che ora è diventata una bella ragazza, intelligente e acculturata, che a San Paulo si accinge a sostenere l’esame per l’ ammissione alla facoltà di Architettura. Il suo arrivo sconvolge  profondamente l’equilibrio dell’intera famiglia, perché le stesse cose che erano state imposte dai padroni di casa e accettate come del tutto naturali da Val sono incomprensibili alla giovane per la quale non è affatto naturale che la bellissima e vuota stanza degli ospiti non possa servire a lei, costretta a dividere con la madre la stanzuccia in cui non ha spazio per studiare, né è naturale che non possa mangiare alla stessa tavola dei padroni, né che non possa servirsi del gelato di Fabinho, che è diverso da quello della servitù, né le pare giusto che le sia vietato, in primo luogo dalla madre, l’uso della piscina in quella casa lussuosa. Jessica, rivendicando il diritto a essere accolta con l’amicizia e con la civiltà dovuta agli ospiti, difende non solo la propria dignità, ma anche quella della madre Val, da troppo tempo schiacciata e umiliata dai suoi ricchi padroni, aperti, progressisti, nonché (chi l’avrebbe mai detto?) democratici.

Attraverso questo piccolo film, che è quasi un apologo, la regista Anna Muylaert ci ricorda con grazia e leggerezza alcune verità sui rapporti di classe che da tempo il cinema ignorava, quasi che avessero perso di importanza nella interclassista corsa al benessere: ci ricorda infatti che l’ingiustizia non nasce dalla natura; che le classi sociali sopravvivono anche al crollo del comunismo; che senza il duro lavoro degli immigrati le società affluenti non potrebbero sopravvivere; che lo sfruttamento del lavoro è ingiusto e inaccettabile, e infine, che il conflitto fra le classi è necessario per riportare un po’ di giustizia fra gli uomini.

Bel film, recitato splendidamente e presentato con successo al festival di Berlino di quest’anno e al Sundance Film Festival, dove ha ottenuto rispettivamente il premio del pubblico come miglior film, e il premio speciale della giuria.

Angela Lauguer

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Scritto il 28 giugno 2015 alle 07:59 | Permalink

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