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Cinque dischi per...Le donne.

Da Farmacia Serra Genova
Iniziamo subito, cari lettori, col puntualizzare che l'otto marzo non è la Festa della Donna e non c'è granché da festeggiare, per tante ragioni. Oggi è la Giornata Internazionale della Donna, ed è ben diverso. Ma io sono qui per la musica, e non per la polemica, e dunque i cinque dischi di oggi sono dedicati alle donne.
Alle donne che non trovano il proprio spazio, a quelle che fanno fatica ad accettarsi, a quelle che piano piano capiscono di non dover dipendere da nessuno, alle donne che senza tanti strilli tengono in bilico cinque o sei ruoli diversi e vorrebbero tanto che le pari opportunità non consistessero nel pagare di meno il biglietto del cinema il lunedì sera, ma nel guadagnare semplicemente quanto un uomo, in modo tale da non doversi preoccupare di dover andare al cinema solo quando costa meno.
Lesley Gore - You don't own me

"Non dirmi cosa fare, non dirmi cosa devo dire, e per favore - quando esco con te - non mettermi in mostra perché non mi possiedi". Questo brano di Lesley Gore dimostra che le ragazze toste ci sono sempre state: come si può evincere dalla magnificente cofana bionda di Leslie, vero tempio eretto al dio della cotonatura e agli arcangeli della lacca, siamo negli anni Sessanta.
Inoltre, Lesley ha dimostrato una volta di più di non voler essere limitata né giudicata (e ha fatto benissimo): la cantante statunitense, infatti, non ha mai nascosto - pur non avendolo apertamente dichiarato fino agli anni Duemila - di essere lesbica; e - evviva l'amore! - vive con la sua compagna da ormai ventitré anni.
Tori Amos - Cornflake girl

Contrariamente a quanto si possa pensare a un primo sguardo distratto, questa non è una canzone sull'alimentazione sana, né darà un contributo a trovare la vostra naturale regolarità intestinale: spiacente, cercherò di rifarmi con cinque dischi per il bifidus, prima o poi.
Il fatto che si parli di ragazze "cornflake" e ragazze "uvetta" sta in realtà a indicare la rarità di certe donne, così come sono rari - in una scatola di cereali alla frutta - i pezzi d'uvetta rispetto ai fiocchi di mais. La canzone non è sicuramente allegra, e aleggia su tutto un senso di smarrimento, fino a intuire di un tradimento terribile: una donna che ne ferisce un'altra.
Destiny's Child - Independent Woman

Queste tre donne invece non si sono tradite né ferite tra loro, semplicemente dopo un po' il gruppo si è sciolto e ognuna è andata per la sua strada e con la propria fortuna.
Ma all'inizio di questo millennio, quando i rossetti color mattone regnavano sovrani sulle labbra di tutte, le Destiny's Child sfornavano un successo dietro l'altro. E perciò erano credibilissime come testimonial della donna indipendente raccontata in questo brano: "le scarpe che ho, la macchina che guido, la casa in cui abito le ho comprate io". Sottotitolo della canzone: "E pappappero". Però, seriamente, è bello sentirsi spronate da Beyoncé a essere indipendenti e non dico comprarsi una cabrio, ma quantomeno arrivare a fine mese con le proprie forze.
Lady Gaga - Born this way

Le opinioni su Lady Gaga sono variegate più del fiordilatte delle vaschette Carte D'Or, un arcobaleno di punti di vista che va dal peggio possibile fino all'idolatria. Sta di fatto che - piaccia o meno, sia questo fatto una verità o un'abile costruzione - Gaga è diventata da subito Paladina Del Disagio. Di ogni tipo, anche e soprattutto di quello più cupo. Il disagio della mente, del cuore, del corpo. Lady Gaga, forte del suo viso non proprio perfetto e di un corpo che muta forma in modo impressionante, dice a chi l'ascolta che nessuno è sbagliato.
Con la sua bellezza guadagnata con fatica (e photoshop, sovente), Gaga nasconde dietro un corpo di ballo sgambettante un messaggio prezioso: "Sono bellissima a modo mio, perché Dio non fa errori; sono sulla strada giusta, sono nata così". Vale anche per gli uomini, ovviamente, ma spesso sono le ragazze a sentirsi sbagliate, soprattutto quando cedono alla debolezza di dare a un uomo il potere di farle sentire tali.
John Lennon - Woman

Poco prima di morire - nel dicembre del 1980 - John Lennon incise questo brano, dedicato alla sua compagna Yoko Ono, ma anche a tutte le donne in generale: come dice lo stesso Lennon, per "l'altra metà del cielo" (parafrasando Mao Tze Tung, che disse che le donne reggono metà del cielo).
E dunque grazie, John. Mi piace pensare che ci siano ancora donne non troppo incattivite da anni di femminismo estremo (anche se definirlo estremo è pleonastico, ché ogni "ismo" è di per sé estremo, in fondo) e che riescano ad apprezzare il testo di questa canzone; ma mi piace ancor di più pensare che esistano uomini che sappiano ripeterne le parole senza svuotarle del loro significato. Ogni giorno dell'anno.

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