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Colin Firth è Giorgio VI ne “Il discorso del re”

Creato il 18 gennaio 2011 da Marinam

DiscorsodelRe

Ogni tanto mio fratello, che vive a Jena dove insegna all’università, fa il prof. anche con me e mi spedisce via mail o social network messaggi che hanno l’aria di prediche. E ha ragione. In effetti avevo preso un appunto e  poi me ne sono completamente dimenticata. Il fatto è che fra una cosa e l’altra (compreso il lancio di Cronache Anconetane) il momento è abbastanza concitato. Insomma comunque adesso rimedio e vi segnalo un film che sulla carta sembra imperdibile anche se non siete amanti delle famiglie reali. Vi basti sapere che protagonista della pellicola (e quasi sicuramente, dicono, vincitore di Oscar come già di Golden Globe) è Colin Firth il quale veste i panni, in questo caso particolarmente scomodi, di re Giorgio VI, padre dell’attuale regina d’Inghilterra.  

 Duca di York, secondogenito di re Giorgio V, Albert detto Bertie è afflitto fin dall’infanzia da una grave forma di balbuzie. Il che in fondo non sarebbe un problema grave se non fosse per l’abdicazione del fratello Edoardo VIII e l’inattesa ascesa al trono. Figlio di un padre anaffettivo e di una madre severissima, ma genitore amorevole ed amatissimo delle sue bambine, Elisabetta (futura Elisabetta II) e Margaret Rose, sposato ad una donna gentile, comprensiva ed intelligente, Bertie convive con le sue difficoltà fino a quando non è costretto suo malgrado a parlare in pubblico. E poi dentro ai microfoni della radio, il nuovo media di successo degli anni Trenta. Bertie è inchiodato dalla balbuzie e da una complessata inferiorità di fronte allo spigliato fratello maggiore David. Le esitazioni, i prolungamenti di suoni, i continui blocchi silenti impediscono a Bertie di esprimersi adeguatamente ed generano in lui una sensazione di impotenza. Sostituito il corpo con la viva voce, il re deve rieducare la balbuzie, buttare fuori le parole e trovare una voce. Lo soccorrono la devozione di sua moglie e le tecniche poco convenzionali di Lionel Logue, logopedista di origine australiana. Sarà con il discorso dell’entrata in guerra dell’Inghilterra contro la Germania che Bertie supererà definitivamente l’ostacolo.
Il regista britannico Tom Hooper si concentra sul vissuto interno del protagonista, rivelando le conseguenze emotive del disagio nel parlato ai tempi della radio e in assenza del visivo. Il discorso del re non si limita però a drammatizzare la stagione di vita più rilevante del nobile York e relaziona un profilo biografico di verità con un contesto storico drammatico e dentro l’Europa dei totalitarismi, prossima alle intemperanze strumentali e propagandistiche di Adolf Hitler. Non sfugge al re sensibile di Colin Firth e alla regia colta di Hooper l’abile oratoria del Führer, che intuì precocemente le strategie di negoziazione tra ascoltatore e (s)oggetto sonoro, il primo impegnato nel tentativo di ricostruire l’immagine della voce priva di corpo, il secondo istituendo un rapporto di credibilità se non addirittura di fede con la voce dall’altoparlante.

La pellicola è in uscita il 28 gennaio, mi precipiterò a vederla (anche perché trovo Firth un attore stupendo nonché un uomo magnifico anche se non molto somigliante a Giorgio VI) e mi aspetto anche da impressioni e recensioni.


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