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Come fare campagna elettorale con il blog

Da Fioridilylla @c_venturini

Come fare campagna elettorale con il blog

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Come fare campagna elettorale con il blog è stata la domanda al centro di un'altra consulenza gratuita. Si tratta di un giovane attivista politico avvicinatosi ai meccanismi di partito da poco, con una presenza web tutta da creare. Prendeva in considerazione il blog perché gli era stata offerta l'occasione di tenerne uno all'interno di uno spazio web precostituito. Il volume di traffico di questo "sito ospitante" è basso e l'offerta nasce con la precisa richiesta di veicolare più visite (oltre che di sostenere "la causa" politica). La reputazione del politico in erba è legata ai traguardi sportivi; la sua esperienza quasi interamente confinata in una regione italiana di confine; il canale social con cui ha più dimestichezza è Twitter. Queste sono le situazioni che preferisco: tabula rasa, spazio creativo adatto per impostare un lavoro con i crismi. La persona mi ha portato in dono un sincero entusiasmo per gli ideali sociali e tutta quell'energia tipica dell'innocenza. 
Non vi nascondo che la mia prima reazione è stata la voglia di proteggerlo dalla politica e dagli sciacalli pronti a fiondarsi sulla giovinezza, con l'intento specifico di deturparla strappandone l'innocenza a suon di sfruttamento. I campanelli dell'istinto mi sono suonati in coro, soprattutto quando ho ascoltato il discorso sul tenere un blog per compiacere bisogni di altri: aumentare le visite e diffondere slogan/idee politiche in favore di uno dei futuri candidati alle primarie. Il classico discorso sulla "visibilità all'essere umano invisibile" (tipico, per esempio, dell'Huffington Post italiano) non regge. Vedendo l'entusiasmo negli occhi della persona, mi sono chiesta se stavo esagerando nel diffidare di questa "occasione" oppure dare una chance all'ipotesi di reale visibilità al ragazzo grazie alla cassa di risonanza del partito politico.  Sondando il terreno, mi sono resa conto che non aveva la benché minima idea dei guadagni che il sito avrebbe realizzato grazie agli Adsense e all'aumento delle visite che lui avrebbe portato con il suo blog [Ho dato per scontato che ciò sarebbe successo perché lui ha forti doti comunicative, molte passioni e un indirizzario considerevole].  Non sapeva che avrebbe potuto reclamare un'entrata e non sapeva nemmeno che, accettando di tenere questo blog, avrebbe accettato la responsabilità del togliere le castagne dal fuoco al posto di altri. Stabilito, però, che lo avrebbe fatto comunque e che le persone che lo avevano contattato erano piene di buona fede nei suoi confronti (secondo lui), la domanda successiva è stata: come lo riempio, il blog? Di cosa parlo? Ce la farò ad essere costante? E se poi nessuno mi legge? Se non interesso? Vorrei creare un ambiente dinamico, con grande scambio. Anche in questo caso: entusiasmo bellissimo, ansia comprensibile. Da dove partire? Un giovane politico ha davanti a sé una scelta molto importante: comunicare come hanno comunicato tutti i suoi predecessori (da una parte o dall'altra), con slogan, insulti, call to action, diffamazioni, strategie di marketing commiste a studi di semiotica, linguistica e psicologia applicata ai comizi elettorali oppure tentare una via nuova. L'autenticità. Il dire le cose vere, partendo dal presupposto che gli elettori non sono burattini, ma persone di cui si può avere rispetto, nei confronti dei quali ci si può impegnare con etica, competenza, trasparenza e interesse genuino per le loro sorti. Il blog di un politico può seguire le orme del famigerato leader del M5S. Ma può anche raccontare sensi e significati, motivi e percorsi di un partito politico o dei suoi esponenti basandosi su meccanismi di story telling sdoganati dal banale parlare con rabbia sbraitata. Il blog è uno strumento che vive anche senza le polemiche sterili, ma capaci di aggregare le personalità più disturbate e perturbanti con l'unico scopo di guadagnare alle spalle di chi spende ore della propria vita a confutare le tesi degli altri o a imporre il suo punto di vita. Se, per esempio, il motto è una "chiamata alla armi" in senso figurato, se l'intenzione è svegliare le coscienze, se l'idea è avvicinare i giovani e spingerli a far sentire la voce rinnegata, allora non potrà bastare l'individuazione dell'ennesimo striscione da stadio da diffondere sui social network. Se l'obiettivo è fare in modo che una fetta della popolazione si senta chiamata in causa attivamente, non è sufficiente dire: "Alzati e cammina!". Vale la pena arricchire questo invito con della sostanza fatta di motivazioni, dati, aspirazioni, storie, contenuti. Di nuovo i contenuti, come sempre.  Il mio suggerimento, quindi, è stato semplicemente uno (o meglio, tre condensati in uno). Ho invitato questo ragazzo a capire che tipo di approccio poteva rappresentarlo (indipendentemente dal partito), qual'erano gli argomenti che avrebbe voluto trattare e se si sentiva pronto per davvero. Non tanto per il blog, quanto per l'arena. Pronto per i commenti negativi, le critiche, i troll e tutto ciò che un'idea politica avrebbe potuto scatenare, sia in quanto tale, sia perché storicamente legata a un partito che, nel bene e nel male, ha un percorso di difficoltà e connubi relazionali alle spalle. Ma pronto anche per le lusinghe e per i nuovi sciacalli. Il web è un animale strano. Prima di buttarsi nella mischia, è bene porsi le domande "giuste". Perché con il web ci si scotta e, in alcuni casi, ci si può bruciare la carriera, la reputazione, il futuro. Specifico che io credo molto nell'individualità delle persone e che l'appiattimento "vocale" che spesso si realizza nei partiti è, secondo me, quanto di più negativo esista. Ogni persona ha un suo stile e le diversità, anche online, vanno tutelate. Per questo motivo l'ho invitato a ragionare sul suo stile e su quello che aveva da dire e da dare agli altri. Stabilito l'uso di un gergo giovanile ed easy, individuati gli argomenti, scelto di accettare le conseguenze del diventare un personaggio pubblico, il passo successivo è  stato capire come usare Twitter per fini politici Twitter è uno strumento ideale, sia per la quantità di contatti che si possono realizzare, che per la qualità. Ma è anche un rischio: la brevità dei post incentiva il ritorno alle vecchie abitudini "sloganali". Mettere sostanza in un tweet significa pensarci; condensare in 140 caratteri, per esempio, perché dovresti votare proprio me e non il mio avversario, significa lavorare sulla comunicazione. Twitter implica anche una sfilza di domande pubbliche a cui devi dare risposta. Molti politici sono autistici: scrivono, ricevono commenti o contestazioni e non rispondono. Usare questo social network come una bacheca del sindacato non è affatto "la cosa giusta". Le persone spendono del tempo nel tentare una strada di dialogo con il politico di turno e vogliono una risposta coerente, veloce e sincera. L'ufficio stampa che risponde come risponderebbe a una mailing list realizza un danno d'immagine. Il candidato che cura in autonomia la sua pagina social e non si degna di dire nemmeno: "Ho letto il tuo scritto, ci devo pensare/non ho tempo/ti risponderò/la mia risposta la trovi qui" si penalizza da solo.  Twitter, più di Facebook, ha bisogno di persone. Non è sufficiente impostare una serie di tweet con Hootsuite e poi andare da Castroni a prendersi il caffè. Il web ha cambiato il mondo. Le occasioni sono poche. La gente non è disposta a perdonare tutto e, se un politico si rinchiude nell'autismo antico e tipico, non potrà sperare in affluenze da record nella propria causa. Gli utenti si stufano. Inoltre, non tutti sono simpatici. Però tutti hanno diritto a una risposta, a un cenno che faccia capire loro che sono stati visti. Selezionare le persone a cui rispondere, prendendoli come dialogatori unici e monolitici, è un errore che si paga in de-follow, diminuzione delle visite, dei contatti, delle condivisioni.  Per questo motivo ho invitato la new entry a non ignorare le persone che sarebbero entrate in contatto con lui. Spendere del tempo per rispondere è faticoso e questa pratica impone la voglia di mettersi in gioco, la capacità di stabilire dei limiti e di farli rispettare, l'essere in grado di distinguere il proprio valore umano dalla contestazione su un argomento specifico. Mi sono limitata a sensibilizzarlo sull'importanza del capire il contesto, analizzando situazione per situazione, soprattutto se e quando ci saranno difficoltà e la comunicazione sarà un terreno di scontro in cui si potrà giocare anche la riuscita o la sconfitta della campagna elettorale. Ma l'argomento su cui ho "battuto" di più, al di là delle tecniche, strategie, SEO/SEM è stata la ricerca di una nuova via comunicativa, in grado di dissociarsi dal passato perché sorretta da contenuti anche ideologici, ma diffusi con diverso rispetto verso il pubblico votante (non più da catechizzare). 

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