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Come nasce una foto #1: una foto nella tempesta

Da Ragdoll @FotoComeFare

Oggi diamo il via ad una nuovo rubrica, nata dalla collaborazione con Davide Marcesini di Phototrek.it. Dopo uno scambio di idee e qualche bozza, abbiamo deciso di darle questa forma: Davide ti racconterà i retroscena di alcune delle sue foto, soffermandosi più sul processo mentale e creativo che sui dati tecnici.

Sono sicuro che potrai trarre molti insegnamenti dai suoi racconti e, dovessi desiderare qualche informazione in più, puoi sempre chiedere attraverso un commento.

Come nasce una foto #1: una foto nella tempesta

Campiglia, nel Parco Nazionale delle Cinque Terre -  La Spezia

Cominciamo da quella che potrebbe essere l’immagine preferita… se si potesse scegliere tra figli diversi!

I dati exif semplicemente non esistono: ebbene sì, si scattava anche prima del digitale. Pellicola diapositiva, credo kodak ektacrhome 100, l’originale è andato perduto e per fortuna avevo una scansione di discreta qualità. Il formato era 6×7 scattato con Pentax, obiettivo 45 mm ( equivalente circa ad un 21 mm su formato 35 mm, quello che oggi si direbbe fx).

Stavo lavorando ad un libro sulle Cinque Terre (pubblicato da Edizioni Giacchè con il titolo Passeggiate Romantiche nelle Cinque Terre).

Chi conosce questi luoghi e abbia mai trafficato con un corredo 6×7 + treppiede adeguato sa cosa voglia dire muoversi da queste parti: la fotografia è stata scatta di ritorno dalla scalinata di Monesteroli, un’ora di salita dal mare al crinale, oltre duemila gradoni intagliati nella roccia con il Manfrotto 075 sulle spalle (4,5 kg solo lui! Non più in produzione, questo è quello che più gli somiglia).

Mi è sempre piaciuto scattare sotto cieli nuvolosi, ma qui la faccenda si faceva seria e la via di fuga non era proprio agevole. Alle mie spalle, mentre salivo più in fretta possibile, cominciavano a battere fulmini in mare, a due terzi di scalinata ho abbandonato il treppiede sotto un cespuglio per velocizzare la fuga e sottrarre un po’ di metallo al richiamo delle saette.

Quasi arrivato a Campiglia, il paese che domina questa parte di Cinque Terre, mi volto e vedo la scena: il fronte nuvoloso era rotto da un raggio di luce, stava per diluviare e…ovviamente rimaneva un solo scatto in macchina. Mi sono appoggiato ad un pezzo di legno ma il tempo di posa era comunque abbastanza sicuro: il risultato lo puoi vedere all’inizio dell’articolo.

Ovviamente questa immagine, per me la migliore di tutto il lavoro durato mesi, non era abbastanza “rappresentativa” dei luoghi: scartata! Dopo dieci anni è diventata la copertina del mio ultimo libro, “Dalla Magra al Golfo dei Poeti“, un viaggio  per immagini  lungo la costa da Portovenere alla Versilia.

Di questa scena mi colpì l’essenzialità, una fotografia dove non c’è nulla ma si intuisce il mondo: l’orizzonte spinge la mente ad andare oltre, le nuvole spaventano ma la luce in fondo dà un indizio di direzione, è speranza concreta, al di là… qualunque cosa ci può aspettare e vale la pena andare a guardare : “la tempesta in arrivo è bellissima anche se spaventa. Come la vita” questa è la didascalia pubblicata.

A Campiglia arrivai al buio e completamente fradicio ma mai stato più soddisfatto di così. Il giorno dopo il mio treppiede era ancora al suo posto…con un porcino a fare la guardia!

Una fotografia così “vuota” racchiude in sè una certa difficoltà: il coraggio di eliminare tutto il possibile, la costa che si stendeva sotto di me come le isole di Portovenere all’orizzonte. L’esposizione è stata misurata con la funzione semi-spot dell’esposimetro Sekonic (simile a questo) che usavo all’epoca: come si usa con la pellicola dia, esattamente la contrario che con il digitale, ho usato una certa sottoesposizione per saturare i colori e non rischiare di bruciare le alte luci protagoniste nella composizione.

E’ una delle rare immagini realizzate in carriera in cui non toccherei nulla: le due masse scure, quella del mare in basso e, soprattutto, l’enorme fronte scuro incombente, incorniciano la striscia di nuvole più luminose all’orizzonte. Queste sembrano galleggiare su un’isola di luce che perfeziona  della composizione.Sia la “geometria” dell’inquadratura, sia il “percorso” dallo scuro alla luce guidano lo sguardo all’orizzonte.

Passerei ore a guardare ogni singola forma…ma forse sono di parte…mi piacerebbe avere le tue impressioni!

 


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