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Compagni di stanza.

Creato il 26 marzo 2015 da Emialzosuipedali @MiriamTerruzzi

Forse una delle prime cose che un ciclista deve sapere è che ciclista lo si è sempre. Esistono giorni di riposo ma la bicicletta continua ad essere ininterrottamente un prolungamento del corpo. Anche quando gli scarpini non sono infilati nei pedali e il telaio riposa in garage. Fortuna che questo è uno sport individuale e di squadra assieme e, in fin dei conti, la quotidianità è più bella se spartita. D’altronde i ragazzi si abituano anche a questo: vittorie e fatiche sono condivise. Tutto è più bello, tutto è più leggero.

Fortin, Cavasin. Sembra un quarto di una formazione di calcio. Invece Fortin che di nome fa Filippo e Cavasin che a battesimo è Daniele sono ciclisti del GM Cycling Team. Niente vocale alla fine del cognome, qualcosa in comune, caratteri diversi e le strade che vanno di pari passo da quasi una vita. Complice la bicicletta, come sempre in questi casi. 

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Qui a Suno c’è il sole che fa capolino in una mattina che si preannunciava fredda e nuvolosa. Quella prima luce quasi provvidenziale fa luccicare le biciclette che i meccanici preparano tutte in fila davanti ai bus come cavallini pronti al via. Filippo accarezza una sella con una mano, sembra togliere una polvere che non c’è. I ciclisti sono spesso annoiati dalle interviste e li capisco. Si parla quasi sempre di risultati o di aspettative, così poco di loro. Di loro davvero.
Gli chiedo cos’hanno mangiato a colazione. Il solito, rispondono sorridendo, e un piatto di pasta. Il GM cycling team è un’avventura completamente nuova per tutti, corridori e staff. Loro, invece, si conoscono da fin troppo tempo. Correvano insieme nelle categorie giovanili, vengono spesso alle corse insieme visto che sono entrambi veneti e da quando hanno iniziato la stagione sono sempre in camera insieme.

Daniele è un ragazzo simpatico” spiega Filippo, “in corsa è un bravo compagno e io penso che abbia le qualità per fare bene. Ha un solo difetto, anzi due: ha il brutto vizio di alzarsi presto e gli piace guardare Barbara D’Urso su Canale Cinque!
L’altro ride e ribatte:
Anche lui è un bravo ragazzo, ha l’esperienza e l’autorità per fare il capitano e farsi rispettare. Purtroppo gli piace il calcio ed è pure juventino!
Filippo gli dà una lieve pacca sulla spalla. Scherzano ma si fanno subito seri quando chiedo a Daniele di dirmi le possibilità del suo capitano durante questa stagione. Senza scendere troppo nei particolari mi spiega che Filippo può sicuramente fare molto bene nelle corse di un giorno come il GP Costa degli Etruschi: “Lui è un velocista, il suo terreno ideale è un arrivo in gruppo ristretto. Lì può fare davvero la differenza. Io credo che, ora come ora, sia in grande condizione.
Fortin dice che è vero, si sente bene e che dopo tutti questi piazzamenti l’obiettivo vero è la vittoria. Poi mi parla del suo compagno di stanza e dice che è in crescendo nelle corse a tappe, che il suo talento lo si vedrà piano piano. “Il sogno per quest’anno è la vittoria” dice, allora, Daniele. “Però mi accontento di fare buone prestazioni, di arrivare nelle top ten.” Lui è più pacato, è il suo primo anno da pro e vive la stagione come qualcosa di assolutamente nuovo. Non pensa tanto alle corse, piuttosto a dare tutto. Fortin è al suo quarto anno in questo strano e concitato mondo e quando gli viene chiesto chi vorrebbe essere se, per un giorno, avesse la bacchetta magica, lui risponde semplicemente “Me stesso”. Daniele gli fa eco. Solo sé stessi. Ragazzi che hanno scelto questa vita da girovaghi che è croce e delizia assieme. Per Daniele è un sacrificio, la cosa che non sopporta di questo mestiere sono le trasferte: troppo lunghe e troppo tempo da ingannare. La vera felicità è un massaggio. Non solo dopo ore di corsa ma anche dopo quelle trascorse in viaggio, da casa al ritiro, da casa ad una partenza o da una tappa all’altra. Per Filippo, il vero difetto di questo lavoro, è sul lato umano. “In generale non mi piace vedere come vengono trattati a volte i corridori dalle rispettive squadre, dal sistema” spiega con lucidità.
Per il resto, su una cosa sono d’accordo entrambi: il lato più bello del ciclismo è il sacrificio che ripaga. Che è anche una lezione di vita. Questo è uno sport dove le scuse non servono e la fatica è una costante dura e preziosa. I risultati sono figli del sudore.

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Del ciclista, Fortin e Cavasin, hanno anche la riservatezza: pochi sbilanciamenti sulle corse o sulle aspettative. Forse non vogliono dirle troppo ad alta voce, forse vogliono che le gambe parlino per loro. Naturale. La bicicletta è uno strumento strano con il quale prendere confidenza ma una volta compresa allora ci puoi scrivere storie bellissime, anche senza dire una parola.

La gente comincia ad avvicinarsi curiosa alle biciclette, il sole è ancor più tiepido. Ancora un po’ e bisognerà andare al foglio firma. I due risalgono sul pullman dove i ragazzi ascoltano la musica, una cuffia in un orecchio e una no; alcuni attaccano il numero. Piccoli rituali per scacciare il nervosismo. Una partenza è una partenza. E un compagno di squadra è un compagno di squadra, specialmente se il dopo corsa lo passi insieme e la rabbia, la stanchezza o la soddisfazione, la felicità la spartisci così, davanti a una tv o aspettando la cena. Che questa sorta di cameratismo serve anche in corsa, a parlarsi stando zitti, a capirsi con un gesto. Questo è uno sport di squadra dove a volte devi arrangiarti da solo. Ecco perché quando sei in gruppo è bello girarsi e incrociare lo sguardo di qualcuno che sai essere un amico e un bravo ragazzo. Qualcuno su cui contare. Funziona così. Anche nella vita.

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