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Cosenza, un museo a cielo aperto

Creato il 26 agosto 2015 da Viaggimarilore

É il MAB – Museo all’Aperto Bilotti, un museo di arte contemporanea decisamente alla portata di tutti. Come? L’intero Corso Mazzini, via centralissima di Cosenza, è stato arredato invece che con aiuole di fiori e fontane, con sculture di autori del Novecento. Mica roba bau bau micio micio, ma artisti del calibro di De Chirico, di Dalì, di Mimmo Rotella.

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Il Museo all’Aperto Bilotti dimostra che se tu cali l’arte in mezzo alla gente, la gente la vedrà come un dono e come qualcosa di suo e non sarà portata a deturparla o a distruggerla, ma al contrario se ne prenderà cura. La sfida di Carlo ed Enzo Bilotti quando decisero di donare alla città di Cosenza tutte le opere della propria collezione d’arte dovette essere proprio questa. Le sculture sono lì, alla portata di tutti, in Corso Mazzini, e accompagnano i Cosentini nello struscio lungo una delle vie più importanti della città e frequentate.
Qui trovate la guida al Museo all’aperto, con la posizione e la descrizione delle opere.

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Io personalmente adoro, e non potrebbe essere altrimenti, I due Archeologi di De Chirico, del quale finora conoscevo la versione dipinta: le due figure, sedute, l’una che cinge col braccio la spalla dell’altra, tengono in grembo figure di monumenti antichi, ricordo e rappresentazione di un passato che assume connotazioni mitiche. Ma di De Chirico è esposto anche Il Grande Metafisico, una scultura in bronzo di grandi dimensioni e ancora, più avanti nel percorso museale, Ettore e Andromaca, gruppo scultoreo che raffigura i due sfortunati sposi nell’atto dell’estremo saluto, prima che Ettore scenda in campo a combattere contro Achille. Come sempre in De Chirico i volti sono quelli di manichini, non hanno occhi né espressione, ma la drammaticità è ben espressa dalla posa di Andromaca, in piedi abbracciata ad Ettore. E’ facile immaginare che gli stia piangendo in petto, già prefigurando la disgrazia che capiterà a lui (che morirà per mano di Achille), a lei (che verrà fatta schiava) e al loro figliolo Astianatte (che sarà gettato giù dalle mura di Troia).

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La prima opera che si incontra lungo Corso Mazzini, però, è Le tre colonne di Sacha Sosno, un’opera in marmo bianco dove le colonne sono però vuote, ritagliate nelle lastre di marmo rettangolari. Sono tre finestre successive attraverso le quali si può osservare la via e la gente che la attraversa, chi distrattamente, chi presa dalle proprie occupazioni quotidiane, chi dallo shopping e chi, infine, osservando le opere d’arte che ha intorno. Di questo artista sono presenti altre due opere: secondo lo stesso concetto delle Tre Colonne sono stati eseguiti I Bronzi di Riace, omaggio alla scoperta di uno dei simboli della Calabria, le cui silhouettes sono ritagliate nella lastra di acciaio rosso; la terza è Sette di Cuori, una carta da gioco in marmo nella quale sono ritagliati i sette cuori che le danno il nome: un omaggio, commissionato proprio dai Bilotti, a Cosenza, ai sette colli su cui si sviluppa (come Roma, vi ricorderà qualche cosentino campanilista!) e all’amore che i due mecenati provano per essa.

Artista calabrese è Mimmo Rotella, presente in questo museo all’aperto con due opere: la Rinascita della Cultura, realizzata all’indomani dell’11 Settembre 2001, e il Lupo della Sila, omaggio alla cultura popolare calabrese.

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Si incontra poi, tra un negozio, un bar e un’aiuola fiorita, San Giorgio e il Drago di Salvador Dalì: impressionante la precisione nell’esecuzione delle squame sul corpo del drago, e la bellezza del cavallo impennato, che ricorda modelli antichi; incontriamo anche la Bagnante N.2 di Emilio Greco, che a me personalmente ricorda una delle fanciulle romane in bikini raffigurate sul mosaico della villa romana di Piazza Armerina, in Sicilia. E ancora, imponente, Il Cardinale in piedi di Giacomo Manzù, che esprime in questa figura così appuntita e racchiusa l’impressione di un personaggio altero, separato dalle bassezze di questo mondo; eppure non appare un santo, ma piuttosto un personaggio rigido, prigioniero della solennità che il suo ruolo gli impone. Sempre di Giacomo Manzù, la Testa di Medusa non esprime l’orrore che abitualmente le attribuiamo: niente serpenti tra i capelli, nessuna smorfia mostruosa a trasfigurarle il volto; solo l’espressione spiritata degli occhi spalancati ci ricorda altre raffigurazioni di Medusa più note, come quella del Caravaggio, per esempio.

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Il percorso del MAB – Museo all’Aperto Bilotti, è una passeggiata nell’arte, un’esperienza artistica molto bella che da un lato ci racconta di un atto di mecenatismo cui non siamo più abituati da tempo: non capita spesso, ormai, che amanti dell’arte donino la propria collezione alla città con l’intenzione proprio che sia la città a poterne godere liberamente. Cosenza d’altro canto si sta dimostrando degna del dono che le è stato fatto: nessun atto di vandalismo, nessuna benché minima scritta è ancora intervenuta a deturpare le opere. Sarebbe stupido e privo di senso farlo. Le opere appartengono alla città e alla cittadinanza, a ciascuno degli abitanti di Cosenza; e nessuno, a meno che non sia stupido o pazzo, distruggerebbe deliberatamente qualcosa che gli appartiene.


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