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Cosimo il vecchio – storia di firenze

Creato il 02 agosto 2013 da Postpopuli @PostPopuli

 

Siamo alla diciassettesima puntata della serie di articoli di Luca Moreno sulla storia di Firenze. Le immagini sono numerate in continuità con quelle del sedicesimo articolo.

Cosimo il Vecchio

di Luca Moreno

 

Cosimo il Vecchio 2 120x170 COSIMO IL VECCHIO   STORIA DI FIRENZE

Figura 46: Cosimo il Vecchio (da Wikipedia)

Eccoci quindi a Cosimo il Vecchio (1389 – 1464) (figura 46), che agisce e opera in una città che si sta riprendendo dalla grande crisi della metà del Trecento. All’inizio del Quattrocento Firenze produce un reddito complessivo superiore a quello di tutta l’Inghilterra e prosegue nella sua politica espansionista, che la conduce ad avere, dopo Arezzo (1384), Pisa nel 1406, Cortona, a sud di Arezzo, nel 1411 e soprattutto, nel 1413, Livorno, conquistata in una prima fase con un accordo che permise a Firenze di usare il suo porto e poi, nel 1421, assoggettando la città medesima. Siena è invece ancora una meta lontana, e Lucca resiste.

È importante rilevare che in politica estera ormai siamo al di là della pura e semplice egemonia e influenza, fatta di dichiarazioni di fedeltà e di versamento di tributi richiesti da Firenze alle altre città. Adesso queste ultime vanno conquistate e incluse nel territorio; anche in Toscana, cioè, si sta lentamente sviluppando il processo che porterà la regione a diventare un vero e proprio Stato. Cosimo espande a dismisura tutti i settori in cui era intervenuto suo padre, e si dimostra dotato di notevole acume politico e di un’educazione e una cultura – garantita dai maestri, scelti da Giovanni fra gli umanisti fiorentini – degna di un rampollo di una dinastia regnante. Di ciò si accorge la Signoria, che affida a un Cosimo ancora giovane rilevanti incarichi politici (decisione assai poco gradita al clan degli Àlbizi), anche se il nostro Medici, in coerenza con lo stile familiare, si dimostra fin dall’inizio schivo nell’accettare onori, se non nel supremo interesse della Patria.

Nel 1415 Cosimo sposa Contessina de’ Bardi, che si rivelerà moglie perfetta. I Bardi, a causa dei dissesti economici, non erano più potenti come un tempo, ma rappresentavano una delle famiglie più in vista; insomma, Cosimo vantava una vasta cultura, un patrimonio assai consistente, riconoscimento sociale, abilità politica, matrimonio riuscito; c’erano tutti gli ingredienti necessari perché potesse aspirare a essere uno degli uomini di maggior successo a Firenze. Ma se Giovanni di Bicci era riuscito, forse anche per consapevolezza dei propri limiti, a evitare lo scontro con la potente famiglia degli Àlbizi, Cosimo e i suoi seguaci inaugurano una politica più aggressiva verso questa famiglia, che ancora comanda in Firenze.

Finché fu in vita Niccolò da Uzzano, amico ed alleato degli Àlbizi, ma comunque uomo equilibrato ed assennato, Rinaldo venne tenuto a freno, ma alla morte dell’Uzzano non si riuscì più a evitare lo scontro. Nel 1433 viene eletto Gonfaloniere di Giustizia Bernardo Guadagni, uomo ritenuto fedelissimo agli Àlbizi; Rinaldo lo induce a votare prima per una riduzione della partecipazione politica delle Arti minori, svantaggiando così il Popolo minuto, assai legato ai Medici, poi a far catturare Cosimo, il quale rischia in prima battuta la pena di morte, per poi vedersi comminata la pena dell’esilio per dieci anni. L’accusa nei confronti di Cosimo – sostenuta anche dalla famiglia Strozzi – era di essere un “magnate”, quindi un tiranno; come si vede, un’imputazione quanto mai generica, integrata dal sospetto che Cosimo volesse instaurare una Signoria personale in Firenze (e ciò era magari anche vero, ma non in virtù delle azioni fino a quel momento da lui compiute).

Cosimo, avendo avuto sentore del pericolo imminente, provvide a trasferire del denaro all’estero, in particolare nel suo banco di Venezia dove, uscendo da Firenze, si recò invece che andare a Padova, località a cui era stato destinato. Qui, accolto come un principe, lascia al Monastero Benedettino di San Giorgio una collezione libraria e i disegni di Michelozzo per una nuova biblioteca (già aveva opportunamente “unto” chi di dovere in Firenze perché la pena di morte si tramutasse in esilio) e attende gli eventi, perché sa molto bene che le cose stanno per volgere a suo favore; e ciò non solo perché il popolo – in virtù dell’atteggiamento di questa famiglia nei confronti dei meno abbienti – è comunque dalla sua parte; non solo perché in città gli “agenti” di Cosimo dispensano denaro per ottenere simpatie ed appoggi, ma anche perché Rinaldo non riesce ad approfittare dell’esilio di Cosimo per piazzare uomini a lui più che fedeli nel governo della Signoria. Accortosi dell’errore e della conseguente e progressiva perdita di influenza, laddove invece le simpatie verso Cosimo esiliato aumentano di giorno in giorno, Rinaldo tenta di risolvere la questione con la forza, ma viene arrestato. La situazione a questo punto si rovescia: Rinaldo è processato ed esiliato; Cosimo invece, che era fuori Firenze da circa un anno, ritorna ed è accolto come un eroe. Ritornano anche i suoi figli, Piero e Giovanni, nonché suo fratello Lorenzo.

 

Cosimo il Vecchio 3 COSIMO IL VECCHIO   STORIA DI FIRENZE

Figura 47: Il palazzo dei Medici nell’attuale Via Cavour (da Wikipedia)

Se il 6 ottobre del 1434 è la data in cui termina il primo esilio (dorato) dei Medici, essa è anche la data che segna l’inizio del dominio secolare di questa famiglia ed il conseguente tramonto degli Àlbizi. La Signoria quasi prega Cosimo di prendere in mano le sorti di Firenze, ed egli si schernisce ma accetta; il momento è quindi favorevole. Cosimo lo sfrutta sia accrescendo, con opportuni acquisti, i beni di famiglia (che danno sempre prestigio), sia per destinare parecchio denaro in opere di beneficenza: secondo un’informativa del nipote Lorenzo detto il Magnifico, Cosimo destinò nel corso della sua vita circa 400.000 fiorini in opere di beneficenza; una cifra spaventosa per i tempi, corrispondente a 80.000.000.000 di vecchie lire. Si dimostra poi un vero e proprio mecenate, sovvenzionando chiese, la costruzione di monumenti, la realizzazione di strade, senza dimenticare l’aiuto economico dato per l’edificazione della Cupola di Santa Maria del Fiore, il cui tamburo era già pronto nel 1315 e che attendeva da più di un secolo di essere costruita; e lo fu, nel 1436, da Filippo Brunelleschi.

È poi in questo contesto in cui denaro, munificenza, potere e raffinatezza danno luogo a una miscela dagli effetti assai redditizi, che devono essere ricordate le residenze personali più significative, veri capolavori dell’architettura fiorentina: Cafaggiolo, Careggi e Trebbio. Contemporaneamente (forse nel 1452), fa costruire dall’architetto Michelozzo, nel quartiere più caro alla sua famiglia – San Lorenzo – il Palazzo Medici di Via Larga (ora Via Cavour); si tratta dell’edificio di un vero signore, ma dall’aspetto borghese, arredato all’interno con lusso, ma senza che nulla, opportunamente, traspaia da fuori (figura 47). In questo palazzo si trova la cappella affrescata dal fiorentino Benozzo Gozzoli, con uno dei capolavori dell’arte mondiale quale è Il Viaggio dei Magi, realizzato presumibilmente intorno al 1459 (figura 48).

La cosa che più sorprende di tutto ciò è che, nonostante il fiume di denaro speso, Cosimo riesca a quadruplicare il lascito avuto in eredità dal padre e a perfezionare la sua holding. Al banco di Firenze, Venezia e Roma si erano aggiunti infatti quelli di Pisa, Milano, Bruges, Lione, Londra, Parigi, Barcellona, Anversa e Lubecca; a Cracovia i Medici amministrano gli appalti delle saline, facendo da esattori per le tasse che sono pagate per conto della Chiesa; a Costanza, Basilea, Francoforte e Norimberga intervengono ad aste, dove si trattano prodotti dei generi più diversi. I Medici, cioè, non solo si espandono a macchia d’olio, ma intervengono in tutti quei settori in cui si possa comprare o vendere. Tutto ciò ci fa comprendere come il sistema finanziario del Quattrocento avesse raggiunto un livello di complessità da far invidia a quello attuale. Vi è poi il discorso del commercio “al minuto”, che Cosimo non volle mai abbandonare (ma non sarà così in futuro): tre erano le botteghe fiorentine: due dell’Arte della lana e una della seta; ma dove i Medici sono imbattibili è nel commercio della lana, che acquistano grezza in tutta Europa, tessono, colorano, raffinano e poi spediscono in tutto il mondo; e inoltre, conoscendo l’importanza dell’allume per la colorazione dei tessuti, sono i maggiori acquirenti di questo prodotto.

 

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Figura 48: Il Viaggio dei Magi di Benozzo Gozzoli (da Corriere.it)

Cosimo sovraintende a tutto campo alle sue attività; e di tutte le sue attività si serve per smontare, giorno dopo giorno, l’antica organizzazione comunale. Dentro di sé già sperava di ottenere il comando dello Stato, però voleva conservarne, intatte o quasi, le antiche strutture: una situazione che – in dimensioni assai minori – ricorda quella determinatasi con l’avvento del Principato augusteo laddove, all’esercizio del potere di uno, corrispondeva il mantenimento, ormai esclusivamente formale, della vecchia Repubblica romana. Per ottenere di poter comandare senza dare troppo nell’occhio, occorreva agire con precisione e cautela, disponendo le cose in modo da avere il controllo delle elezioni alle cariche amministrative, allo scopo di evitare spiacevoli sorprese, quando si discutevano leggi importanti. Come suo padre, Cosimo interviene sulla normativa che regolava il catasto, riuscendo a riformarla secondo una logica progressiva: introduce cioè il principio delle aliquote, per cui chi più guadagna paga più tributi. Era un danno notevole per le sue finanze, ma un formidabile investimento per aumentare la sua popolarità.

Cosimo si dimostrò poi assai spregiudicato in politica estera perché nel 1447 portò Firenze ad avvicinarsi a Francesco Sforza, candidato a diventare Signore di Milano; e ciò in un momento in cui Venezia e Napoli erano contro lo Sforza. Questo comportamento fu giudicato quasi inaudito, perché da sempre Firenze era avversaria di Milano e alleata di Venezia, la quale, giudicando ingrato l’atto di Cosimo che dalla Serenissima era stato accolto durante il periodo dell’esilio, chiuse a Firenze i suoi mercati, con conseguenti e notevoli danni economici per la città; ma il tempo diede ragione al Medici, perché gli Sforza diventeranno Signori di Milano, e il fatto di averli amici non solo ostacolerà il disegno di Venezia e Napoli di impadronirsi di Milano, evento che avrebbe danneggiato la Toscana, a quel punto a loro politicamente soggetta, ma favorirà anche, indirettamente, la Pace di Lodi del 1454, che darà alla nostra Penisola un nuovo assetto politico-istituzionale, assicurando per quarant’anni un sostanziale equilibrio territoriale.

Ma il vero capolavoro di Cosimo fu l’essere riuscito, nel 1439, a far trasferire il Concilio, convocato da Papa Eugenio IV, da Ferrara a Firenze. La riunione era stata convocata per trattare le condizioni per una riunificazione della Chiesa Latina Occidentale a quella d’Oriente; a Ferrara, però, vi era un’epidemia di peste, e quindi non era certo luogo adatto per ospitare un Concilio. Cosimo la ebbe vinta, e anche se la “sacra riunione”, rispetto al motivo per cui era stata organizzata, fu un totale fallimento, Firenze vide giornate di esibizioni oratorie, incontri, feste, balli, giostre e spettacoli di ogni genere, diretti (e ampiamente finanziati) dallo stesso Cosimo, in quel momento Gonfaloniere. Il successo fu totale. Cosimo aumentò a dismisura la sua popolarità e il suo prestigio, ormai elevatissimo anche in ambienti internazionali.

Dal punto di vista familiare, invece, nonostante il suo matrimonio fortunato, ebbe due dolori, uno maggiore dell’altro: innanzitutto la scomparsa prematura del figlio Giovanni, sul quale aveva riposto le sue speranze; e poi il comprendere che tutto quanto era riuscito a costruire sarebbe andato nelle mani del figlio Piero, che non godeva di buona salute e che Cosimo non considerava adatto alla successione. Unico elemento di speranza era nel nipote Lorenzo, figlio di Piero, che si dimostrò fin da giovane svelto e precocissimo; stiamo parlando del Magnifico, che fra poco avremo modo di apprezzare.

Il primo di agosto del 1464 Cosimo muore. La Signoria, per celebrarlo dovutamente, fa incidere la dicitura Pater Patriae sulla lastra della sua tomba, posta simbolicamente davanti all’altare della Chiesa di San Lorenzo, in un luogo che nelle basiliche cristiane era di solito riservato alle reliquie dei santi.

Cosimo il Vecchio ebbe un ruolo d’importanza capitale nella storia della famiglia dei Medici. La sua grandezza consiste non solo nell’aver aumentato ciò che per eredità, in beni e moneta, aveva ricevuto, ma nel suo spinto eclettismo, che gli consentì di gestire con estrema competenza e disinvoltura la finanza come la politica, la cultura come le relazioni sociali; senza mai mostrare alcun complesso d’inferiorità – lui, nato mercante – nei confronti delle grandi personalità con le quali ebbe a trattare.

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