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Cover band: variazione su tema

Creato il 14 luglio 2012 da Scribacchina

La vita riserva sempre qualche sorpresa, cari i miei soliti lettori. Complice l’ennesima festicciuola all’aperto, stavolta nel milanese, jer sera vidi (meglio: udii) una cover band fuor dell’ordinario.

«Wait Scribacchina, vediamo se azzecco: cover band di Al Bano e Romina Power? Più “fuor dell’ordinario” di così…»
«Macchè Al Bano… Rilancio con la cover band dei Ricchi e Poveri»
«Il tuo “fuor dell’ordinario” mi fa sospettare invece che c’è di mezzo un bassista… cover band dei Level 42. Ho azzeccato, eh?”

Vi sento poco fantasiosi quest’oggi, signori miei: nulla di tutto ciò che avete nominato, ça va sans dire.

Ebbene, v’informo che nella marea di cover band di Queen, Ligabue, Vasco e soci v’è pure quella che mi sollazzo a definir «cover band di swing italiano anni 40-50 e chi più ne ha più metta», giacché nel repertorio han pure qualche standard del tipo Have You Met Miss Jones.
(E non fate i pignoli, soliti lettori: so perfettamente che nel jazz non esiston cover, tantomeno cover band. Via, fatemi un po’ giocar colle parole, quest’oggi). 

Nome della band: Andrea Zappa e quei bravi ragazzi.
L’Andrea Zappa, ovviamente, veste i panni del
crooner di turno, mentre i «bravi ragazzi» son tre giovinotti che si destreggian tra tastiera, contrabbasso elettrico e batteria. Gruppo simpatico, musica d’intrattenimento che s’ascolta con gran piacere.

L’Andreacrooner è, per la verità, un pochetto acerbo: un tocco in più di scioltezza e di savoir faire col pubblico e sarebbe perfetto.
Un
«bravo!» al tastierista-improvvisatore; un appunto, invece, al contrabbassista che m’è parso un poco out of tune (l’argomento m’inquieta parecchio, soliti lettori: proprio come il contrabbasso, pure il basso fretless richiede una certa precisione nell’intonazione).
Il batterista… beh, del batterista dirò soltanto che il suo sonar m’è parso gradevolmente familiare all’orecchio, e che quando udii tra un brano e l’altro – quasi un intercalare in sordina – quei noti colpetti sparsi di charleston, beh, non potetti reprimere un sorriso, pensando a quante volte l’udii, quello stesso charleston, chiacchierare in tal guisa.
Ma questa, come sempre, è un’altra storia.


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