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Crisi ucraina: intervista al governatore della regione di Donetsk Andrej Šišatskij

Creato il 17 febbraio 2014 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR
Crisi ucraina: intervista al governatore della regione di Donetsk Andrej Šišatskij

Dal nostro inviato in Ucraina Eliseo Bertolasi

 
In linea con un’accurata e costante analisi della crisi ucraina, mi sono recato a Donetsk nella parte Sud-orientale dell’Ucraina, per rilevare la posizione, spesso trascurata, degli abitanti di queste regioni in relazione alla protesta di Piazza Maidan. In questi territori buona parte della popolazione è di origine russa, sicché, nelle strade, si continua a sentir parlare il russo.

Donetsk, con la sua popolazione di oltre un milione e mezzo di abitanti è attualmente la quarta città dell’Ucraina per popolazione residente. Per le sue numerose miniere di carbone, la città rappresenta un centro minerario d’importanza nevralgica per l’economia del Paese. Grazie alle sue ricchezze minerarie rappresentò la città chiave per lo sviluppo del socialismo; una stele, nel centro città, riporta queste parole di Lenin: “Il Donbass: questa non è una regione qualunque, al contrario questa è una regione senza la quale la costruzione del socialismo rimarrebbe un semplice pio desiderio”.

Dopo il crollo dell’URSS gran parte delle miniere della zona iniziarono a diventare improduttive; alla minaccia di chiusura molti minatori si opposero con vigore. L’allora governatore regionale Viktor Janukovič, attuale presidente dell’Ucraina, intervenne prontamente con un programma di aiuti e sussidi salvando tanti posti di lavoro. Questo gesto gli garantì un solida base di elettorato che si sarebbe rivelata determinante per vincere, nel 2010, le elezioni presidenziali.

Ho incontrato il governatore dell’Oblast’ (regione) di Donetsk Andrej Vladimirovič Šišatskij. L’esito dell’incontro: un’intervista dai toni molto pacati ed equilibrati.

In Ucraina continua la protesta in Piazza Maidan. Secondo Lei, quale sarà l’esito di questa turbolenta situazione? Esiste una soluzione a questo problema? E, secondo il Suo parere, quale la soluzione migliore?

Sono certo che il popolo ucraino è un popolo saggio. Credo che la protesta abbia ormai superato ogni limite di ammissibilità, purtroppo è stato versato del sangue. Fino ad ora, nella sua giovane storia di 23 anni, in Ucraina non si è mai arrivati ad un confronto così duro e sanguinoso. È molto triste constatare come tale evento sia ormai parte della storia del Paese; tuttavia, sono ancora fiducioso: possiamo e dobbiamo tornare al dialogo e ad una risoluzione pacifica di questa questione.

Devo dire che la mentalità degli abitanti dell’Ucraina orientale e Sud-orientale è abbastanza diversa da quella degli abitanti dell’Ucraina occidentale e centrale. Non in maniera eclatante, ma la differenza esiste. Possiamo fare un confronto con la situazione in Italia: dove il Nord più industrializzato richiama le nostre regioni orientali e il Sud più rurale è, invece, più simile all’Ucraina occidentale. Ecco quindi un esempio di separazione, che da voi è tra Nord e Sud, mentre da noi è da Est a Ovest.

La popolazione dell’Ucraina orientale e sud-orientale non è così politicizzata. Nell’Ucraina occidentale, con qualsiasi pretesto, è possibile radunare in piazza centinaia di persone per dibattere, discutere di qualcosa, protestare attivamente, anche spostarle da qualche parte del Paese. Nell’Est, al contrario, essendo una regione industriale, la maggior parte delle persone è occupata dal lavoro; è legata alla disciplina, al proprio posto di lavoro, allo stipendio e alla routine quotidiana. Di conseguenza, non possono permettersi, ad esempio, di mollare tutto e andare a Kiev per 2-3 mesi, perché sanno che devono andare a lavorare.

Il primo turno è alle 7:00, poi alle 15:00, e in seguito la notte. Nella regione del Donbass, non si può assolutamente interrompere la produzione; arrestando un impianto metallurgico o una miniera si causa un processo irreversibile dalle conseguenze assolutamente negative. Fermare un altoforno, significa dover spendere poi un centinaio di milioni di dollari per ripristinarne l’attività. Quindi, ecco che il senso di responsabilità non consente di partecipare a lunghi comizi, ed è per questo che i raduni, nell’Est, sono sempre a breve termine, servono solo per esprimere le proprie opinioni. Tutto ciò non può assomigliare alla lunga permanenza in piazza Maidan, con tanto d’installazione di tende.

Penso che si debba quindi trovare un compromesso attraverso il dialogo e, nello stesso tempo, si debba mantenere unita l’Ucraina. Credo che nessuno, né orientale né occidentale, voglia lacerare il Paese. Il crollo dell’Unione Sovietica è stata un’esperienza triste, anche per l’Ucraina. Come pure la dissoluzione della Jugoslavia. Non vorrei che il mio Paese arrivi a ripetere queste esperienze negative.

>Ucraini e Russi, da secoli, sono popoli fratelli. Non c’è famiglia ucraina senza parenti russi. Come può essere spiegare una tal russofobia da parte dei manifestanti?

In riferimento ai manifestanti di Kiev: si! Certo! Soprattutto tra gli abitanti dell’Ucraina occidentale. Probabilmente, per delle ragioni storiche, il nazionalismo ucraino ha radici che vedono Dimitrij Dontsov come proprio padre; Stepan Bandera e Evgenij Konovaletz sono cresciuti sulle sue idee. Ho studiato le radici del nazionalismo ucraino, so che Dontsov era di Melitopol’. Suo padre proveniva da coloni tedeschi. Nella loro famiglia è sempre stato coltivato, per tradizione, amore e imitazione verso la Germania e odio nei confronti della Russia come madrepatria. Pertanto, le radici del nazionalismo ucraino, logicamente, si sono appoggiate a questa percezione teorica.

In un certo modo, si è anche rafforzato per le vittime del regime stalinista. In Ucraina, vi è inoltre una negativa memoria genetica verso l’Holodomor; presente anche tra gli abitanti del Donbass, ma in misura minore, proprio perchè nelle città si manifestò meno che nelle campagne. Ebbene, in un certo grado, oggi, questa russofobia da un lato e un’occidental-fobia dall’altro sono artificiosamente alimentate da forze esterne. È molto triste, ciò non porterà mai a nessun compromesso costruttivo. Penso che, da tali fobie, ci si debba allontanare; in tal senso, per trovare una soluzione di compromesso, è necessario respingere simili misure estreme. Quando nel centro del gruppo ci si metterà d’accordo, sarà più facile calmare i falchi sia da una parte che dall’altra.

Tutti parlano delle richieste dei manifestanti di Euromaidan. Non si parla mai dell’opinione delle regioni Sud-orientali dell’Ucraina. Qual è la loro posizione? Come reagisce la sua popolazione?

Innanzi tutto va detto che la popolazione del Sud-est dell’Ucraina è abbastanza rispettosa della legge. C’è un alto livello di paternalismo. Noi, qui nell’Est, siamo stati educati al dialogo costruttivo, alle elezioni, agli accordi in parlamento per formulare delle efficaci politiche di governo e di conciliazione al fine di preservare l’integrità dell’Ucraina. Siamo lontani sia da posizioni estreme, radicali che da situazioni che possano sfuggire di mano.

I manifestanti, con il sostegno di politici europei e americani ritengono non legittimo il presidente Janukovič, che pure ha regolarmente vinto le elezioni. Il governo ucraino avrebbe il diritto di usare la forza per reprimere le manifestazioni violente?

Ritengo che anche nell’Ovest non esistano dubbi sulla legittimità delle elezioni del presidente dell’Ucraina, che oggi non è in discussione. Non riconoscere il presidente e il parlamento è una forma di protesta, e qui lo dico in maniera precisa: la piazza è uno strumento in mano all’opposizione. Lo è sempre stato. Ma il governo non dovrebbe rispondere alle marce pubbliche, naturalmente dovrebbe rispondere: o con un compromesso, o con forme d’accordo, non escludendo la possibilità d’isolare le forze più radicali. Chi detiene il potere, credo, dovrebbe essere più tollerante.

Non sempre è necessario l’uso del manganello, si può anche prendere sottobraccio e accompagnare sui mezzi della polizia; bisogna sempre trovare, in assoluto, la risposta più adeguata alla situazione. Voglio inoltre sottolineare che, a mio parere, oggi, il potere sta dando prova di grande fermezza. Penso che questa sia la giusta linea d’azione.

Non si deve schiacciare con la forza il proprio popolo, bisogna sempre dialogare. È indispensabile far rientrare la gente dalle strade per negoziare, trovare una valvola di sfogo a questa energia, e, solo allora, verso gli ultra-radicali si potrà adottare “la lingua dell’ultimatum”, o la forza della polizia. Ma, verso la maggior parte dei manifestanti e dell’opposizione, si deve sempre offrire un’uscita di compromesso.

Politici europei e americani sono giunti in Piazza Maidan per sostenere la protesta. Si tratta di un’ingerenza alla sovranità dell’Ucraina?

Come ha detto Marx: “È la realtà che determina la consapevolezza”. Oggi, l’economia dell’Ucraina si trova in una posizione tale, per cui il governo ucraino, evidentemente, è costretto a dover subire anche il peso dei suoi creditori. Questo spiega il perché della sua mancanza di reazione.


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