Magazine Cultura

CUORE DI CARTONE di CARLO DEFFENU

Da Carlo Deffenu
CUORE DI CARTONE di CARLO DEFFENU
Dopo il mio ultimo post... molto intimo e doloroso... ho fatto fatica a scrivere qualcos'altro. Alla fine ho decido di regalarmi - e regalarvi - un piccolo racconto.Spero sia un gesto gradito. 
Buona lettura.
CUORE DI CARTONE
Estella vide il cumulo di cartoni prima di suo padre Santiago. Urlò per la gioia e cominciò a correre, inseguita da suo fratellino Remo. Un supermercato aveva lasciato un pianale di cartoni, scatole e imballaggi vari vicino ai cassonetti maleodoranti. Santiago arrivò con il carrello e studiò la pila di rifiuti con occhio critico: per quella notte avrebbero potuto riempire i loro cinque sacchi di carta e completare il carico. Estella tagliò le corde di nylon con un coltellino e cominciò a smistare il cartone insieme al padre.«Ehi, guarda cosa c’è!» disse Remo, indicando un punto dietro l’ultimo cassonetto della fila.Estella si avvicinò per controllare e vide un ragazzino seduto sul bordo del marciapiede, con lo sguardo fisso su di loro.«Ciao, cosa fai qui?» chiese la bambina.Il ragazzino si alzò e si spolverò il fondo dei pantaloni: indossava un completo blu, di quelli che si vedono solo nelle scuole dei ricchi, una camicia bianca con il colletto stropicciato e una cravatta rossa. «Ciao, io sono Josh» disse il ragazzino biondo, allungando una mano.Estella si girò verso il padre prima di rispondere al saluto.«Ti sei perso?» chiese Santiago, guardando l’abbigliamento curato del ragazzino.«Mi sono perso» confermò lui.«E come hai fatto a perderti?»«Sono stato lasciato qui… ora sono solo…»Estella fissò il padre, incredula e sgomenta davanti a quelle parole così tristi. «Ti va di venire con noi?» chiese Santiago.Il ragazzino sorrise e rispose di “sì” con la testa.Finirono di riempire il carrello con il resto del cartone e lentamente raggiunsero Avenida 9 de Julio dove li aspettava il camion che avrebbe caricato tutti i carrelli dei cartoneros della cooperativa. Josh li seguì senza fiatare ed Estella, tra una spinta e l’altra, provò a farci amicizia; quando arrivarono al punto di raduno sapeva soltanto la sua età e i nomi dei genitori. Una volta che il carrello fu caricato sul camion, si mossero verso la fermata del bus che li avrebbe riportati verso la stazione centrale di Retiro. Remo si pulì il naso con le dita e Santiago lo riproverò. Finiva sempre così: dopo una notte di lavoro in mezzo alla carta e i cartoni, ti ritrovavi scaglie finissime di cellulosa dentro le narici e nelle orecchie; se ti soffiavi il naso veniva fuori un muco scuro che sembrava dulce de leche. Estella, dal finestrino del bus, guardò le luci di Buenos Aires e le vetrine dei negozi con gli addobbi per il natale. Tutto dormiva, in attesa di risvegliarsi alle prime luci dell’alba. Aveva sempre sognato un natale con la neve e le renne, ma nella sua città le cose non andavano così: a dicembre l’estate imperversava e ti toccava uscire con i sandali e i vestiti corti. Josh non parlò per tutto il viaggio, ed Estella pensò a cosa avrebbe detto sua madre davanti a quel ragazzino ricco, vestito come un principe e con un visino così bello che avrebbe potuto recitare in una telenovela. Aveva detto di avere undici anni e dal cipiglio sembrava non temere nulla: osservava le strade con una serietà incredibile, come se in qualche modo volesse memorizzare tutto il percorso del bus.«Siamo arrivati» annunciò Santiago, alzandosi dal sedile qualche metro prima della fermata. Josh attese Remo ed Estella e si alzò anche lui, seguendoli verso l’uscita. Santiago salutò i colleghi e, con le ossa stanche e doloranti, s’incamminò verso i binari per raggiungere la baracca di legno e lamiera dove li attendeva Sofia, sua moglie, con la colazione pronta. Quando entrarono nell’umile dimora trovarono il tavolo apparecchiato con marmellata, miele, fette di pane e dolci alla cannella. Sofia apparve da dietro una tenda e si fermò sull’uscio della cucina.«Lui è Josh» disse Santiago, toccando la spalla del ragazzino, «lo abbiamo trovato sulla Avenida Corrientes. Dice di essersi perso… ho pensato di portarlo a casa prima di parlare con la polizia.» Sofia lo scrutò con attenzione e, dopo qualche secondo di sconcerto, distese le labbra indicandogli una sedia. Un piccolo cane entrò a fatica nella stanza strisciando le zampe posteriori sul pavimento di assi. «Lo hanno picchiato con un bastone… è rimasto paralizzato», disse Estella, seguendo lo sguardo incuriosito di Josh.«Non cammina più?» chiese il ragazzino.«Striscia… e si fa sempre la cacca addosso. Per questo ha il pannolone…»Josh sorrise. Era la prima volta che lo faceva da quando lo avevano incontrato. Estella pensò che era un ragazzino diverso da tutti quelli che aveva conosciuto fino ad allora e sorrise anche lei; per non farsi prendere dall’imbarazzo morsicò una fetta di pane e ne passò un pezzo a Josh.«No, grazie. Non ho fame» rispose lui. Josh non mangiò quel mattino e non lo fece neanche quella sera. Santiago, distrutto dal lavoro, non riuscì ad andare alla polizia ed Estella supplicò la madre di tenere ancora un po’ il misterioso ragazzino.Josh dormì insieme a lei e Remo nel lettone con il materasso imbottito, e si alzò alle dieci di sera per raggiungere il posto di lavoro con tutta la famiglia Arana.Raccogliere cartone per le strade era faticoso e non sapevi mai cosa ti poteva succedere. Solo Santiago era regolarizzato e percepiva un salario: i figli lo aiutavano quando potevano. Josh si dimostrò un lavoratore instancabile: con il suo aiutò i sacchi aumentarono da cinque a sette nel giro di una notte, e Santiago, davanti a quell’incremento di fatturato, ci pensò mille volte prima di avvertire la polizia per la scomparsa del ragazzo. In fondo, qualche giorno in più nell’anonimato di una grande città non cambiava la vita di nessuno. Estella era felicissima e faceva di tutto per spalleggiare le ragioni del padre contro i dubbi della madre.  Il pomeriggio Josh usciva per conto suo e tornava sempre con un regalo: un giorno una scatola di carne, il giorno dopo un vasetto di viole, il giorno dopo ancora un pupazzo di stoffa. Non mangiava mai con la famiglia e quando entrava nel piccolo bagno usava pochissima acqua e non lasciava mai brutti odori. A volte parlava in modo strano, o si incantava fissando il vuoto.Sofia si convinse ben presto che nascondesse dei soldi da qualche parte e mangiasse le cose che gli piacevano lontano dai loro occhi. Quella situazione le metteva ansia e riusciva a dormire sempre di meno man mano che i giorni passavano. Dopo una settimana, alla vigilia del natale, litigò con il marito. «O vai alla polizia… o ci vado io. Questa storia non può durare all’infinito.»Santiago si arrese: non poteva far finta di niente, anche se i figli adoravano Josh e il lavoro non era mai stato così remunerativo come da quando era arrivato quel ragazzo.«Domani ci vado… promesso. Stanotte non lavoriamo… ma domani, giuro, ci vado.»E così Santiago, con quel giuramento, calmò sua moglie. Quella sera la portò al cinema e dopo il film arrivarono a Puerto Madero in taxi, per passeggiare e mangiare un gelato come due turisti qualsiasi, ignari delle pulsioni segrete di quella città vorticosa.
Estella era felice per i suoi genitori. Si erano regalati una serata diversa dopo due anni di rinunce. L’arrivo di Josh, e i soldi in più entrati con la vendita del cartone, avevano permesso alle loro tasche questo piccolo strappo alla regola. Remo dormiva con la bocca spalancata, e anche Josh dormiva profondamente, le mani conserte sul petto come una mummia. Estella sorrise, divertita ed estasiata dalla bellezza del ragazzino, e si addormentò pensando a un carro di rose che la portava verso una chiesa illuminata di bianco.Il primo a svegliarsi fu Josh. Urlò qualcosa e saltò giù dal letto.Estella spalancò gli occhi: tirata fuori con violenza dai suoi sogni, si ritrovò un muro di fiamme intorno al letto. Provò a svegliare Remo, ma suo fratello non reagiva agli scossoni e alle urla. Josh sfondò con una sedia la piccola finestra del bagno e, sistemando uno sgabello sotto il davanzale, chiamò Estella.«Allarme… c’è fumo… sali, ti aiuto io…»«Mio fratello…» gridò lei, terrorizzata dalle vampate di calore che stavano mordendo la baracca. Qualcuno si avvicinò alla finestra e allungò le mani per aiutare le persone rimaste imprigionate.«Salta… è un ordine!»Estella si fidò di Josh. Salì sullo sgabello e si lasciò portare fuori dalle braccia di un uomo che riconobbe solo in un secondo momento: era Diego, un collega di Santiago.Josh tornò a prendere Remo e a fatica riuscì a farlo passare attraverso l’intelaiatura della finestra. Quando fu sicuro di aver fatto tutto il possibile, saltò a sua volta.Estella lo raggiunse e lo abbracciò forte.Il latrato arrivò un secondo dopo… lungo e disperato.«Pepe è rimasto dentro… Pepe…»Josh si arrampicò un’altra volta sul davanzale ed entrò nella baracca per salvare il cane.Le fiamme erano ovunque e il calore bruciava la pelle e gli occhi. Sentì un dolore all’altezza del polpaccio: una trave era caduta dal soffitto, colpendolo sulla gamba. Vide il cane nascosto sotto una sedia, si avvicinò per prenderlo, e il fuoco gli bruciò i capelli con una fiammata improvvisa.Con Pepe stretto tra le braccia cercò di raggiungere il bagno; un rumore assordante lo avvolse in un turbinio di fumo, fuoco e scintille.Estella vide la baracca piegarsi come un castello di carte e urlò disperata il nome di Josh.Inutilmente.Quando i pompieri arrivarono era tutto finito.
Alle prime luci del giorno, sotto la schiuma degli idranti, furono domate le fiamme che avevano devastato una decina di baracche. Oltre a Josh e Pepe, erano morti due bambini e un’anziana invalida. Santiago e Sofia trovarono solo detriti fumanti e desolazione quando tornarono a casa. Estella piangeva. Remo era stato portato in ospedale per accertamenti.Quando la gru spostò le lamiere del tetto, uno strano fagotto emerse dalle macerie.Tra le braccia stringeva i resti carbonizzati di un piccolo cane.Il metallo dei suoi ingranaggi era annerito e i cavi si erano fusi per il calore sviluppato dall’incendio.Estella guardò suo padre, incredula. Sofia scoppiò a piangere, e tutti gli abitanti di Retiro si domandarono da dove arrivasse quel piccolo eroe meccanico rannicchiato in mezzo alle rovine.

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :