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Da pepito rossi a francesco lodi, storie amare di inizio 2014

Creato il 07 gennaio 2014 da Carloca
DA PEPITO ROSSI A FRANCESCO LODI, STORIE AMARE DI INIZIO 2014                                          Pepito Rossi: ancora guai fisici per lui
Un anno fa, più o meno di questi tempi, avevo scritto un post per celebrare il ritorno in Italia, grazie al fiuto della Fiorentina, di Giuseppe Rossi. Un acquisto in prospettiva, poiché Pepito era ancora ai box per smaltire gli ultimi, laboriosi postumi dell'ennesimo grave infortunio, ma non era necessario essere profeti per capire che, una volta rimesso a nuovo, lo sgusciante attaccante avrebbe impresso a chiare lettere il proprio marchio sulla nostra Serie A, come si è puntualmente verificato nella stagione in corso. Una stagione che ci ha fatto scoprire un Rossi nuovo, bomber persino più implacabile di quello che eravamo abituati a vedere: fromboliere inesorabile e puntuale, quasi volesse recuperare a suon di gol il troppo tempo perduto in giro per ospedali e infermerie. Oggi, a distanza di mesi, mi ritrovo a dover nuovamente scrivere del golden boy azzurro: è, dovendo far ricorso a un luogo comune fra i più abusati, il classico articolo "che non avrei mai voluto scrivere". LA SFORTUNA ESISTE... - Pepito è di nuovo ko, dopo l'intervento scomposto del livornese Rinaudo nel primo match del 2014. Sempre lo stesso ginocchio destro, martoriato già da due gravissimi infortuni. Uno schiaffo a chi si ostina a sostenere che no, fortuna e sfortuna non esistono, che ogni essere umano si crea da solo il proprio destino, bello o brutto che sia. Certo, come no: e torti e favori arbitrali a fine stagione si compensano, e gli asini volano, e via dicendo... Il fatto che non vi sia stata un'altra rottura dei legamenti è consolante soprattutto per le prospettive di carriera del ragazzo, che in caso contrario avrebbe davvero corso il rischio di vedere compromessa la sua futura attività agonistica. Le buone notizie però, a quanto pare, si fermano qui: lo stop sarà lungo, e così la Fiorentina, che in estate aveva messo in piedi un attacco monstre con lo stesso Rossi e con Mario Gomez, ora si ritrova di fatto... spuntata. Difficilmente il talento nato negli States potrà dare ancora un contributo significativo al team di Montella in questa stagione, mentre, ed è la cosa che più mi preme, diventa a rischio anche la partecipazione al Mundial brasiliano, proprio ora che Prandelli sembrava aver trovato la formula giusta per la prima linea, col viola affiancato a Balotelli. COME TOTTI O COME PABLITO? - In questi giorni un po' tutti provano a farsi coraggio, e a farlo a Giuseppe, ricordando un episodio in tutto e per tutto simile: il grave infortunio di Totti, in un match contro l'Empoli, pochi mesi prima di Germania 2006. Lippi lo aspettò e lo portò al Mondiale, dove il romanista arrivò al 30 - 40 per cento di forma e diede, in verità, un apporto assai limitato. La speranza è che Rossi in Brasile possa arrivarci al top della condizione o giù di lì, perché è un elemento fondamentale per la nostra Nazionale, più di quanto lo fosse il Pupone per la solida Italia poi trionfatrice a Berlino. E allora, un paragone di miglior auspicio potrebbe essere con l'altro Rossi "storico" del calcio azzurro, il Pablito che nel cuor ci sta: anche se per motivi radicalmente diversi (squalifica di due anni per il discusso coinvolgimento nel calcioscommesse) anche lui si rese disponibile per la squadra di Bearzot solo poche settimane prima del mondiale spagnolo del 1982. Aveva giocato soltanto le ultime tre partite di campionato con la Juventus, era ancora imballato, l'ombra dello spietato attaccante che fu, ma recuperò brillantezza in tempo per entrare nella leggenda del football planetario. Ecco, sarebbe bello che, "da Rossi a Rossi", Pepito seguisse in toto le orme di Pablito. In fondo, mancano quasi sei mesi, non è pochissimo. Ce la puoi fare, Giusé!LODI, CHE DELUSIONE - Altra storia amara, per quanto radicalmente diversa, quella di Francesco Lodi. Chi segue "Note d'azzurro" sa quanta speranza io riponessi in lui: fin dall'estate scorsa, ho scritto che al Genoa era arrivato un campione autentico, uno che poteva far fare un salto di qualità importantissimo alla squadra e, con Gilardino, alzare l'asticella delle ambizioni del Grifone. L'inizio era stato pure incoraggiante, con quella splendida punizione a siglare il definitivo 3 a 0 nel derby: gol non decisivo, ma di quelli che comunque restano nella memoria collettiva. Ecco, di fatto quello è stato l'ultimo (l'unico?) atto di presenza di Lodi a Genova. Problemi di natura personale, forse sentimentale, si è detto e scritto: vox populi e tam tam fra i tifosi, ossia dicerie che possono anche essere vere ma alle quali mi dà sempre un po' fastidio dar credito, in quanto mai supportate da prove concrete e spessissimo, in altri casi del passato, rivelatesi del tutto prive di fondamento. E comunque non è compito mio, né dei giornalisti né dei tifosi, entrare nella sfera privata di un calciatore. APPORTO INCONSISTENTE - Io giudico solo ciò che vedo in campo: per quattro mesi, Lodi, colui che doveva prendere in mano le redini del gioco genoano, non si è di fatto mai visto. Per nulla incisivo in campo, e poi spesso relegato in panchina o in tribuna. Con Gasperini, il suo apporto era diventato del tutto ininfluente, il suo ritorno a Catania subito in avvio di calciomercato è parso quasi una liberazione sia per lui, sia per il Genoa. Attenzione però:  non siamo di fronte a uno dei tanti casi di giocatori validissimi che sotto la Lanterna, sponda rossoblù, non hanno reso anche per cause ambientali e per disagi tattici (da Veloso a Rafinha, da Toni al primo Gilardino, per citare esempi recentissimi,). Nel caso di Lodi, mi sento di poter dire che la colpa sia stata solo sua, perché nel Genoa di quest'anno, più equilibrato  e meglio costruito rispetto al recente passato, le condizioni per un proficuo inserimento vi erano tutte, e perché altrimenti non si spiega la duplice metamorfosi: da potenziale Nazionale in quel di Catania a modesto mestierante a Genova, e di nuovo calciatore vero poche ore dopo il suo ritorno in terra etnea: ieri contro il Bologna, gara volitiva, assist gol per Bergessio e 2 a 0 siglato in prima persona su rigore. In pratica, in novanta minuti ha fatto più di quanto mostrato in quattro mesi in Liguria. E, dopo la rete, solito florilegio di baci a tatuaggi e canotte assortite, come se nulla fosse successo. Insomma, una delusione sotto tutti i punti di vista. Per essere campioni veri il talento non basta: ci vuole anche il carattere, la capacità di superare gli impacci psicologici e le difficoltà di ambientamento. Senza contare che, ormai, neppure i brasiliani soffrono più di saudade, i tempi di Eloi sono lontanissimi, per fortuna. Addio, senza rimpianti, da un ex estimatore. 

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