Magazine Diario personale

Dachau

Da Laconiglia

[colonna sonora di questo post: Titanic soundtrack - Hymn to the sea]
Qui vicino Monaco c'è qualcosa che ricordi l'olocausto degli ebrei?
Si...c'è Dachau
Mi piacerebbe tanto andarci.
Ora? Sotto Natale?
Si, per me sarebbe molto importante...io non ci sono mai stata ma il tema mi ha appassionato sin da quando ero bambina
Va bene, ti porterò a Dachau

Abbiamo varcato quel cancello, quel piccolo cancello sormontato dalla tristemente nota scritta 'Arbeit Macht Frei' mentre ancora mi risuonavano nelle orecchie le tue parole:
ancora tutti noi ci portiamo dietro la vergogna di quello che è accaduto e anche se io non lo voglio, anche se nessun tedesco lo vorrebbe, tutti siamo stati coinvolti. Anche se io non ero nata i miei nonni si, e l'hanno vissuto. Non potevano scegliere. Nessuno poteva. O eri con loro o eri morto.
Ma oggi, oggi che noi siamo qui dobbiamo portare addosso l'immenso peso di ciò che è accaduto e anche se noi giovani siamo senza colpa ci sentiamo addosso una macchia, difficile da dimenticare.

Abbiamo visto quello spiazzo. Quello spiazzo immenso dove venivano riuniti tutti i prigionieri. L'abbiamo visto nel modo in cui doveva apparire a loro nei giorni peggiori, col freddo e la neve.
Noi dentro i nostri cappotti caldi, i guanti e le sciarpe, loro negli abiti leggeri.
Sia noi che loro con lo sguardo triste eun pò perso. Noi consapevoli di ciò che è stato, loro chissà.
Entriamo nel museo e osserviamo le lettere, mi traduci qualcosa dal tedesco, mi spieghi cosa vogliono dire quei cartelloni della propaganda, osserviamo e riflettiamo mentre nell'orecchio ho l'audioguida che mi parla di orrori accaduti meno di un secolo fa.
File e file di piccole celle.
Stanze immense dove si decideva della vita di uomini e donne.
Una piccola stanza dove si ricorda chi ha perso la vita tra gli stenti li dentro o per un colpo di pistola.
E un filmato. Un filmato in inglese dove ascoltiamo e riviviamo Dachau com'era.
Quando fanno vedere ciò che hanno trovato gli americani al loro arrivo, quando vediamo quei corpi pallidi come legni levigati dal mare e dal sole, quando sentiamo un grido muto rompere il silenzio che ci avvolge, chiudiamo gli occhi e aspettiamo che passi. Poi io mi faccio forza e li riapro e ti sento vicino a me, con gli occhi bassi, mentre osservo e quasi sto male a vedere certe scene.
Ma quel silenzio è così, terribilmente, pesante che è difficle che tu non percepisca ciò che io provo mentre osservo.
Siamo due donne in una sala cinematografica con pochi spettatori. Nessuno ci è seduto affianco e io vorrei solo abbracciarti perchè tu non centri nulla, tu non hai fatto nulla, sei una persona così buona e dolce, ma in quella tua espressione, in quel tuo sguardo rivedo le tue parole e vorrei poterti consolare e mi sento così stupida ed egoista per averti portato in un posto del genere, poco prima di Natale, che tu aspetti con tanta gioia...
Le luci si accendono, la sala si svuota silenziosamente.
Usciamo e andiamo a vedere i dormitori.
Mentre ci avviciniamo di erge vicino a noi una scultura con la scritta 'Mai più' in tante lingue del mondo...
Le leggo tutte, alcune non le capisco ma il messaggio è sempre chiaro e traspare da quella pietra in mezzo alla neve.
Più giù ci dovrebbe essere la camera a gas, anche se qui non l'hanno mai usata...
Vuoi andare a vederla?
...Andiamo via...
Ti ho abbracciata e ci siamo dirette così verso l'ingresso percorrendo il campo dell'appello.
Un barlume di fievole luce ci colpiva il viso, i nostri passi risuonavano sulla ghiaia e qualche altro visitatore distratto ci ha visto uscire ancora strette in un abbraccio consolatore.
Plus Jamais
Never Again
Nie Wieder
Mai PIÙ
Dachau

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