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David Davenport, la Carta del Cielo del Nord e le Rotte dei Vimana nel cosmo

Creato il 19 giugno 2015 da Dariosumer

di Enrico Baccarini
La Carta del Cielo del Nord disegnata da Davenport sulle indicazioni di antichi trattatiIgnorata nei decenni, sepolta dai ricordi e da un silenzio assordante, alcuni anni fa durante le nostre ricerche siamo riusciti a recuperare uno degli ultimi studi che Davenport condusse poco prima di morire e che confluì in una mappa stellare che lui stesso chiamò ‘Carta del Cielo del Nord’ a cui lo studioso dedicò molti sforzi prima di spegnersi, costituendo una eredità da approfondire per le generazioni future.Questa è probabilmente la prima volta che la Mappa di Davenport viene pubblicata in versione integrale e in buona risoluzione (analizzabile e studiabile). Per quanto nota fin dalla sua prima composizione, la così detta Carta del Cielo del Nord non ha mai visto veramente la luce se non limitatamente, in sporadiche riviste di settore che non le hanno certamente dato il giusto valore e rilievo che avrebbe meritato. Una voluta coltre di silenzio che ne ha celato indebitamente l’esistenza per quasi 30 anni da parte di coloro che gridando alla libertà di informazione in realtà celano velleità ben più personalistiche e oscurantiste.Ma questa è un’altra storia. Siamo venuti in suo possesso grazie a due amici di Davenport, il primo che ce ne fece dono fu l’amico Giulio Perrone (già dirigente RAI) oggi scomparso ma a cui mi legò una profonda amicizia. E’ stato però grazie allo sforzo congiunto con il ricercatore e amico Fabio Siciliano che, dopo decenni di silenzio, i veri misteri dietro questa carta stellare sono finalmente potuti tornare alla luce.
Ricostruzione originale con annotazioni realizzata da David W. Davenport del Rukma Vimana secondo le descrizioni fornite nel Vymanika Shastra.Dal 2009, con Fabio Siciliano, abbiamo sottoposto la mappa a minuziose analisi e solo oggi possiamo comprendere ciò che Davenport aveva iniziato a sviluppare, ovverosia una carta che descriveva le antiche rotte che gli dei indiani, identificati come visitatori cosmici, seguivano per giungere sul nostro pianeta ovvero l’esistenza di sistemi solari abitati da altre forme di vita.Il tutto ci potrà forse suonare assurdo o incredibile ma riecheggiano nella nostra mente i versi del Padma Purana, testo noto almeno dal 500 a.C., in cui si afferma che “nel cosmo esistono 8.400.000 forme di vita, 900.000 delle quali sono acquatiche, 2.000.000 sono costituite da alberi e piante; 1.100.000 sono piccoli esseri viventi come insetti e rettili; 1.000.000 di volatili; 3.000.000 sono animali ed infine 400.000 sono specie umane“, quindi forme di vita intelligenti simili alla nostra!vimsaubhaSempre in riferimento alla Carta, e alle fonti attraverso cui fu realizzata, negli anni ho potuto ascoltare svariate e contrastanti ‘ipotesi’.La realtà dietro tutto ciò ci viene fornita però dallo stesso Davenport, o meglio dai suoi diari che siamo riusciti provvidenzialmente a ritrovare, ed in cui lo stesso David fornisce gli elementi chiave per la risoluzione dell’enigma.Abbiamo identificato il primo riferimento in un quaderno scritto nel 1980 in cui, alla data del 5 gennaio, Davenport scrisse “…interessanti notazioni per la ricerca, scoperte le coordinate dei tunnel spaziali e delle energie cosmiche nel Surya Siddhanta + astronomia nella preistoria umana + Mahabharata…”.Da questa prima notazione si apprende come la fonte primaria da cui Davenport sviluppò la sua Mappa del Cielo del Nord fu grazie al Surya Siddhanta, il più antico trattato astronomico al mondo scritto in lingua sanscrita ed il cui nome letteralmente significa “il perfetto trattato degli Dei solari“.Il testo possedeva, inoltre, un’origine ‘divina’. Secondo quanto scritto nelle sue stesse pagine venne infatti enunciato da un messaggero del dio del Sole, Surya, al famoso asura Maya Danava verso la fine dell’ultimo Satya Yuga.
Il 9 gennaio 1980 Davenport aggiunge “… osservata la posizione astronomica dei pianeti e delle costellazioni delle Nakshatra vediche, dal Vymanika Shastra dal Surya Siddhanta: e le rotte delle navi spaziali (i Vimana, n.d.a.) e dei campi di energia nei settori definiti”.Il termine Nakshatra identifica le ‘case’ astronomiche indiane, il corrispettivo della nostra suddivisone in Costellazioni della volta celeste.Davenport aveva speso molti anni a studiare gli antichi testi sanscriti e aveva potuto confrontarsi con i più importanti studiosi indiani di quel periodo. Ne deriva un quadro alquanto interessante ed emozionante in cui il più antico trattato astronomico al mondo (il Surya Siddhanta) e un testo sull’antica scienza aereonautica indiana (il Vymanika Shastra), oramai di comprovata genuinità, sembrano aver custodito per secoli e millenni informazioni che vanno ben oltre tutto quanto abbiamo fino ad ora trattato.Alla data dell’11 gennaio 1980 Davenport annota “completata una bozza della mappa stellare”. Il lavoro febbrile compiuto in anni di ricerche, viaggi e traduzioni da antichissimi manoscritti sembrava essere giunto ad un punto di svolta, ad un traguardo che lo stesso Davenport, ritengo, non avrebbe mai pensato di raggiungere.vima01Dobbiamo fermarci un momento per comprendere il contesto all’interno del quale si contestualizza la Carta realizzata da Davenport. L’India, e il meno conosciuto Pakistan, sono luoghi del tutto straordinari, realtà in cui sono state conservate per millenni conoscenze antichissime successivamente trasposte in lingua sanscrita.La maggior parte di questi trattati non è disponibile nelle lingue occidentali e molti di questi testi esistono in forma di singolo manoscritto presso le biblioteche dei templi o addirittura, come evidenziato più volte, furono tramandati in forma orale da Maestro a discepolo attraverso la Sruti.Si tratta di testi di carattere non solo religioso ma anche matematico, astronomico o scientifico. Il più noto è appunto il Surya Siddhanta, la cui traduzione moderna è basata su ‘ipotesi’, giacché il libro appare descrivere uno scenario astronomico che non si accorda sempre e completamente con quello odierno. Parimenti, i suoi contenuti ci presentano un livello di dettaglio scientifico e analitico totalmente straordinario.hinduthreeVeniamo alle analisi compiute assieme a Fabio Siciliano sulla Carta del Cielo del Nord. Per questioni di spazio saremo costretti a fornirne in questa sede solo un breve cenno ma siamo già alle prese con un’analisi molto più approfondita che cercherà di sondare ogni aspetto, mistero ed errore al fine di fornire al pubblico materiale che per troppo tempo è stato eclissato e che, invece, reclama il suo doveroso posto nella storia in memoria di chi lo realizzò.La mappa fornisce una rappresentazione, nella nostra epoca, del cielo boreale in Ascensione Retta e Declinazione.
La Carta è costituita da cinque cerchi concentrici paralleli di latitudine celeste (Declinazione – Dec) centrati sul Polo Nord Celeste. Il cerchio più esterno è l’Equatore Celeste, i cerchi delimitano quattro corone circolari detti “annuli” o “quadranti” e sono distanziati di 20°. La mappa è divisa in 24 settori da altrettanti meridiani di longitudine celeste (Ascensione Retta – AR) fra i quali il meridiano zero (0h) dell’equinozio di primavera.Da sinistra: David W. Davenport, Josier, Ettore Vincenti
Da sinistra: David W. Davenport, Josier, Ettore VincentiLa Carta non riporta tutte le stelle visibili ma solo alcune, evidentemente le sole ritenute “interessanti“. Vi sono indicate in tutto 65 stelle, due sono segnate invece fuori dalla mappa e una delle ‘rotte’ indicate conduce al sistema di Sirio A+B, mentre un secondo sistema stellare australe è indicato lungo l’Equatore Celeste in basso a destra ed è quello di Lambda Acquarii (FK5 871).In basso a destra è riportata la firma del suo autore “David W. Davenport”, a testimonianza del certosino lavoro condotto dal ricercatore. Disgiunta dalla stessa mappa troviamo anche una tabella che amici vicini a Davenport ci hanno confermato essere stata realizzata dal giornalista Ettore Vincenti.Dallo studio comparato della Mappa con le carte astronomiche più attuali e i testi più remoti dell’antica India emergono dati veramente sconcertanti.Anzitutto la Mappa di Davenport mostra la posizione ‘attuale’ delle stelle e non, come sostenuto fino a poco tempo fa, una rappresentazione stellare del 10.000 a.C. Al suo interno, infatti, la Stella Polare si trova nella sua posizione odierna. Nel 10.000 a.C. il Polo Nord Celeste si trovava nella costellazione di Ercole, e non nell’Orsa Minore come avviene adesso e nella stessa Mappa in questione.
Riferimento nella Carta di Davenport a ‘Viman Passage’, quasi ad indicare la presenza di ‘scorciatoie stellari’ (©Enrico Baccarini)Secondo Fabio Siciliano ed il sottoscritto la Mappa di Davenport ha lo scopo prioritario di evidenziare alcuni sistemi stellari definibili come “notevoli” in quanto, secondo l’ipotesi di Davenport, abitati, e culla da cui provennero le ‘visite divine’ nell’India Vedica.
Oltre alla Terra, detta Bhuloka e posta nel centro, e ad una selezione di alcune stelle e costellazioni, nel cerchio centrale (entro 20°) ed intorno al terzo (50°) e quinto cerchio (90°, Equatore Celeste) sono presenti 10 scritte in Sanscrito. Nel complesso la mappa indica le rotte seguite dai Vimana e dai Deva, i loro occupanti, per raggiungere Bhuloka, evidenziando anche i gruppi di stelle abitate poste sui loro percorsi.Le rotte tracciate sono le seguenti (in senso orario):
– Arturo-Polare;
– Altair-Polare;– Altair-Andromeda;
– Polare-Andromeda;
– Andromeda
-Alcyone(Pleiadi);
– Polare
-Alcyone(Pleiadi);
– Alcyone (Pleiadi)
-Aldebaran(Iadi);
– Aldebaran(Iadi)
-Betelgeuse (passando per la Cintura di Orione);
– Betelgeuse-Capella;
– Capella-Polare;
– Polare-Betelgeuse;
– Polare-SirioA+B (fuorimappa).
Da notare che, giacché accanto alla Polare, Dhruva in Sanscrito, è parimenti indicata Bhuloka, il senso generale della mappa ci indica come la destinazione di molte delle rotte indicate fosse proprio la Terra. Nel complesso 7 percorsi su 12 puntano al nostro pianeta.Nel quadro appena delineato una costellazione in particolare, e le sue stelle limitrofe, risultano di particolare interesse, Orione. Nella mappa di Davenport, e secondo le sue teorie, questo settore stellare sembra essere densamente ‘popolato’ e attraversato dalle numerose rotte stellari.In concomitanza con la stella Alpha Orionis troviamo una denominazione interessante che Davenport riprese dal Surya Siddhanta. La stella, più nota come Betelgeuse, era chiamata in sanscrito Ardra, letteralmente ‘umida’ o ‘verde’! Forse ad indicare che in un pianeta prossimo a questa stella esistevano le condizioni per poter ospitare la vita?Davenport fu profondamente interessato a questa zona della costellazione di Orione, in particolare modo ad un asterisco (o gruppo di stelle) denominato in sanscrito Mriga Shiras. Da non dimenticare come la stessa costellazione di Orione fosse stata profondamente importante per moltissimi popoli dell’antichità. Nel suo significato etimologico la parola ritroviamo la  parola plurale “nephilim”, nella Bibbia considerati gli angeli caduti o discesi sulla Terra. In aramaico il singolare “nephila” indicava proprio la costellazione di Orione così come per i caldei “niphla” indicava sempre Orione. E’ possibile ritenere che gli dei, o alcuni di essi, descritti negli antichi testi sanscriti provenissero proprio da questo settore galattico? Perché no?
Dettaglio della Carta. A destra si osserva la scritta ‘Ardra’ mentre al centro il gruppo di stelle identificato come Mriga S’iras. Le linee tratteggiate corrispondono alle rotte dei Vimana nello spazio. La stella trae il suo nome moderno dalla distorsione della parola araba Ib al Jauzah, ma nella sua più antica forma pre-aramaica era composta dalle parole Beth, casa, ed El, Dei, letteralmente la Casa degli Dei.
Sia il nome sanscrito che quello pre-aramaico, per Davenport, sancirono il profondo valore di questa stella.Nel pantheon delle divinità induiste Ardra/Betelgeuse è presieduta inoltre dal dio Rudra, antico nome di Shiva, la cui immagine fu rappresentata, in posizione Yoga, su alcuni sigilli rinvenuti a Mohenjo Daro e datati al 3000 a.C., cinquemila anni fa. Come abbiamo osservato nel nostro testo, la tradizione vuole che l’AdiYogi Shiva fosse ‘sceso’ sul monte Kailash oltre 40.000 anni fa e da qui, dopo aver meditato per un tempo lunghissimo, avesse impartito i propri insegnamenti ai SaptaRishi, i Sette Saggi.Ovviamente questo è solo l’inizio e la nostra ricerca di risposte a questo e ad altri misteri legati all’India antica e al lavoro condotto da David W. Davenport proseguiranno.

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