Pont Du Gard non lascia indifferenti. Arrivi al suo cospetto in una calda giornata d’estate, quando il sole è a picco e il cielo è azzurro intenso. Guardi attraverso le sue arcate, vere finestre aperte sul paesaggio circostante, e scopri una gola rigogliosa e fiera, in mezzo alla quale scorre un fiume che un tempo doveva essere ben più impetuoso di oggi, e che ora permette pazientemente che bambini e ragazzetti facciano il bagno nelle sue acque, prendano il sole sulle sue sponde, giochino a riva e facciano picnic, cercando ristoro dalla calura estiva.
Pont du Gard ne ha visto passare di acqua sotto i ponti. E di acqua glien’è scorsa all’interno, visto che è un acquedotto romano. Un acquedotto davvero imponente, a 3 ordini di arcate, unico nella sua monumentalità ad essere sopravvissuto fino a noi e perciò tanto più prezioso. 3 ordini di arcate… tanto era il dislivello da superare, per colmare l’altezza delle pareti rocciose della gola scavata dal fiume. Mi immagino gli ingegneri romani all’opera: devono realizzare un acquedotto che corre per 50 km dalla sorgente alla città di Nîmes; corre, corre e poi, per forza si blocca: perché in mezzo scorre il fiume, c’è poco da fare, e quella gola profonda va superata, senza cambiare d’inclinazione al corso dell’acqua, la cui pressione all’interno deve rimanere costante, se non vogliamo che il condotto si spacchi e che tutto il lavoro vada perduto. I Romani non sono gente che si perde d’animo; non con queste imprese ingegneristiche. Serve realizzare un ponte di sostruzione? E si fa! Dev’essere a 2 piani? Va bene! Non sono sufficienti, ce ne vogliono 3? E che problema c’è? Basta fare qualche calcolo geometrico e conoscere bene le forze, in modo che gli archi soprastanti possano scaricare per bene il peso su quelli inferiori, realizzare infine l’ultimo piano in mattoni invece che in pietra, e il gioco è fatto! Ed è fatto così bene che il Pont du Gard, con i suoi 3 ordini di arcate sovrapposti è lì ancora oggi, perfettamente conservato, a guardia della gola.
Penso a tutto questo mentre dal basso guardo i grossi blocchi di pietra che costituiscono l’ossatura degli archi. Vedo i fori da ponte necessari per la costruzione, vedo i segni lasciati dalla centina per la realizzazione degli archi, vedo l’estrema cura nella posa di ogni singola pietra; ma la cosa che mi lascia stordita è la presenza delle modanature, delle cornici modanate, che ingentiliscono la struttura, la rendono “elegante”: è una struttura funzionale, a che serve abbellirla con le modanature? Eppure ogni pilastro ha la sua cornice, a sottolineare l’imposta dell’arco. Grandioso.
Il giallo della pietra contrasta incredibilmente con l’azzurro del cielo: due colori che stanno benissimo insieme, soprattutto se attraverso le arcate sbuca l’azzurro intenso, come tante finestre aperte sull’infinito. Qui la scienza e la sapienza dell’uomo si incontrano mirabilmente con la natura, in un equilibrio che è ormai bimillenario, perciò assolutamente commovente e ineffabile.
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