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"dialogo fra credenti e non credenti": incontro (im)possibile?

Creato il 31 ottobre 2013 da Alessandro @AleTrasforini
Quanto terreno (bruciato) ha, nella percezione dei cittadini, la Chiesa cattolica?  Quanta credibilità ha l'onere ed il dovere di recuperare per riabilitare nel concreto il detto "meno parole e più fatti"?  Si ricorda troppo spesso una Chiesa nelle parole ed un'altra Chiesa nella realtà di tutti i giorni; quanti problemi interni sembra aver mascherato, oscurato o malcelato in questi anni a qualunque livello?  Ogni persona sensibile e consapevole della percezione di un qualche cosa che va "oltre" i (troppi) fatti svilenti e massacra(n)ti cerca di trovare "rifugio" e pensiero positivo in quellalarga Chiesa che, non troppi anni fa, animava pensieri e parole di un cantante italiano all'inizio della carriera: 
"[...] Io credo che a questo mondo esista solo una grande Chiesa/ che parte da Che Guevara e arriva fino a Madre Teresa/ passando da Malcolm X attraverso Gandhi e San Patrignano/ arriva da un prete in periferia che va avanti nonostante il Vaticano.[...]"
Quanti buoni esempi sono stati (sono e saranno) frenati e limitati da incoerenze e/o da parole pesanti come macigni e fin troppo eloquenti come quel "nonostante il Vaticano"? Opulenza e potere temporale hanno (fra le troppe cose), nei secoli, aumentato la frattura di credibilità che la Chiesa avrebbe dovuto minimizzare per cercare di rappresentare edumanizzare le volontà ed i comandamenti dell'entità divina che dovrebbe aver generato il Tutto che ci circonda.  Nell'imperfetto e fallace bilancio che contraddistingue queste vicende è possibile trovare molteplici voci di confronto e dibattito: laici, cattolici, credenti, religiosi, atei, [...].  E' possibile ritrovare un punto di incontro fra le molt(issim)e opinioni ed i tant(issim)i punti di vista possibili? E' possibile ricercare un punto di svolta possibile, anche se solamente potenziale e/o irrealizzabile? A queste e moltissime domande hanno cercato di rispondere Eugenio Scalfari e Papa Francesco, pontefice autore (fino ad oggi) di una "coordinata ribellione" nei confronti delle (tantissime ed) ingiustificabili "debolezze"  che avvolgono la Chiesa e più nello specifico le strutture vaticane.  L'opera "Dialogo tra credenti e non credenti" racchiude frammenti di interventi provenienti da La Repubblica, ridisegnando quella corrispondenza che avvenne fra i due nei mesi estivi.  E' possibile per due punti di vista opposti trovare un punto di incontro ed intesa, anche se sempre nel giusto rispetto delle reciproche posizioni? 
"[...]PF: [...] ora lasci a me di farle una domanda: lei, laico non credente in Dio, in cosa crede?  Lei è uno scrittore e un uomo di pensiero. Crederà dunque a qualcosa, avrà un valore dominante. Non mi risponda con parole come l'onestà, la ricerca, la visione del bene comune; tutti principi e valori importanti, ma non è questo che le chiedo.  Le chiedo che cosa pensa dell'essenza del mondo, anzi dell'Universo. Si domanderà [...] come tutti chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo.  Se le pone anche un bambino queste domande. E lei? ES: Le sono grato di questa domanda.  La risposta è questa: io credo nell'Essere, cioè nel tessuto dal quale sorgono le forme, gli Enti. PF: E io credo in Dio. Non in un Dio cattolico, non esiste un Dio cattolico, esiste Dio.  E credo in Gesù Cristo, sua incarnazione.  Gesù è il mio maestro e il mio pastore, ma Dio, il Padre [...] è la luce e il Creatore. Questo è il mio essere. Le sembra che siamo molto distanti? ES: Siamo distanti nei pensieri, ma simili come persone umane, animate inconsapevolmente dai nostri istinti che si trasformano in pulsioni, sentimenti, volontà, pensiero e ragione. In questo siamo simili. [...]"
E' davvero possibile instaurare una specie di intesa, anche se su punti di vista differenti? E' possibile cercare punti di incontro e coesistenza, anche se su tematiche embrionali e sicuramente non sufficienti per risolvere gli enormi passi in avanti che la Chiesa ha da compiere per (ri)acquistare credibilità, onore e consapevolezza della dimensione umanaentro cui collocare i comandamenti del (reputato) divino? La similitudine fra laico e religioso può essere possibile solo ed esclusivamente se inquadrata sotto la luce di elevatissime doti morali, capaci di superare (pre)giudizi di parte e faziosità rituali: entrambi dovrebbero cedere qualche frammento di convinzione, senza però cedere in autorità e consapevolezza dei propri punti di forza nel difendere il loro pensiero. Chi è religioso ha qualcosa di forte (od illusorio?) che sembra mancare a chi non lo è: quel qualcosa di forte sembra essere stata da sempre identificato con il termine di fede. Con la fede eccessivamente mistica ed esterna alla realtà è spesso impossibile ragionare; quanti ostacoli rischia di trovare davanti a sè colui che cerca di articolare un dibattito con chi non riesce a fare una sintesi accettabile fra fede spirito critico? Per coloro che hanno la (s)fortuna di essere eccessivamente religiosi, spesso, è difficile trovare un punto di vista che sappia mediare e/o mettere in discussione l'insieme di verità rivelate dogmi presenti nell'insieme di stereotipi abitualmente conosciuti in qualsiasi religione.  Altrettanti oceani di parole sono stati scritti, sono pensati e saranno scritti riguardo ai possibili rapporti che società e religione dovrebbero stringere, in un reciproco rispetto di convizioni e posizioni riguardo alla libertà ed all'arbitrio umano: l'insieme sterminato di opinioni e pensieri possibili è qui racchiudibile sotto il termine di bioetica.  Per contestualizzare e migliorarsi, pertanto, una Chiesa che cerchi di rappresentare (credibilmente) un Dio fra gli esseri umani potrebbe cercare di adattarsi a qualche forma direlativismo o, quantomeno, saper mettere in discussione molt(issim)i punti di vista che ad oggi sembrano fossil(izzat)i. Fossil(izzat)i nonostante le parole di "rottura" di un Papa come quello attualmente in carica:
"[...] I più gravi dei mali che affliggono il mondo [...] sono la disoccupazione dei giovani e la solitudine in cui vengono lasciati i vecchi. I vecchi hanno bisogno di cure e di compagnia; i giovani di lavoro e di speranza ma non hanno nè l'uno nè l'altra, e il guaio è che non li cercano più.  Sono stati schiacciati sul presente. Mi dica lei: si può vivere schiacciati sul presente?  Senza memoria del passato e senza il desiderio di proiettarsi nel futuro costruendo un progetto, un avvenire, una famiglia? E' possibile continuare così?  Questo, secondo me, è il problema più urgente che la Chiesa ha di fronte a sè. [...]"
Se questi sono problemi urgenti da risolvere, è lecito che la Chiesa si affianchi con fatti il più possibile concreti nelle lotte da intraprendere quotidianamente? Con il termine lotte è possibile indicare tutto quell'insieme di gesti concreti che si potrebbero fare per portare all'attenzione collettiva e degli "attori competenti" certe tematiche: indicare una strada, concorrere ancora di più nell'aiuto dei più deboli, spogliarsi realmente di quell'opulenza intollerabile ed incompatibile per i principi che dovrebbero fondare tale Istituzione, [...].  A prescindere dalle molt(issim)e altre discussioni instaurabili ed intraprendibili, una raccolta come questa potrebbe lanciare una serie di pe(n)santi riflessioni per qualunque essere umano consapevole di avere un'anima.  Anima da intendersi come dotata di salda coscienza, a prescindere da "fattori aggiuntivi" quali religiosità, fede od ateismo.  Su questo fronte, pertanto, la nobile arte del dialogo dovrebbe intersecarsi strettamente con l'ancor più elevata arte del "discutere senza convincere". Condizionale d'obbligo, visti certi precedenti.  Qualsiasi sia il punto di vista, comunque, gli autori del libro sembrano avere nitida la percezione di questa ineluttabile necessità di fondo:
"[...] Il Papa entra e mi dà la mano, ci sediamo.  Il Papa sorride e mi dice: 'Qualcuno dei miei collaboratori che la conosce mi ha detto che lei tenterà di convertirmi.'  ES: E' una battuta gli rispondo. Anche i miei amici pensano che sia Lei a volermi convertire.  PF: Ancora sorride e risponde: 'Il proselitismo è una solenne sciocchezza, non ha senso.  Bisogna conoscersi, ascoltarsi e far crescere la conoscenza del mondo che ci circonda.  A me capita che dopo un incontro ho voglia di farne un altro perchè nascono nuove idee e si scoprono nuovi bisogni. Questo è importante: conoscersi, ascoltarsi, ampliare la cerchia dei pensieri. Il mondo è percorso da strade che riavvicinano e si allontanano, ma l'importante è che portino verso il Bene. [...]"
Sulla definizione di Bene riportata dal Pontefice si potrebbero aprire discussioni infinite, capaci di riempire potenzialmente altre migliaia di pagine; non sembra sufficiente affermare che "ciascuno di noi ha una visione del Bene e anche del Male".  Una visione del Bene e del Male consegnata alla sola coscienze umane rischia di mostrare troppo presto crepe ed effetti negativi: in una società complessa ed articolata, per scriverla in parole povere, servono anche regole per garantire e tutelare il più completo discernimento fra un campo e l'altro.  A prescindere dai millemila discorsi possibili, il giornalista autore del confronto conclude il ciclo di confronti con una riflessione pesante ma forse eccessivamente ambiziosa: 
"[...]Questo è Papa Francesco. Se la Chiesa diventerà come lui la pensa e la vuole, sarà cambiata un'epoca."
Risuonano, nel giudizio maturabile al termine di confronti così alti e contributi di altri autori chiamati in causa, nozioni e citazioni che vogliono riportare le discussioni su una dimensione elevata ma umanizzata:  "La vera differenza non è tra chi crede e chi non crede, ma tra chi pensa e chi non pensa." Tale frase, eredità lasciata al mondo da Norberto Bobbio, viene utilizzata come pilastro di fondamento dal teologo Vito Mancuso per cercare di gettare diversa luce sulla (im)possibile intesa fra credenti e non credenti.  La sfida più grande è far pensare tutta l'umanità, prescindendo da religioni e/o da convinzioni differenti.  Fra risolutori e speranzosi di una nuova epoca, emergono dubbi di fondo leciti ed uman(izzat)i: è lecito diffidare anche dell'amore universale ed incondizionato, come riportato nel contributo di Guido Ceronetti.
"[...] nel dialogo [...]mi permetto di intervenire senza imbarazzo, anche se la mia povera opinione può risultare più di disturbo che di plauso. Di applausi tutti ne ricevono troppi.  Mi dissuade dall'applaudire l'eccessiva reciproca tolleranza.  Il contrasto (Polèmos) non è 'padre di tutte le cose'? [...]"
Sullo sfondo, un'entità su cui sono state scritte e dette tantissime parole durante la Storia. Tantissime ma mai troppe.  Sarà possibile trovare una qualche forma di intesa, da confronti-scontri come quelli racchiusi in questa raccolta?  Sarà possibile riabilitare quella stessa entità che, in capolavori scritti da illuminate menti umane, sembra essere stata (eufemisticamentedeclassata? Risuonano sullo sfondo precise parole: 
"[...] Mi han detto/ che questa mia generazione ormai non crede/ in ciò che spesso han mascherato con la fede,/ nei miti eterni della patria o dell' eroe/ perchè è venuto ormai il momento di negare tutto ciò che è falsità,/ le fedi fatte di abitudine e paura,/ una politica che è solo far carriera,/ il perbenismo interessato,/ la dignità fatta di vuoto,/ l'ipocrisia di chi sta sempre con la ragione e mai col torto/ e un dio che è morto,/ nei campi di sterminio dio è morto,/ coi miti della razza dio è morto/ con gli odi di partito dio è morto. [...]"
Ogni scelta è affidata, per consapevolezze individuali e/o per libero arbitrio, ancora una volta ai primi protagonisti di questo mondo: 
"[...] penso che questa mia generazione è preparata/ a un mondo nuovo e a una speranza appena nata,/ ad un futuro che ha già in mano,/ a una rivolta senza armi,/ perchè noi tutti ormai sappiamo che se dio muore è per tre giorni e poi risorge,/ in ciò che noi crediamo dio è risorto,/ in ciò che noi vogliamo dio è risorto,/ nel mondo che faremo dio è risorto."
Ai lettori le ardue sentenze.


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