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Difesa del territorio e (mancata) prevenzione: quali i costi?

Creato il 17 novembre 2012 da Alessandro @AleTrasforini

Ad ogni maltempo un'allerta, ad ogni manifestazione climatica 'particolare' un rischio di dissesto che, non troppo casualmente, rischia di colpire un'Italia precaria non solo dal punto di vista occupazionale. Metereologia e Protezione Civile sono costrette ad unire troppo spesso le forze, diramando appelli pressochè costanti all'attenzione: di pari passo all'aumento dell'imprevedibilità della metereologia vi sono, infatti, maggiori probabilità di veder realizzati nel Paese fenomeni derivanti dalla 'mancata sicurezza'.  L'aumento dei fenomeni estremi sembra essere, infatti, una degenerazione abbondantemente riconducibile alle degenerazioni climatiche di cui l'essere umano è sicuramente colpevole. In mezzo a questa realtà, spacciata ormai per inevitabile, come sembra comportarsi la sola Italia? Di fronte a fenomeni come quelli che sembrano accadere ormai puntualmente durante il tempo avverso, le domande principali sembrano essere divenute le seguenti: quanto potrebbe costare il rimettere in sicurezza una località 'a problema avvenuto'? Quali potrebbero essere invece i costi di prevenzione e protezione applicabili sul territorio 'a problema non avvenuto'?  I costi di protezione e prevenzione sono realmente identificati come 'priorità', all'interno delle agende tecnico-politiche di questi ultimi tempi?  A queste domande finiscono per fare seguito alcune linee-guida, a cui sembra impossibile sottrarsi nelle (giuste) discussioni: è meglio realizzare un sistema di messa in sicurezza 'locale', ricorrendo magari a molte piccole opere 'disseminate' lungo il territorio, od è preferibile optare per un sistema di infrastrutture imperniato sulla realizzazione di poche grandi opere?  Quali fra queste voci di spesa (traducibili in investimenti?) saprebbero contribuire maggiormente al raggiungimento della tanto ricercata 'crescita'? La mancata messa in sicurezza di un territorio rischia, infatti, di tradursi concretamente in una perdita anche economica: a quanto potrebbero ammontare queste spese di 'mancata prevenzione', qualora fosse possibile effettuarne una stima? Esistono stime che, in maniera più o meno discutibile, sembrano essere in grado di fornire quantomeno un'idea dell'ordine di grandezza di queste cifre; un rapporto recentemente promosso dall'Ance (Associazione Nazionale Costruttori Edili) riporta, nel dettaglio, quanto esposto nel seguito: 
"Il costo complessivo dei danni provocati in Italia da terremoti, frane e alluvioni, dal 1944 al 2012, è pari a 242,5 miliardi di euro, circa 3,5 miliardi all’anno.  Il 75% del totale, 181 miliardi, riguarda i terremoti, il restante 25%, 61,5 miliardi, è da addebitare al dissesto idrogeologico.[...]"
Si tratta di cifre che, da un qualunque punto di vista, risultano impressionanti: quanto è diffusa questa (contro)cultura della 'mancata prevenzione'? Citando un report promosso da Legambiente e Protezione Civile, purtroppo, si trovano eloquenti risposte a domande come questa: discutendo in termini di Enti Locali, infatti, circa il 70% dei Comuni italiani sarebbe definito come 'a rischio' in tema di dissesto idrogeologico.  Alcune Regioni italiane sembrerebbero, guardando ad altri report, concretamente falcidiate da questa emergenza assoluta di cui si parla, purtroppo, solamente in occasione del 'nuovo morto'.  A fronte di mancati investimenti che hanno prodotto danni socio-economici evidenti e (purtroppo) sotto gli occhi di tutti, è possibile comunque chiedersi quanto sia stato realmente investito rispetto alle previsioni? A tale domanda risponde, in maniera purtroppo eloquente, il medesimo rapporto citato dell'Ance: 
"[...] Il ministero dell’Ambiente ha di  recente sottolineato l’urgenza di un piano nazionale per la sicurezza e la manutenzione del territorio, quantificando gli investimenti necessari in  1,2 miliardi di euro all’anno per 20 anni. [...] Dal 1991 al 2011 risultano finanziati interventi per circa 10 miliardi di euro, meno di 500 milioni all’anno, per l’80% gestiti dal ministero dell’Ambiente. [...]"
Anche su questo fronte rischia di emergere, pertanto, un devastante deficit assai difficile da colmare e giustificare, sia in termini sociali che economici: sarebbe possibile rinunciare a qualche grande infrastruttura per perseguire prioritariamente la realizzazione e l'implementazione di un Piano di Sicurezza nazionale? La realizzazione di poche (ma grandi) opere, definite essenziali per modernizzare il Paese, rischia di essere completamente inutile a fronte dei mancati interventi fatti per rendere sicuro (ed economicamente produttivo) un territorio.  Muove in questa direzione l'appello promosso da Legambiente e rilanciato, a più riprese, da numerose associazioni: 
"Fermando le grandi opere “inutili” si potrebbero recuperare 10 miliardi di euro da usare per la messa in sicurezza del territorio contro il rischio del dissesto idrogeologico. E’ questo l’appello lanciato al Governo da Legambiente (sottoscritta da Anci, Cnr, Cng, Cnappc) alla luce delle recenti alluvioni in toscana e Umbria e l’esondazione del Tevere a Roma. Stando alle dichiarazioni fatte nei giorni scorsi dal Ministro dell’Ambiente Corrado Clini, in totale servirebbero circa 40 miliardi in 15 anni per difendere il territorio italiano dal dissesto idrogeologico con interventi strutturali adeguati[...].  Costi alti, che secondo l’associazione ambientalista sono dovuti all’assenza di politiche di prevenzione e che in parte si potrebbero “recuperare” sospendendo appunto i primi 10 miliardi di finanziamenti ora destinati a grandi opere come la Tav e il Ponte sullo Stretto di Messina. Legambiente chiede che tali risorse siano destinate all’attuazione del Programma nazionale per la sicurezza  e la manutenzione del territorio, proposto dal Ministero dell’Ambiente e che potrebbe arrivare sul tavolo del Cipe a metà dicembre. [...] La lotta al dissesto idrogeologico è e deve essere considerata la più importante è urgente tra le “grandi opere” in Italia.[...]"
In mezzo a tale battaglia sarebbe giustificabile, infine, 'scorporare' dal patto di stabilità le spese ritenute fondamentali per prevenzione ed investimenti sul territorio. Si tratta di soluzioni populiste e demagogiche? Si tratta di proporre l'annullamento o la revisione di grandi infrastrutture ormai concordate e consolidate? Se ne discuta, non giustificando semplicemente il tutto con dei "Si deve fare" o "Ce lo chiede l'Europa".  In termini di dissesto, purtroppo, ogni anno l'Italia sembra poter incorrere in problematiche ed emergenze sempre maggiori: ben venga, in questo senso, l'elaborazione di un Piano Nazionale per la Sicurezza e Prevenzione del Territorio.  Ragionare in questi termini potrebbe essere, forse, un'altra soluzione da mettere in campo per cercare di uscire da questa tremenda crisi.  Condizionale d'obbligo, ovviamente. 
DIFESA DEL TERRITORIO E (MANCATA) PREVENZIONE: QUALI I COSTI?
Per saperne di più: 
"Lo Stato del territorio italiano - I costi della mancata prevenzione", Ance.it,  (http://www.ance.it/docs/docDownload.aspx?id=8489)
"L'Italia a rischio di frane e alluvioni. I dati di Ecosistema Rischio 2011 sul rischio idrogeologico in Italia.", Legambiente.it (http://www.legambiente.it/contenuti/comunicati/l-italia-rischio-frane-e-alluvioni-i-dati-di-ecosistema-rischio-2011-sul-rischi)
"Dissesto idrogeologico, subito 10 miliardi rinunciando ad alcune grandi opere", ediltecnico.it (http://www.ediltecnico.it/12602/dissesto-idrogeologico-subito-10-miliardi-rinunciando-ad-alcune-grandi-opere/)
"Dissesto idrogeologico: 10 miliardi per la sicurezza del territorio", cngeologi.it (http://cngeologi.it/wp-content/uploads/2012/11/Portedilo-Appello-Legambiente-Graziano1.pdf)
"Rischio sismico e idrogeologico: i costi della mancata prevenzione", ingegneri.info (http://www.ingegneri.info/rischio-sismico-e-idrogeologico-i-costi-della-mancata-prevenzione_news_x_12472.html)

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