I dialetti, si sa, sono per eccellenza la lingua del popolo. Sono la lingua della tradizione, quella conosciuta e parlata quotidianamente dalle persone più anziane, soprattutto nelle zone più lontane dai centri urbani, più rurali, sono le lingue del folklore, della vivacità, dello scherzo tra amici intimi e della familiarità in alcuni ambienti domestici.
Ogni dialetto vive in una realtà ristretta, seppure non ben definita; il dialetto veneto, ad esempio, è parlato nel Veneto ma non è strettamente arginato dai confini regionali. Vi sono aree tipicamente venetofone anche in Trentino Alto Adige, così come sono vive e vivaci alcune varianti di questa lingua dialettale in Friuli-Venezia Giulia. D’altro canto il la lingua veneta non è uniforme ed uguale in ogni zona. Tutti i dialetti non sono omogeneamente parlati in ogni luogo della regione in cui si collocano, vi sono varianti da città a città, da paese a paese e, addirittura, da quartiere a quartiere talvolta.Il lessico della lingua veneta deriva il proprio vocabolario principalmente dal latino e, in tempi più recenti, dal volgare padanoitalico, quindi per la maggior parte dei termini esiste un analogo in italiano. La lingua veneta include tuttavia molti termini derivati da altre fonti, come il greco, lo sloveno, il tedesco, l'arabo, che non hanno corrispettivi in italiano. Osservando le varianti della lingua, potremmo compiere una “macro-distinzione” tra dialetto veneto settentrionale e dialetto veneto occidentale.La lingua parlata nella zona trevigiano-feltrino-bellunese può essere definita come “dialetto veneto settentrionale”. La caratteristica fondamentale rispetto alle altre lingue dialettali venete è la debolezza delle vocali finali; quest’ultima, a sua volta, causa un altro importante fenomeno, ovvero la riduzione a consonanti sonore in posizione finale. Assolutamente particolare il lessico viste le caratteristiche di parlata alpina e conservatrice. Si citano quali esempi “zampedon” (“arconcello”), “dòrc” (“fieno di secondo taglio”), “féda” (“pecora”), “giàsena” (“mirtillo nero”), “piòl” (“ballatoio”), “solva” (“talpa”).La variante di lingua dialettale parlata nella zona della provincia di Verona, entro il territorio delimitato dal Garda, dal Mincio dall'Adige e dal Po, può sottostare alla denominazione di “dialetto veneto occidentale”. Anche qui e vocali finali tendono a cadere, sebbene con modalità differenti rispetto al feltrino-bellunese. Del lessico sono da notare alcuni termini come “arfiar” (“respirare”), “riolar” (“fischiare”), “butèl” (“giovanotto”), “butìn” o “buteleto” (“bambino”).
Per visionare con maggiore accuratezza alcuni termini della lingua veneta nelle loro varianti è possibile consultare un divertentissimo dizionario intitolato “Dizsionario Xenerałe de ła Łéngua Vèneta e łe só varianti” di Michele Brunelli, pubblicato online nel 2006 e il cui titolo significa, ovviamente in veneto, “Dizionario Generale della Lingua Veneta e le sue varianti”.