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DIRTY CARNIVAL di YOO HA

Creato il 17 novembre 2014 da Viga
Da tempo penso e reputo che il cinema migliore venga dall'oriente.  Vi trovo nelle loro pellicole una cura per i personaggi, per le storie, per le emozioni,che ormai un certo cinema sia per le masse,che per noi chiccosi indisciplinati , fatto in occidente ha quasi del tutto smarrito.
Prendiamo ad esempio questo ottimo film: Dirty Carnival.. Cosa racconta ? Cosa mostra? Cosa propone che io non abbia già visto mille volte? Forse nulla. Però è talmente ben girato,scritto,interpretato, che sinceramente non me ne frega nulla che non sia una pellicola originale o d'avanguardia.
Ecco in oriente sanno fare benissimo il cinema di genere, perché in ogni pellicola ci mettono un elemento etico, morale, umano , che rende una storia di gangsters , ( storia saputa e risaputa), un appuntamento con qualcosa di bello e importante.
A Dirty Carnival (2006) Poster
Perché oltre alle sparatorie, all'azione violenta, c'è altro: ci sono le persone e quindi i personaggi. Non sono mai semplici manichini,marionette, con frasi forzatamente fighette, ( che poi ti senti un cinefilo cool a ripeterle agli amici che hanno gusti migliori dei tuoi), ma uomini e donne che si ritrovano a sopravvivere in una città tanto moderna e piena di benessere, quanto feroce e spietata.
Non manca quasi mai in questi film una velata critica sociale al sistema della loro nazione,non manca mai un pizzico di pietà umana per quasi tutti i personaggi,come scrivevo prima: morale ed etica.
Tanto che non c'è nulla di strano se un fratello gangster picchia il fratello minore perché fa parte di una gang. La famiglia è importante e bisogna difenderla, come gli amici, i compagni di banda o sventura.
A Dirty Carnival film poster.jpg
Kim Byung- doo è un piccolo gangster che a quasi trenta anni di età è ancora sotto le dipendenze di un boss , tirapiedi di un potentissimo malavitoso e importantissimo uomo d'affari. Il ragazzo e i suoi uomini vivacchiano di risse, estorsioni, piccole cose. Nonostante il nostro eroe ci tenga molto all'eleganza e al rispetto è una sorta di sfigato del giro della malavita coreana. Ha una mamma che non sta bene, un fratello pronto a mettersi nei guai e una sorella. Verso la famiglia è protettivo e come capo , con i suoi uomini, è amichevole. Un giorno ritrova un suo vecchio amico Min-ho ,il quale ha grosse ambizioni: girare il suo primo film  che parli del vero spirito dei gangster. Per questo vuole che l'amico gli parli delle sue esperienze. L'incontro con l'aspirante regista e i vecchi compagni delle elementari lo porta a incontrare dopo tanto tempo anche una sua ex compagna di scuola, ovviamente non tarderà a innamorarsene
Nel frattempo per desiderio di scalare la gerarchia all'interno della banda, Byung- doo uccide un procuratore corrotto che voleva incastrare il gran capo: il Presidente Hwang, non solo sempre più ambizioso il giovane gangster ammazza anche il suo ex capo.
Non ha fatto i conti  con l'amico regista che , con l'inganno, gli estorce , in un momento di dolore e debolezza di Byung Doo , la verità sull'omicidio del procuratore. Scena che mette interamente nella sua opera di esordio, film che otterrà un grosso successo e che sarà l'inizio di una tragedia atroce.
DIRTY CARNIVAL  di YOO HA
Quindi se fino a un certo punto tu stai vedendo il solito gangster movie su un delinquente di mezza tacca che tenta la scalata al potere, ( per quanto girata benissimo e di altissimo livello), ecco che a un certo punto interviene un elemento destabilizzante, che comporta una riflessione non banale e interessante sul confine tra realtà e finzione, sul ruolo del cinema e del successo
Byung Doo e Min-ho sono due personaggi destinati a perdere perché non tengono conto dei loro limiti, non si accorgono di vivere in un contesto troppo grande e violento per loro, perché la loro ambizione li porta a scelte errate e in quelle scelte trascinano gli altri.
Il gangster ha delle crisi di coscienza, ama la sua ex compagna di scuola, vorrebbe cambiar vita per lei,ma il destino e la sua formazione, il modo di vivere lo spingono a sbagliare e perdere l'occasione. Mentre commette l'errore di fidarsi troppo dei suoi uomini, il regista invece sfrutta il suo amico senza valutare le conseguenze,anche lui vuole il potere,il danaro,la fama. E questi loro comportamenti, come l'assurda allegria che li spinge ad esibirsi continuamente al karaoke, assomiglia tantissimo alla squallida orgia di denaro,sballo,droghe dei broker di "wolf of wall street" e alle buffonate dei lavoratori di "tutta la vita davanti"
Il karaoke da elemento di spensieratezza, diventa triste presagio di prigione dalla quale è impossibile scappare per Min- ho, famoso e importante ,ma anche ormai perso,smarrito, impaurito,schiavo.
Un film durissimo, come le scene di combattimento. Sporche, incasinate,senza coreografie a cui il cinema orientale ci ha abituato - benissimo- ma con il rumore delle ossa che si spezzano dopo ogni bastonata, con la confusione e le tante, troppe ,coltellate per uccidere un uomo. Non sono eroici e fighi questi delinquenti, sono gentaglia destinata ad essere eliminata, a tradire e ad esser tradita. Senza via di scampo.
I capi , come il Presidente Hwang, non si sporcano mai le mani, loro fanno affari e guadagnano tantissimo. Sono importanti e stimatissimi uomini d'affari, ( mafia e capitalismo hanno molte cose in comune), e loro sono inviolabili e intoccabili, mentre danno ordini di morte e fanno tantissimi soldi.
Non si può scherzare con gente simile,come impara Min- ho. Non sono come nei film , violenti ,ma eroici, non è una passeggiata di salute. Il giovane , in preda al desiderio di successo, non comprende che è come una mosca nella rete di un ragno.
Dirty Carnival, risente certamente della lezione di Scorsese e dei maestri del genere,ma rilegge il tutto con uno sguardo autonomo e un'amarissima riflessione sulla cieca e sciocca ambizione umana, il limite del cinema e la violenza irrefrenabile e rapace della vita reale.
La solitudine di chi è vittima di questo diabolico giro,è evidente nella scena finale, bellissima , al Karaoke.
L'allegria spensierata del predatore che sa di poter sbranare la sua vittima quando vuole e l'angosciante solitudine della vittima.

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